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Kotobuki Ichiro è un uomo che ha vissuto da sempre secondo questi principi, anche se ha scelto di percorrere la strada della delinquenza diventando uno yakuza. Oggi, a novantacinque anni, è l’oyabun di uno dei clan più potenti e rispettati, ma subisce un attentato dal quale si salva per miracolo. Guarito dalle ferite, l’unico suo pensiero è vendicare l’affronto subito uccidendo i suoi attentatori. Così, scopre la lealtà di altri sei personaggi, che anche se animati da motivi diversi, sono tutti pronti a dare la vita per la vendetta del loro capo. E quando alla fine si scoprirà chi è il mandante dell’attentato e per quale motivo vuole morto il padrino, a Kotobuki non resta che una cosa da fare, l’unica cosa che uno yakuza sa di dover fare quando è giunto il momento.
Al di là della storia d’azione, ci sono vari aspetti interessanti nel racconto. Uno è il ricordo dei diversi avvenimenti della storia del Giappone moderno attraverso l’esperienza del protagonista, che rivive la sua vita negli anni che hanno contribuito a renderlo quello che è adesso. E questo motivo narrativo si ripeterà più o meno per tutti i sette protagonisti. Altro aspetto interessante è la fusione tra nuovo e antico in questa terra piena di contrasti, così come da notare è la confluenza di diverse etnie e l’influenza di culture esterne, quale ad esempio quella americana durante il secondo dopoguerra, o le migrazioni di abitanti del vicino continente asiatico, come coreani e cinesi, nell’arcipelago che sta conoscendo uno sviluppo dai ritmi vertiginosi. Tutto questo e altro ancora è espresso sia dai divertenti scambi di battute tra i protagonisti, sia dagli imperscrutabili silenzi, in cui si legge una calma e una riflessione, anche in momenti di azione incalzante, che solo secoli di disciplina hanno saputo fortificare.
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