sabato 2 luglio 2011

La realtà


È da tanto che volevo scrivere qualcosa di questo tipo, ma chissà perché non c’è mai stata l’occasione. Ultimamente, mi è capitato più di una volta di scrivere durante i turni di guardia di notte in ospedale, e in effetti l’atmosfera concilia la scrittura. E poi, per parlare di questo argomento, non ci può essere contesto migliore. Anche se mi sforzo, difficilmente riesco a pensare a un personaggio complesso come quello di cui vorrei scrivere stasera. E mi rendo anche conto che, ad una occhiata superficiale, può invece sembrare estremamente banale. Mi riferisco a John Dorian, JD, il protagonista principale di “Scrubs”. Una serie che ho imparato ad apprezzare nel corso delle diverse stagioni, della quale ho scoperto molte sfaccettature e ho trovato molti riscontri nella vita reale e nel mio lavoro. Pochi autori di serie televisive hanno saputo rappresentare la vita ospedaliera in maniera realistica come quelli di Scrubs. Per quanti non lo sapessero, il mondo degli ospedali veri non è certo quello di House o Grey’s anatomy. Non abbiamo stanze che sembrano suite d’albergo a cinque stelle, né decine di persone che lavorano per ogni singolo paziente, né la possibilità di fare tutto subito e nello stesso posto. Al contrario, la vita ospedaliera è fatta di compromessi, di nervosismo, di buona volontà, di sostegno reciproco, di conflitti, di fallimenti, di attriti, di collaborazione. Muoversi in questo contesto è una cosa difficile da imparare, ci vuole molta pazienza, spirito di sacrificio, capacità di adattamento, e bisogna aver sviluppato un buon apparato di meccanismi di difesa.

È proprio per questo che JD è reale, molto più di altri personaggi medici che si vedono sugli schermi. Le battute stupide, i pensieri surreali nel bel mezzo di una frase, fare cose assurde sia al lavoro che nel tempo libero... non sono paradossi fatti solo per suscitare la comicità. Sono quello che ci permette di sopravvivere. Tutti noi, chi più chi meno, a qualsiasi livello di responsabilità e di ruolo, in ospedale ironizziamo su tutto. Dai cognomi assurdi dei pazienti, ai loro comportamenti strani, alle domande assurde. Ci prendiamo in giro tra di noi, ci immaginiamo scenari assurdi, ci stupiamo di quelli reali che sembrano ancora più assurdi. La signora con l’ictus che fa il verso del cane e quella del letto accanto che si mette a gridare come una pazza perché ha paura dei cani... Il paziente che quando gli fai la percussione del torace ti dice “avanti” convinto che stiano bussando alla porta. Sembrano cose da Scrubs, vero? Eppure vi assicuro che sono accadute a me!

- Signor XX, ma che si sente?
- Mi sientu curiusu!

Paziente con demenza: - Allora oggi mi mandate a casa?
Medici: - No, signora, perché domani dobbiamo fare un esame di controllo.
Paziente con demenza: - Ah, va bene.
(Tre secondi netti di intervallo)
Paziente con demenza prende la vestaglia e apre la porta.
Medici: - Signora, ma dove sta andando?
Paziente con demenza: - Ovviamente a casa!

Ma dall’altro lato c’è la grande umanità di JD che lo rende reale. Una persona e non un personaggio, uno che si appassiona ai pazienti, alla loro vita, che li assiste mentre li cura, che si arrabbia se qualcosa va male. E uno per cui gli amici vengono sempre al primo posto. Anche nei contrasti, nelle incomprensioni, negli scontri che possono capitare tra colleghi, se una persona è tuo amico ci si ritrova sempre. Magari con una semplice battuta.

- Scusami, amico, non volevo sembrare un idiota.
- Rilassati, JD... tu sei idiota!

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