lunedì 23 novembre 2009

The wrong hole

Me l’ha fatto vedere un amico passandomi il link qualche giorno fa, ma poi, cercando sul web ho visto che è già parecchio tempo che circola. All’inizio mi sono limitato a farmi un sacco di risate, apprezzando l’inventiva e il gusto per il paradosso e i contrasti di cui questi cinque minuti di video sono pieni. Tuttavia, riguardandolo un altro paio di volte, mi sono accorto che gli si può dare anche una motivazione relativamente seria. Con questo non voglio dire che bisogna fare sofismi e dietrologie su tutto quello che si sente e si ascolta, e magari gli autori del video avevano solo voglia di farsi e di far fare due risate a quelli che l’avrebbero visto. Comunque, una morale gli si può trovare, ed è per questo che ho voluto pubblicare questo video in un post.

“The wrong hole” è la storia di un ragazzo comune, sicuramente non uno di quelli che potrebbero fare un film sui vampiri o su una scuola di musica, che ha un appuntamento con una ragazza bellissima. Ci esce a cena, tornano a casa di lei, e tutto va come previsto. Tutto, tranne una cosa, quella che dà il titolo al video. Così, il ragazzo cerca in tutti i modi di scusarsi, si dispera e cerca di trovare un modo per riparare all’errore, ma lei sembra non volerne sapere. Infine, mentre si trova, solo e malinconico, seduto in spiaggia a fissare il mare, lei torna, e tutto finisce per il meglio.

Volendoci trovare una morale, credo che sia una cosa che capita spesso nei rapporti con una persona. Per uno sbaglio, una distrazione, si può rischiare di rovinare tutto quello che si è cercato di costruire con tanti sacrifici e tanta pazienza. Ma proprio perché si tratta di una piccolezza, bisognerebbe imparare a passarci sopra con più serenità di quanto nella realtà non avvenga, visto che è facile essere pronti a puntare il dito e giudicare, mentre è molto più difficile capire. Anche chi non ha sbagliato può fare il primo passo sulla strada del ricongiungimento, e questo non lo rende più stupido o più debole, anzi. Ci vuole molta più forza a perdonare che ad odiare.


giovedì 19 novembre 2009

Marina

Le vacanze estive per me sono il tempo della lettura fin da quando ho memoria. Intere sere estive passate accanto a una finestra per captare ogni possibile alito di vento, con un libro sulle ginocchia poggiate sul bordo del letto. Per questo, visto che quella appena trascorsa sarebbe stata la mia prima estate senza studio da sette anni a questa parte, prima di tornare a Cefalù ho fatto scorta di libri. Ed è proprio per questo, e per nessun altro motivo, che ho messo le mani su questo libro. “Marina” è un libro molto intenso, anche se si capisce che è un libro scritto nella fase ‘giovanile’ dell’autore. Dal 1993 al 2001, Carlos Ruiz Zafòn ha scritto libri per ragazzi. Nel 2001 pubblica il suo primo romanzo ‘adulto’, “L’ombra del vento”, che mi riprometto di leggere al più presto visto che ho sentito opinioni molto favorevoli. Ma “Marina” era stato scritto prima degli altri, e a leggerlo si capisce che risente un po’ delle precedenti opere dell’autore, in particolare nell’atmosfera un po’ avventurosa e fantascientifica, con sfumature horror abbastanza marcate. Ma si percepisce anche un senso di crescita, di maturità incalzante, vissuta con attesa ma anche con paura. In effetti, questo romanzo potrebbe essere definito come un adolescente, un qualche cosa che sta a segnare il passaggio dall’infanzia (i romanzi per ragazzi) alla maturità (“L’ombra del vento”), con tutti i conflitti di quest’età particolare.

Non è un caso, infatti, che Oscar, il protagonista, sia un adolescente, studente di collegio di una Barcellona di fine anni Settanta. E come tutti gli adolescenti, trascorre i suoi giorni in un alternarsi di sogno e insofferenza, che lo portano ad allontanarsi dalle opprimenti mura del collegio per esplorare il mondo. In una di queste fughe si imbatte in Marina e in suo padre German. È proprio per merito (o per colpa) della ragazza che Oscar viene catapultato in una storia di misteri e orrori che si è insinuata nella città venendo da molto lontano, nella quale sono coinvolti numerosi personaggi, alcuni dei quali cominciano a morire in circostanze a dir poco misteriose. È nel risolvere questi misteri che Oscar scopre i sentimenti per Marina che crescono dentro di lui, con le paure e le contraddizioni di quell’età, al punto che la sottotrama sentimentale finisce per essere ancora più coinvolgente del mistero in sé.

Romanzo da leggere senza troppe pretese, per rilassarsi e divertirsi senza cercare sofismi sul significato della vita o sullo scopo dell’umanità sulla Terra.

La domenica mi piantai come un chiodo alla stazione Francia. Mancavano ancora due ore all’arrivo dell’espresso da Madrid. Ingannai il tempo girando per l’edificio. Sotto la sua volta, treni e persone sconosciute si riunivano come pellegrini. Avevo sempre pensato che le vecchie stazioni ferroviarie fossero tra i pochi luoghi magici rimasti al mondo. I fantasmi di ricordi e di addii vi si mescolano con l’inizio di centinaia di viaggi per destinazioni lontane, senza ritorno. “Se un giorno dovessi perdermi, che mi cerchino in una stazione ferroviaria” pensai.

giovedì 12 novembre 2009

(Se non l'avete capito finora, non so più come dirlo!) - Quarta parte

Il segreto per ottenere una buona procedura è capire alla perfezione in quale buco infilare l’attrezzo. Estrapolando la metafora ed evitando di cadere in facili travisamenti del suo significato originale, si può dire che quando si è capito come procedere si ottengono risultati migliori in quello che si sta facendo o si vuole fare. Ed è proprio quello che il losco cacciatore di taglie della nostra storia ha capito dopo i primi due giorni di fiera, motivo per cui i successivi due giorni scorrono molto più rilassati ma allo stesso tempo produttivi. Armato di una dettagliatissima mappa, e potendo far affidamento sulla impeccabile segnaletica della città, il nostro mercenario si dirige, spesso in solitario, alla ricerca di nuove vittime, muovendosi nell’ombra dei vicoli ed evitando le vie più affollate. Dopo qualche periodo di ambientamento, comincia ad acquisire familiarità con i luoghi, e si muove con agilità arrampicandosi sulle pareti e saltando da un tetto all’altro per raggiungere l’obiettivo nel più breve tempo possibile. Gli acquisti si fanno sempre più scarsi, sia per una curiosa quanto improvvisa indisponibilità economica, sia per una più meticolosa scelta delle opere di cui appropriarsi. D’altronde, avendo escluso a priori il furto e la rapina per l’intenzione di mantenere un basso profilo, e non avendo disponibilità di altri metodi discreti di appropriazione indebita, non può fare altro che utilizzare una banale e quanto mai dispendiosa transazione legale. Quindi, sebbene la quantità di volumi acquistata si vada progressivamente riducendo, l’esatto opposto accade per i disegni, che cominciano ad aumentare in maniera consistente. Ma al di là dello spirito di collezionismo, lo stesso che gli fa conservare e catalogare macabri trofei delle sue vittime, ciò che spinge l’assassino prezzolato a cercare in maniera tanto spasmodica i disegni è la possibilità di conoscere gli artisti e chiacchierare con loro mentre sono intenti a realizzare le opere. Così, sempre sotto la minaccia di un puntatore laser, va in scena un piacevole scambio di opinioni con Giacomo Pueroni, Davide Gianfelice, Alex Massacci, Marco Bianchini, Giuseppe Camuncoli, Marco Natale e altri di cui non è dato conoscere l’identità esatta. Inoltre, per una miscela di fortuna, colpo d’occhio e prontezza di riflessi, il nostro si appropria di un quanto mai raro, se non unico, disegno di Federico Semola (scrittore e sceneggiatore!). Nel peregrinare tra gli stand, si riconoscono anche vecchie conoscenze, quali Gud e Giulio Macaione, ed essendo questi testimoni potenzialmente pericolosi, vengono immediatamente eliminati, motivo per cui la loro futura presenza in qualsivoglia luogo del sistema solare è da considerarsi il prodotto di esperimenti di clonazione umana ben oltre i margini della legalità. Gli ultimi sprazzi della domenica trascorrono immersi nei gadget, tra i quali vengono carpite delle meravigliose statuette che prosciugano definitivamente le finanze del nostro eroe. Infine c’è spazio per in po’ di tristezza per gli amici che se ne vanno, per il dover abbandonare questo strano ma interessante luogo, e per piccoli rimpianti di occasioni perse. I tre eroi tornano quindi a casa, dopo aver dato prova della loro abilità nel tetris 3D, disciplina in cui di recente sono stati proclamati campioni mondiali per la capacità di far entrare enormi quantità di fumetti nelle valige. L’appuntamento rimane fissato per l’anno prossimo, stessa ora, stesso posto. Finanze permettendo, naturalmente, e sempre che la legge non li abbia raggiunti prima destinandoli per sempre alle patrie galere. Ma i nostri eroi fuggono veloci, sfruttando le ali della fantasia. Non sarà facile fermarli, ma potete provarci. A vostro rischio e pericolo!

Fine
























































martedì 10 novembre 2009

(Basta ripeterlo, tanto ormai l'avete capito!) - Terza parte

Il secondo giorno, non volendo rischiare di ripetere la stessa esperienza del giorno prima, due dei membri della squadra adottano una strategia diversa. I contatti con il resto del gruppo vengono progressivamente ridotti, fino al mantenimento del più assoluto silenzio radio, e le forze si sparpagliano per coprire un’area più vasta possibile. Inoltre, questo consente al Braccus Erectus e al losco figuro di muoversi inosservati con assoluta libertà d’azione, e finalmente si apre la caccia ai disegnatori. Il Braccus ovviamente conta sul suo innato fiuto canino per localizzare le sue prede anche a notevoli distanze, mentre l’altro, non avendo dalla sua alcun potere sovrannaturale, non può fare altro che sfruttare al massimo le qualità che una lunga teoria di inseguimenti, omicidi su commissione, agguati e fughe gli hanno fatto acquisire. Così, si aggira silenzioso per gli stand colorati e brulicanti di gente accalcata, pronto a cogliere il minimo sguardo, o un impercettibile segno di matita che renda manifesta la natura di disegnatore. Il caso vuole che spesso questi impercettibili segnali vengano accompagnati da un ben più eclatante cartellino che riporta nome e cognome, ma questi sono dettagli di cui non parleremo in questa storia. La prima parte della mattina trascorre in una ricognizione meticolosa e nell’individuazione dei potenziali obiettivi, e solo sul finire della mattinata viene raccolto il primo bottino. Un tizio solitario seduto ad un banchetto sta disegnando con una bic un samurai in stile manga. Alla domanda “Mi faresti un disegno?”, risponde chiedendo il soggetto. È così che vede la luce una meravigliosa Poison Ivy, perfino colorata e sfumata. Il gruppo si ricongiunge per il pranzo, dandosi appuntamento sui gradini, perché è notorio che in tutta Lucca ci sia solo una coppia di gradini in un unico luogo, talmente famosa che sulle carte della Toscana, accanto al nome Lucca, ci sono disegnati i due gradini in questione. La notizia che il Braccus era stato temporaneamente depistato e condotto fino in Giappone non sorprende più di tanto il losco cacciatore di taglie, considerando il fatto che in quel secondo giorno si era aggiunta al gruppo un’altra persona geneticamente programmata per ragionare in ideogrammi. Così, senza versare troppe lacrime per il compagno ferito, procede la caccia. Nel frattempo viene anche incrementata la quota di acquisti, in quanto fin troppo spesso il nostro eroe è costretto a cedere a bassi ricatti che prevedono la realizzazione di un disegno solo in cambio dell’acquisto dell’opera. Tuttavia, è un prezzo che si è disposti a pagare volentieri quando quello che si ottiene è un ricordo unico. In definitiva, sebbene i contatti con il resto del gruppo si mantengano scarsi, il carnet di disegni si arricchisce di diversi esemplari di diversi tipi e provenienza, alcuni addirittura d’oltreoceano. Inoltre, anche se in modo superficiale, l’esplorazione si estende anche ad ambiti non strettamente cartacei, in modo da cominciare a sondare alcune possibilità di acquisto che non siano solo fumetti. Purtroppo, un’orda di pupini assassini attacca l’eroe, che solo grazie alla sua prontezza di riflessi riesce a sfuggire all’agguato, rimandando l’incursione nel pianeta delle action figure a momenti più favorevoli. Stracarichi di sacchetti, i membri della compagnia si separano quando è già buio, alcuni diretti alla volta di un confortevole albergo, altri verso una più economica e faticosa, ma impagabilmente divertente, cena casalinga. L’acquisto di migliaia di metri cubi d’acqua da bere è un lusso che ci si può permettere impunemente, dopo una giornata faticosa come quella appena trascorsa, nonostante questo comporterà una successiva beneficenza al nuovo inquilino, cosa che, trattandosi di una buona azione, stona parecchio con le consuetudini dei tre mercenari.

Fine terza parte

domenica 8 novembre 2009

Quello di prima (mi abbutta riscriverlo) - Seconda parte

Il mattino seguente comincia la armoniosa danza del bagno, in cui i tre compagni si alternano nelle loro molteplici e variegate necessità. Subito dopo si cominciano a preparare le razioni per la lunga giornata dietro le linee nemiche, imbottendo panini che si scoprono essere senza sale, come nella migliore tradizione del luogo. All’arrivo in stazione si presenta la prima sorpresa imprevista. A quanto sembra, colui che si occupa della programmazione ferroviaria della stazione di Pisa è un certo Walt Disney, fermamente convinto che far entrare duecento persone in un unico vagone non sia un’impresa così improponibile. Dopo tutto, nei cartoni animati lo fanno sempre. Quando vedono membra umane troncate dalla chiusura delle porte esterne ed informi masse di carne stiparsi all’interno del vagone, i tre eroi optano per una strategia di vigile attesa. Proprio nel momento in cui l’attesa da vigile comincia a farsi sonnolenta e infreddolita, un oracolo si rivolge ai tre per mezzo di un altoparlante (per il Braccus viene approntato estemporaneamente un bassoparlante), annunciando il montaggio di un treno speciale diretto a Lucca. La conferma definitiva di ciò si ottiene quando i tre scorgono una carovana di folletti che trasportano enormi bulloni, lamiere e attrezzi, e iniziano a montare il treno sotto il loro sguardo attento ma per nulla stranizzato. Quando il treno è finalmente pronto, i tre eroi partono alla volta di Lucca, ma ovviamente non prima di aver disinnescato le numerose cariche di esplosivo posizionate nella stazione a mo’ di ritorsione per l’inadeguatezza del trasporto precedente. Giunti a destinazione, la squadra si dirige alla biglietteria, nella quale non sono necessari eccessivi spargimenti di sangue per farsi largo tra la folla. Giunti all’interno delle mura della città, cominciano con movimenti furtivi a esplorare la zona, nell’attesa di stabilire il contatto con la seconda squadra arruolata per la missione, giunta a Lucca con altro mezzo di trasporto, in modo che un possibile sabotaggio nemico che avesse eliminato i primi elementi non avrebbe compromesso del tutto la missione. Gli scopi per i quali sono stati reclutati gli altri tre elementi sono diversi. La tipa con il potere di annientare ogni apparato uditivo nel raggio di un chilometro dalla sua posizione avrebbe fornito una attenta e meticolosa documentazione fotografica alla missione, la seconda componente femminile avrebbe creato molteplici diversivi con al sua avvenenza e con un indiscriminato e incontrollabile volume di acquisti a ripetizione, e il terzo uomo avrebbe svolto il ruolo di spia infiltrandosi in ogni bagno della zona con una scusa più che plausibile. Tuttavia, i piani cominciano a complicarsi quando viene esposta agli occhi della squadra la quantità di attrazioni umane e cartacee di cui la fiera dispone. In questo modo, la fotografa viene subito messa fuori gioco da una lunga processione di bizzarri elementi mascherati, mentre l’altra avvenente fanciulla scopre che non è facile comprare un’intera fiera in poco tempo. Cadute vittime della frenesia del luogo, agli altri quattro non resta che seguirle passo passo e cercare di contenerle, sebbene tutti vengano a stento considerati degni di attenzione. Per cercare di limitare i danni il più possibile, lo scopo di questo primo giorno diventa il cosiddetto acquisto a matula, e la compagnia si confonde tra la folla, lasciando lo svolgimento della missione a momenti più favorevoli. L’unico successo ottenuto in quella prima giornata è l’incontro con una delle celebrità del luogo, Eddie Campbell, forse uno dei più prestigiosi tra i bersagli elencati tra gli obiettivi della missione. Giunti ben oltre il tramonto, le due squadre si separano per ritornare ai rispettivi rifugi, dove viene fatto un meticoloso bilancio delle perdite subite, si cuociono funghi in casseruola per condire una pasta che sebbene manchi di alcuni ingredienti risulta più che accettabile, e si pianificano le mosse per la giornata successiva, con il fermo proposito di non farsi più depistare dall’atmosfera perturbante del luogo.

Fine seconda parte

mercoledì 4 novembre 2009

“There and back again. A human’s tale by Filippo Maria Longo” (Andata e ritorno. Un racconto umano di Filippo Maria Longo) - Prima parte

Un occhio a guardare il cielo, nella speranza che le poche nuvole grigie di Palermo non si ritrovino anche in Toscana, l’altro occhio a controllare la lista delle cose da mettere in valigia, per essere sicuri di non avere dimenticato niente, sono partiti. Destinazione finale: Lucca Comics & Games 2009. Tre strane creature, un rappresentante di una insolita razza di cane a due zampe (il Braccus Erectus), uno strano tizio con un cappello di carta e velleità di mago combattente (lo Slittino del Silenzio, Silent Bob), e un losco figuro con la barba, talmente poco raccomandabile che quando è solo con se stesso non si sente per niente tranquillo, salgono su un aereo riciclato diretti alla volta di Pisa. A differenza di come accade quasi sempre nelle storie avventurose, tutto procede secondo i piani. Si arriva in orario, si trova l’autobus, si arriva nel miniappartamento e si comincia a prendere possesso della base operativa per la missione. Da notare che l’oscuro spirito del nastro trasportatore ha stranamente deciso di prendersi una settimana di vacanza, motivo per cui le valigie sono arrivate, e addirittura in buone condizioni. La prima fase della missione prevede un buon consolidamento della posizione attuale e l’esplorazione dei dintorni, come farebbe un vero Big Boss, motivo per cui, strisciando tra i cespugli e i sottopassaggi della stazione ferroviaria, e non trovando razioni serpentine (snake rations) da utilizzare come cibo, si dirigono in modalità stealth verso un comodissimo PAM, dove si affumano circa trenta euro a testa di spesa! Stipate le razioni di emergenza negli appositi alloggiamenti, cominciano ad esplorare la zona circostante, individuando come punto di repere una curiosa costruzione oblunga stranamente inclinata da un lato, eliminando nel contempo tutti i passanti che incontrano, stordendoli prima con dardi soporiferi e poi finendoli a colpi di pugnale. Questo non perché rappresentassero una reale minaccia alla loro missione, ma semplicemente perché seguire una scia di cadaveri è un ottimo modo per ritrovare la strada di casa. Poiché il Braccus Erectus ha notoriamente una scarsa tolleranza al freddo mentre il tizio con la barba ha necessità di introdurre a brevi intervalli di tempo enormi quantità di alimenti, la squadra si dirige verso al base, incontrando lungo la strada un ermetico messaggio in codice scritto per terra che dà loro appuntamento per lunedì 5 alle 9.00, e dato che il prossimo lunedì 5 è il 5 aprile 2010, i tre programmano subito la partenza per quella data. Tra misteriose interruzioni di corrente, assolutamente non correlate alla contemporanea accensione di piastra elettrica, scaldabagno e climatizzatore, si preparano una sostanziosa cena e consultano le antiche rune relative ai preziosi manufatti da recuperare i giorni successivi. Così, tra polverose pergamene e griglie di Excel, giunge l’ora del riposo, e la compagnia si sistema negli improvvisati giacigli di piume d’oca. Il ritrovamento, poco distante dalla base, di centinaia di oche spennate costrette a razzolare proteggendosi dal freddo con costumi da pokemon non ha nulla a che fare con i fatti narrati in questa storia.

Fine prima parte.