mercoledì 22 giugno 2011

La notte del drive-in

Che Lansdale non sia uno scrittore consueto lo sanno tutti quelli che hanno letto almeno uno dei suoi romanzi. Che sappia fotografare in maniera assolutamente personale alcuni spaccati dell’american lifestyle, soprattutto per quanto riguarda il profondo Sud, è anche questo un dato di fatto e non un’opinione. Questa volta però lo scopro alle prese con un genere particolare, difficile, ostico da trattare, soprattutto se si vuole farlo in maniera originale, vale a dire la fantascienza. In un ambito in cui si è visto di tutto e di più, riuscire a trovare spunti originali e ad organizzarli in un ritmo narrativo di buon livello è tutt’altro che facile, eppure l’autore americano non fallisce neanche questa prova.

Siamo nel profondo Texas, dove la vita è scandita da birra e sale da biliardo, grasso per motori e mandrie, cappelli da cowboy e risse. In questo contesto, l’Orbit, uno sterminato drive-in con sei maxischermi che proietta film horror di serie B non può non rappresentare una tappa obbligata per quei giovani i cui interessi si discostano un minimo dalla normale routine. E ovviamente, la grande serata horror, in cui verranno proiettati sei film a ripetizione, è un appuntamento irrinunciabile. Tuttavia, il destino decide di scherzare un po’ con le vite di qualche centinaio di persone, e una cometa si materializza nel cielo sopra l’Orbit, avvolgendolo in una misteriosa nebbia letale per chiunque cerchi di attraversarla. Ha così inizio il dramma umano di cui Jack si farà narratore e spettatore, pur vivendolo dall’interno, costretto in una prima fase a subire gli eventi, per poi riuscire a ribellarvisi e ad agire, insieme al suo amico Bob.

La pubblicazione italiana di quest’opera racchiude i primi due romanzi che hanno per protagonista il drive-in, ma in realtà li potremmo considerare due capitoli di una stessa storia. Nel primo (Il Drive-in I), Lansdale rappresenta in maniera grottesca ma drammatica allo stesso tempo la sensibilità umana nella condizione di assoluta fragilità derivante da un evento che non riesce a capire e tantomeno a controllare. In maniera lenta e graduale, la situazione della piccola comunità che si viene forzatamente a creare nel drive-in degenera dalla razionalità del far fronte come si può ad un problema imprevisto alla totale follia dettata dalla fame e dall’isolamento, che sfocia nella violenza indiscriminata e fine a se stessa, nello sfogo degli istinti più primordiali che emergono prepotentemente nell’animo di tutti e nella sottomissione a chi si dimostra depositario del potere. Ma c’è posto anche per un po’ di sana critica sociale. Uno degli amici di Jack, un ragazzo di colore fanatico degli effetti speciali dei film, e un meccanico giocatore di biliardo con poche capacità comunicative diventano il substrato ideale per creare l’immancabile mostro della storia. Nella situazione critica che si viene a creare nel drive-in, i due si scoprono stranamente legati l’uno all’altro, due emarginati che si sostengono a vicenda e che finiscono per diventare l’uno per l’altro una sorta di distorta famiglia costituita da un solo individuo. Ed ecco che la mente dell’autore, con questi due materiali grezzi, crea un mostro, attraverso la scarica di un fulmine che li fonde in un unico essere deforme, dotato di incredibili poteri, e capace di incantare le masse, abbrutite dalla fame, con la nuova religione dello spettacolo: la realtà è solo quella che viene proiettata sugli schermi dell’Orbit, e in questa realtà lui, che sfama la gente con prodotti di se stesso, è il nuovo dio, il re del popcorn!

Una situazione simile, ma anche qui con spunti molto innovativi, si svolge nel “Drive-in II”, che come dice lo stesso autore nel sottotitolo, non è “un normale seguito”. Non mi dilungherò molto sulla trama, vi dico solo che seguiremo le vicende di Jack e Bob, fuggiti miracolosamente dal drive-in, che si addentrano nel mondo circostante, che non è più il buon vecchio Texas ma qualcosa di molto diverso e più letale. Conosceremo un nuovo personaggio, Grace, che introdurrà l’elemento femminile in chiave non solo erotica ma anche sociale e psicologica (la sua interazione con Jack e Bob sarà tutt’altro che banale), e avremo a che fare con un nuovo mostro, sempre visto in chiave mediatica. Stavolta, l’alienato di turno si fonderà con il mezzo di alienazione per eccellenza dei nostri tempi: la televisione. E non dico altro, così vi potrete gustare appieno la saga del drive-in. Lettura consigliata a tutti quelli che vogliono scoprire un modo diverso di fare fantascienza. Come dice Niccolò Ammaniti nella postfazione, “Io consiglierei a un analfabeta di imparare a leggere solo per poter conoscere Lansdale”.

L’ultima volta che il chiosco venne aperto, per poco non ci arrivai. Era in corso uno di quei temporali elettrici, il più selvaggio di tutti: lampi blu frastagliati che guizzavano in cielo (o almeno in quello che era il nostro cielo), si scontravano, tracciavano nel buio strane forme, che parevano scacchiere al neon.

sabato 4 giugno 2011

La strada che scende nell'ombra

Questa volta, a differenza di quello che accade di solito, a colpirmi è stato il nome dell’autore, anzi in questo caso dell’autrice. Solitamente, questo è l’ultimo degli elementi che considero in una lettura, tanto è vero che la stragrande maggioranza dei miei libri è opera di gente a me del tutto sconosciuta prima di leggerli. Strazzulla è invece un nome che è suonato familiare alle mie orecchie, perché è un nome tipico del paese, e in generale della zona della Sicilia, di cui è originario mio padre, Augusta. Considerato che i miei nonni hanno vissuto lì per molti anni e che io e la mia famiglia vi abbiamo passato alcune occasioni di vacanza, diverse cose si sono impresse nella mia memoria, e i cognomi tipici del posto sono una di queste. Così, suscitata la curiosità, ho dato un’occhiata al risvolto di copertina, e siccome era un po’ di tempo che non leggevo un romanzo fantasy, mi sono convinto. E in effetti non è stata una brutta scelta.

In un mondo che apparentemente può sembrare l’emblema dell’equilibrio e dell’armonia, sta per scatenarsi una terribile minaccia. Questo mondo è diviso in otto Terre, ognuna appartenente ad una delle Genti, create dagli Dei all’alba del mondo. E, nonostante la varietà degli esseri viventi preveda simpatie e antipatie, amicizie e contrasti, interessi e passioni, tutto sommato che otto popolazioni diverse riescano a convivere da buoni vicini è molto più di quanto noi, nel nostro mondo reale, siamo capaci di fare. Ma qualcosa, un terrore oscuro che giaceva silente da innumerevoli anni, sembra essersi svegliato per devastare con violenza e odio questo stato di cose. Loro malgrado, i rappresentanti delle otto Genti sono costretti ad una collaborazione attiva, e per molti di loro ben poco piacevole, per far fronte a questa minaccia, ma anche tali sforzi non sortiscono effetto, anzi sembrano solo capaci di acuire i contrasti interni e le aggressioni esterne alle Genti indifese. Per tale motivo, l’emissario degli Dei nelle Terre, il Magus, giunge in soccorso con una profezia. Dove le forze vacillano, dove le alleanze crollano, dove i migliori falliscono, forse i peggiori riusciranno. Uno per ognuna delle Genti, i criminali più spietati, abietti e senza scrupoli, votati solo all’egoismo e all’interesse materiale e personale, la peggiore feccia delle otto Terre, terranno in mano il destino di tutti. Inizia così il viaggio di una compagnia molto poco ortodossa, che attraverso scontri e peripezie dovrà affrontare un lungo viaggio per dare una speranza alle Genti. Un viaggio che non è solo materiale, fisico, ma prevalentemente spirituale, con il quale poco a poco gli otto compagni scopriranno concetti che alle loro vite fino a quel momento erano stati del tutto estranei. Concetti come amicizia, onore, altruismo, sacrificio, si faranno largo nel loro animo su una strada che li porterà sempre più nelle profondità del mondo, verso la causa di tutti i mali che forse è anche l’unica speranza di debellarli. Una strada che scende nell’ombra.

Una buona prova per questa autrice siciliana diciottenne, che, senza troppe pretese, riesce a costruire un buon intreccio e un buon ritmo narrativo. Qualcuno potrà obiettare che sono molti i richiami alla narrativa fantasy di sapore classico, i riferimenti a “Il Signore degli anelli” sono ben più che accennati, ma questo a mio parere non sminuisce un romanzo di buona fattura, scorrevole e avvincente come deve essere un fantasy, senza la velleità di rappresentare una svolta nel genere ma anche senza deludere o annoiare. L’elemento dei peggiori è sicuramente interessante, la delineazione delle otto razze di esseri viventi è ben caratterizzata anche dal punto di vista sociale, culturale e caratteriale, i personaggi sono ben delineati, le scene d’azione si alternano in modo adeguato ai momenti di riflessione e contemplazione, c’è un buon crescendo e una buona quantità di eventi radicali e di svolte decisive nella trama. Insomma, una buona prova per un secondo romanzo di un’esordiente in un genere complicato da gestire, come lo è il fantasy. Non mancherà molto perché io recuperi la lettura del suo primo romanzo. Nel frattempo, mi sento di consigliare a tutti gli appassionati del genere di fare quattro passi incamminandosi verso “La strada che scende nell’ombra”.

Nadaret si volse verso Anman, lo sgomento negli occhi. – Anman, - chiese, - questo non può essere evitato?
Anman guardò gli altri Undici e il mondo, e il suo viso era serio e malinconico. – No, - disse, - non può.
- E allora, - chiese ancora Nadaret, - se sapevamo questo, perché abbiamo creato il mondo: per farlo soffrire?
- Perché, - rispose Anman, - il mondo doveva esistere; se non esistesse il male, non ci sarebbe senso nel bene futuro. Il giorno in cui tutte le imperfezioni saranno cancellate è segnato da sempre, ma perché possa venire le imperfezioni devono esserci, anche solo per un momento. Il potere che ci è stato assegnato non deve accecarci. Chi non fa nulla temendo di fare un danno fa in questo modo un danno ancora peggiore. Il mondo aveva diritto di esistere; potevamo forse negargli questo diritto?