mercoledì 15 dicembre 2010

Il tempio delle signore

Uno di quei romanzi capaci di cambiare completamente in base a chi lo sta leggendo. Per qualcuno potrebbe essere un giallo / thriller, per qualcun altro romanzo ironico e grottesco, altri ancora potrebbero leggerlo come una satira politica. Di fatto, tutte queste manifestazioni sono una precisa scelta di Eduardo Mendoza, uno dei principali rappresentanti della memoria critica della Spagna post-franchista. Non a caso, praticamente tutti i personaggi che si alternano nella complicata vicenda sono paradigmatici di una classe sociale o di una categoria umana di cui rappresentano pregi e difetti.

“Il tempio delle signore” è la storia di uno strampalato personaggio senza nome, che narra in prima persona le vicende in cui, spesso suo malgrado, si trova coinvolto. Ex detenuto, lasciato a marcire per anni in un manicomio criminale, si ritrova, con sua grande gioia, nuovamente in possesso della sua libertà. Ma trovarsi fuori da un luogo dove, sebbene in condizioni pessime, ti danno da mangiare e da dormire, non deve essere una cosa facile da affrontare, per cui il nostro eroe dovrà ricorrere a tutte le sue risorse e soprattutto all’aiuto della sorella e del cognato per tirare avanti. Ma non appena conquistata una parvenza di stabilità, ecco che immancabilmente accade qualcosa che turba la sua vita. Per tutta una serie di vicende si trova invischiato, a causa di una donna di cui si invaghisce, nella morte di un facoltoso uomo d’affari. A questo punto, comincia un geniale alternarsi di strane figure sulla scena della rappresentazione tragicomica, figure misteriose e ambigue, a tratti drammatiche, a tratti comiche, fino a sconfinare nel grottesco. Così, tra un ambiguo industriale e un politico corrotto e corruttore, una arrampicatrice sociale e una famme fatale dai secondi fini, un sicario e un avvocato adultero, a aiutato da un autista nero che si scopre maestro delle acconciature femminili, il nostro antieroe riuscirà a sbrogliare la matassa del delitto e soprattutto a salvarsi il collo in più di un’occasione.

Con una scrittura facile e scorrevole, ma allo stesso tempo pungente e spietata, Mendoza traccia il ritratto di una Spagna piena di contraddizioni tra l’essenza e l’apparenza, che viene rappresentata, tutta intera, nel paradigma della città di Barcellona. Tuttavia, non dobbiamo pensare che nelle sue parole ci sia un senso di disprezzo per la patria, anzi. Gli attacchi e le critiche, per quanto espressi in senso ironico, sono sempre rivolti agli abitanti, alla classe politica e alle figure del potere, mai alla città stessa, per la quale invece traspare un profondo affetto attraverso la figura di un personaggio che, in alcuni tratti, potrebbe forse contenere qualche nota autobiografica.

Ascoltavo affascinato il discorso del nostro primo cittadino, e intanto meditavo con grande emozione che, grazie a un sistema sociale aperto e democratico come il nostro (ben diverso dal quello indiano per esempio), una persona della mia infima estrazione sociale e dall’infame condotta poteva frequentare quegli spregevoli palloni gonfiati. Ma in quel momento la visione di Magnolio che saltellava per attirare la mia attenzione sbracciandosi come un forsennato mi ricordò il vero motivo della nostra presenza in quel posto e il cumulo di bugie che l’aveva resa possibile.

giovedì 9 dicembre 2010

Northlanders

L’epopea delle terre del nord creata da Brian Wood circa un anno fa è ormai giunta al terzo volume, il che consente di avere a disposizione un po’ di materiale di cui parlare. La cosmogonia dei popoli del Nordeuropa ha sempre costituito un terreno fertile per narratori di tutti i tipi, pensiamo per esempio alle decine di romanzi dal sapore fantasy ma allo stesso tempo calati nella storia reale che hanno per protagonisti i Celti, i Sassoni o i Vichinghi. Un altro esempio potrebbe essere l’ultimo capitolo della saga di Tomb Raider, dove la protagonista Lara Croft si trova catapultata in una avventura intrisa, dall’inizio alla fine, della mitologia vichinga. Non ultimo, il mondo del fumetto ha negli anni attinto a piene mani da questo pantheon, ricordiamo ad esempio il mitico Thor della Marvel comics.

In questo contesto si inserisce anche “Northlanders”, una saga in più parti che ha per protagonisti i popoli del nord. Tuttavia, rispetto al passato, questa serie mostra delle caratteristiche peculiari. La più significativa, a mio modo di vedere, è che abbiamo di fronte storie che hanno per protagonisti personaggi reali inseriti in un periodo storico ben preciso, vale a dire il primo Medioevo. Non abbiamo a che fare con supereroi, demoni, spiriti, folletti o quant’altro, ma con soldati, navigatori, contadini, sicari, esploratori, mercanti, monaci. Di fatto, leggiamo la cronaca romanzata di quella che era la vita reale di quei popoli in quel periodo storico. Le spedizioni vichinghe e le loro scorribande lungo le coste della Francia e dell’Inghilterra, le rivalità tra possidenti terrieri che davano origine a faide lunghe decenni, i tentativi di conversione alla ‘vera fede’ dei popoli definiti barbari da parte dei monaci missionari in quelle terre lontane. Tutto questo raccontato come sfondo alle vicende di singoli personaggi, che si alternano nei vari capitoli dello stesso palcoscenico, le fredde e desolate terre dell’Europa del nord. Forse è proprio questo che rende coinvolgenti queste storie: il mondo in cui sono ambientate. Il fascino di qualcosa di sconosciuto, di lontano, di profondamente diverso da quello che siamo abituati a vedere affacciandoci dalle nostre finestre. Valli di neve bianca che si estendono a perdita d’occhio, foreste talmente fitte che non vi penetrano neanche i raggi del sole, mari in tempesta che scuotono le navi con le vele squarciate dal vento. E in mezzo a tutto questo, uomini e donne che si confrontano con forze ben più grandi di loro, in un mondo dove tutto, perfino un letto su cui riposare, rappresenta una sfida prima e una conquista poi.

Una bella saga, orchestrata in maniera interessante da Brian Wood, coordinatore di una varietà di disegnatori (tra i quali un cenno merita l’italianissimo Davide Gianfelice, autore del primo volume) che hanno saputo adattare molto bene i loro tratti alle atmosfere narrate. Una lettura che potrebbe interessare chi, come me, subisce il fascino delle terre del nord e della loro caratteristica peculiare: il freddo.