A volte capitano. Di solito, quando meno te li aspetti. Quando si attraversano periodi pesanti, in cui ti sembra che le cose vadano sempre male, o comunque non vadano come tu speravi. Quando ti trovi la sera in una stanza a farti domande a cui non riesci a trovare risposte, o peggio ancora quando le risposte le conosci benissimo, ma vorresti che fossero diverse. Quando ti manca quel qualcosa che non vuoi ammettere che ti manca, per orgoglio o per cercare di sfuggire a quella mancanza ignorandola.
Proprio in questi momenti, capitano i giorni speciali, che in fondo di speciale non hanno proprio niente, rispetto a tutti gli altri. In fondo, di spiagge, palloni, villette di campagna e tavoli da ping pong ne hai visti tanti, non c’è niente di nuovo. Ma è proprio questa banalità, queste ‘cose normali’ che, vissute con lo spirito giusto, rendono il giorno speciale. E un giorno così cancella tanti periodi brutti, te li fa scordare, e non solo ti fa sperare nel futuro, ma ti rende anche felice del presente che stai vivendo. Sono le persone che rendono speciali i luoghi e gli oggetti. Quando c’è quella persona che vuoi guardare, guardare diventa la cosa più bella cui riesci a pensare.
Un giorno così – 883
Scorre piano la statale 526,
passa posti che io mai e poi mai
avrei pensato fossero così,
ancora come quando qui
il cinquantino mi portava via dai guai.
Invece di svoltare a scuola
andava giù alla ferrovia,
due minuti di paura,
poi pronti via.
La mia moto scorre piano sulla 526,
attraversa dei profumi che poi
un metro dopo non li senti,
io respiro e mando giù
prima di perderli che non si sa mai.
Da lontano un’altra moto
sta venendo verso me,
alza il braccio, fa un saluto,
che bello è,
mi fa sentire che
basta un giorno così
a cancellare centoventi giorni stronzi e
basta un giorno così
a cacciarmi via tutti gli sbattimenti che
ogni giorni sembran sempre di più,
ogni giorno fan paura di più,
ogni giorno per non adesso, adesso, adesso
che c’è un giorno così.
La mia moto scorre piano piano fino in città,
il sole tra non molto tramonterà,
mi fermo al rosso del semaforo
che mi dà tempo ancora un po’
prima che la moto torni al suo garage.
Il bambino su quell’auto
guarda indietro e vede me,
alza il braccio, fa un saluto,
che bello è,
mi fa sentire che
basta un giorno così
a cancellare centoventi giorni stronzi e
basta un giorno così
a cacciarmi via tutti gli sbattimenti che
ogni giorni sembran sempre di più,
ogni giorno fan paura di più,
ogni giorno per non adesso, adesso, adesso
che c’è un giorno così.