Comprato come al solito per una delle mie fissazioni (nel mio dialetto si direbbe ‘fisima’), cioè di avere il più possibile di quello che scrive Neil Gaiman, devo dire che questo romanzo ha piacevolmente soddisfatto le aspettative che ripongo sempre nell’autore inglese. Aspettative che, devo essere onesto, qualche volta sono state un po’ deluse, soprattutto con alcune opere a fumetti. I romanzi invece finora mi sono piaciuti tutti (ne ho letti solo tre, ma spero al più presto di avere il tempo per leggere anche gli altri), e se dovessi fare una classifica, direi che questo sorpassa alla curva finale “American Gods”, che mi era piaciuto tanto e di cui ho già parlato in un precedente post. Ancora una volta Gaiman si confronta con il suo amato mondo della mitologia, ma stavolta, con una scelta secondo me molto efficace dal punto di vista narrativo, invece che costruire il solito pantheon con decine di divinità e affini, si concentra su uno solo di questi, rendendo la narrazione più lineare e coinvolgente di quanto non fosse quella di “American Gods”.
Charles Nancy, da tutti chiamato Ciccio Charlie con suo particolare fastidio, è una persona comune. Potremmo dire assolutamente mediocre. Forse l’unica cosa che lo distingue dalla media della popolazione è una forma quasi patologica di timidezza, retaggio di un’infanzia vissuta con un padre che non perdeva occasione per sbeffeggiarlo e fargli fare brutte figure. Però c’è un’altra cosa che rende Ciccio Charlie speciale, anche se lui non lo sa: suo padre non è altri che Anansi, il dio ragno di origine africana, il padrone di tutte le storie. Ma il signor Nancy (quello stesso che avevamo conosciuto in “American Gods”) decide di passare a miglior vita in una frenetica sessione di karaoke in pubblico, lasciando al figlio Charles un’eredità tanto inattesa quanto indesiderata. Tanto per cominciare, si scopre che ha un fratello gemello, Ragno, che di lui è praticamente il riflesso opposto: spavaldo, piacente, sicuro di sé, spericolato. Ciccio Charlie all’inizio è curioso di conoscere questo fratello di cui non sospettava nemmeno l’esistenza, e, aiutato da alcune simpatiche vecchiette, riesce ad entrare in contatto con lui. Cosa che avrà tutta una serie di conseguenze ben poco piacevoli per lui e per la sua normalissima vita.
Che cosa combinerà Ragno al fratello, alla sua fidanzata, al suo lavoro e più in generale alla sua vita, vale la pena di scoprirlo leggendo il romanzo, che, intrecciando gli elementi mitologici con una trama quasi poliziesca, riesce a coinvolgere e a far divertire pur mantenendo un certo livello di drammaticità e trasporto, soprattutto nelle vicissitudini sentimentali con cui il povero Charles sarà costretto a cimentarsi. Il tutto scandito da un espediente che a me piace molto in Neil Gaiman, vale a dire il sottotitolo di ogni capitolo dove una frase assolutamente criptica spiega quello che succederà senza in realtà dire niente, del tipo: “Capitolo nove in cui Ciccio Charlie va ad aprire la porta e Ragno incontra i fenicotteri”. Un accorgimento letterario che Gaiman aveva già usato in altre opere, per esempio “La stagione delle nebbie”, una parte della saga di Sandman, che secondo me incuriosisce e diverte il lettore con una semplice frase che una volta letto il capitolo è quasi scontata ma che tutti, leggendola, si trovano a pensare ‘l’avrei voluta scrivere io una cosa del genere’. In definitiva, se qualcuno non conosce il Gaiman romanziere e volesse fare un primo passo, questo libro è, secondo me, la scelta ideale.
Le storie di Anansi risalgono a quando gli uomini hanno cominciato a raccontarsi le storie. In Africa, dove tutto è cominciato, ancora prima che gli uomini dipingessero sulle pareti delle caverne i leoni e gli orsi, prima che raccontassero le storie delle scimmie, dei leoni e dei bufali. Grandi storie da sogno. Gli uomini hanno sempre avuto questa predisposizione. È così che interpretavano il mondo: tutto ciò che correva o strisciava o penzolava o serpeggiava doveva passare per le storie, tribù diverse di uomini veneravano creature diverse.
Charles Nancy, da tutti chiamato Ciccio Charlie con suo particolare fastidio, è una persona comune. Potremmo dire assolutamente mediocre. Forse l’unica cosa che lo distingue dalla media della popolazione è una forma quasi patologica di timidezza, retaggio di un’infanzia vissuta con un padre che non perdeva occasione per sbeffeggiarlo e fargli fare brutte figure. Però c’è un’altra cosa che rende Ciccio Charlie speciale, anche se lui non lo sa: suo padre non è altri che Anansi, il dio ragno di origine africana, il padrone di tutte le storie. Ma il signor Nancy (quello stesso che avevamo conosciuto in “American Gods”) decide di passare a miglior vita in una frenetica sessione di karaoke in pubblico, lasciando al figlio Charles un’eredità tanto inattesa quanto indesiderata. Tanto per cominciare, si scopre che ha un fratello gemello, Ragno, che di lui è praticamente il riflesso opposto: spavaldo, piacente, sicuro di sé, spericolato. Ciccio Charlie all’inizio è curioso di conoscere questo fratello di cui non sospettava nemmeno l’esistenza, e, aiutato da alcune simpatiche vecchiette, riesce ad entrare in contatto con lui. Cosa che avrà tutta una serie di conseguenze ben poco piacevoli per lui e per la sua normalissima vita.
Che cosa combinerà Ragno al fratello, alla sua fidanzata, al suo lavoro e più in generale alla sua vita, vale la pena di scoprirlo leggendo il romanzo, che, intrecciando gli elementi mitologici con una trama quasi poliziesca, riesce a coinvolgere e a far divertire pur mantenendo un certo livello di drammaticità e trasporto, soprattutto nelle vicissitudini sentimentali con cui il povero Charles sarà costretto a cimentarsi. Il tutto scandito da un espediente che a me piace molto in Neil Gaiman, vale a dire il sottotitolo di ogni capitolo dove una frase assolutamente criptica spiega quello che succederà senza in realtà dire niente, del tipo: “Capitolo nove in cui Ciccio Charlie va ad aprire la porta e Ragno incontra i fenicotteri”. Un accorgimento letterario che Gaiman aveva già usato in altre opere, per esempio “La stagione delle nebbie”, una parte della saga di Sandman, che secondo me incuriosisce e diverte il lettore con una semplice frase che una volta letto il capitolo è quasi scontata ma che tutti, leggendola, si trovano a pensare ‘l’avrei voluta scrivere io una cosa del genere’. In definitiva, se qualcuno non conosce il Gaiman romanziere e volesse fare un primo passo, questo libro è, secondo me, la scelta ideale.
Le storie di Anansi risalgono a quando gli uomini hanno cominciato a raccontarsi le storie. In Africa, dove tutto è cominciato, ancora prima che gli uomini dipingessero sulle pareti delle caverne i leoni e gli orsi, prima che raccontassero le storie delle scimmie, dei leoni e dei bufali. Grandi storie da sogno. Gli uomini hanno sempre avuto questa predisposizione. È così che interpretavano il mondo: tutto ciò che correva o strisciava o penzolava o serpeggiava doveva passare per le storie, tribù diverse di uomini veneravano creature diverse.