Le vacanze estive per me sono il tempo della lettura fin da quando ho memoria. Intere sere estive passate accanto a una finestra per captare ogni possibile alito di vento, con un libro sulle ginocchia poggiate sul bordo del letto. Per questo, visto che quella appena trascorsa sarebbe stata la mia prima estate senza studio da sette anni a questa parte, prima di tornare a Cefalù ho fatto scorta di libri. Ed è proprio per questo, e per nessun altro motivo, che ho messo le mani su questo libro. “Marina” è un libro molto intenso, anche se si capisce che è un libro scritto nella fase ‘giovanile’ dell’autore. Dal 1993 al 2001, Carlos Ruiz Zafòn ha scritto libri per ragazzi. Nel 2001 pubblica il suo primo romanzo ‘adulto’, “L’ombra del vento”, che mi riprometto di leggere al più presto visto che ho sentito opinioni molto favorevoli. Ma “Marina” era stato scritto prima degli altri, e a leggerlo si capisce che risente un po’ delle precedenti opere dell’autore, in particolare nell’atmosfera un po’ avventurosa e fantascientifica, con sfumature horror abbastanza marcate. Ma si percepisce anche un senso di crescita, di maturità incalzante, vissuta con attesa ma anche con paura. In effetti, questo romanzo potrebbe essere definito come un adolescente, un qualche cosa che sta a segnare il passaggio dall’infanzia (i romanzi per ragazzi) alla maturità (“L’ombra del vento”), con tutti i conflitti di quest’età particolare.
Non è un caso, infatti, che Oscar, il protagonista, sia un adolescente, studente di collegio di una Barcellona di fine anni Settanta. E come tutti gli adolescenti, trascorre i suoi giorni in un alternarsi di sogno e insofferenza, che lo portano ad allontanarsi dalle opprimenti mura del collegio per esplorare il mondo. In una di queste fughe si imbatte in Marina e in suo padre German. È proprio per merito (o per colpa) della ragazza che Oscar viene catapultato in una storia di misteri e orrori che si è insinuata nella città venendo da molto lontano, nella quale sono coinvolti numerosi personaggi, alcuni dei quali cominciano a morire in circostanze a dir poco misteriose. È nel risolvere questi misteri che Oscar scopre i sentimenti per Marina che crescono dentro di lui, con le paure e le contraddizioni di quell’età, al punto che la sottotrama sentimentale finisce per essere ancora più coinvolgente del mistero in sé.
Romanzo da leggere senza troppe pretese, per rilassarsi e divertirsi senza cercare sofismi sul significato della vita o sullo scopo dell’umanità sulla Terra.
La domenica mi piantai come un chiodo alla stazione Francia. Mancavano ancora due ore all’arrivo dell’espresso da Madrid. Ingannai il tempo girando per l’edificio. Sotto la sua volta, treni e persone sconosciute si riunivano come pellegrini. Avevo sempre pensato che le vecchie stazioni ferroviarie fossero tra i pochi luoghi magici rimasti al mondo. I fantasmi di ricordi e di addii vi si mescolano con l’inizio di centinaia di viaggi per destinazioni lontane, senza ritorno. “Se un giorno dovessi perdermi, che mi cerchino in una stazione ferroviaria” pensai.
Non è un caso, infatti, che Oscar, il protagonista, sia un adolescente, studente di collegio di una Barcellona di fine anni Settanta. E come tutti gli adolescenti, trascorre i suoi giorni in un alternarsi di sogno e insofferenza, che lo portano ad allontanarsi dalle opprimenti mura del collegio per esplorare il mondo. In una di queste fughe si imbatte in Marina e in suo padre German. È proprio per merito (o per colpa) della ragazza che Oscar viene catapultato in una storia di misteri e orrori che si è insinuata nella città venendo da molto lontano, nella quale sono coinvolti numerosi personaggi, alcuni dei quali cominciano a morire in circostanze a dir poco misteriose. È nel risolvere questi misteri che Oscar scopre i sentimenti per Marina che crescono dentro di lui, con le paure e le contraddizioni di quell’età, al punto che la sottotrama sentimentale finisce per essere ancora più coinvolgente del mistero in sé.
Romanzo da leggere senza troppe pretese, per rilassarsi e divertirsi senza cercare sofismi sul significato della vita o sullo scopo dell’umanità sulla Terra.
La domenica mi piantai come un chiodo alla stazione Francia. Mancavano ancora due ore all’arrivo dell’espresso da Madrid. Ingannai il tempo girando per l’edificio. Sotto la sua volta, treni e persone sconosciute si riunivano come pellegrini. Avevo sempre pensato che le vecchie stazioni ferroviarie fossero tra i pochi luoghi magici rimasti al mondo. I fantasmi di ricordi e di addii vi si mescolano con l’inizio di centinaia di viaggi per destinazioni lontane, senza ritorno. “Se un giorno dovessi perdermi, che mi cerchino in una stazione ferroviaria” pensai.
1 commento:
ho letto l'ombra del vento e mi è piaciuto molto. Un libro come dici tu molto rilassante, con piacevoli colpi di scena. Mi procurerò anche questo ;)
Un abbraccio
fra
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