lunedì 8 febbraio 2010

Il divoratore di storie

Sono sempre stato affascinato da quegli autori capaci di scrivere una storia in cui si racconta come nasce una storia. So che sembra un concetto ingarbugliato, ma cercherò di renderlo il più chiaro possibile. È come se un autore scrivesse un romanzo, il cui protagonista è a sua volta uno scrittore, e la trama riguarda la creazione dell’opera del protagonista. In definitiva, staremmo leggendo la storia di una storia. Un po’ come se un pittore ritraesse un pittore che dipinge, e l’opera di quest’ultimo fosse ancora un pittore che dipinge, e così via, in una potenziale infinità di storie una dentro l’altra, come in un gioco di scatole cinesi. Altro espediente molto affascinante, per me, è quello in cui un autore scrive di un personaggio che è se stesso nel mondo reale, e ciò che fa è esattamente scrivere la storia di cui stiamo leggendo. Tutte queste possono sembrare assurde follie, esercizi stilistici utili solo a confondere il lettore, trascinandolo in un universo di doppi sensi in cui si perde di vista la linearità della storia, e tutto questo solo perché è sempre difficile scrivere una storia interessante restando nei canoni della normalità. In parte, questa critica può essere fondata, ed è quella che è stata mossa ad alcuni autori contemporanei, ‘accusati’ di fare i pazzi per abitudine, senza che il loro scrivere surreale si concretizzasse in qualcosa di innovativo, ma semplicemente di incomprensibile. È quello che è stato detto di autori come Alan Moore e Grant Morrison, tanto per fare due esempi immediati. E ricordo anche un romanzo di Stephen King, “La metà oscura”, in cui l’autore scrive la storia di uno scrittore che scrive romanzi di scarso successo, mentre quando lo stesso personaggio usa uno pseudonimo e cambia completamente stile di scrittura, le sue opere incontrano un enorme apprezzamento. Tutto questo per dire che scrivere così è molto difficile, si corrono parecchi rischi, ma chi lo sa fare crea delle opere veramente fuori dal comune. Proprio questo è quello che, a mio giudizio, possiamo trovare ne “Il divoratore di storie”, un omaggio che Fabrice Lebeault fa al romanzo d’appendice.

Siamo in un paese immaginario che evoca la Parigi del XIX secolo, e Fortuné d’Hypocondre, un giornalista dai sentimenti vagamente anarchici, riceve una curiosa visita. Il Corvo, protagonista di un romanzaccio d’appendice, si manifesta nella realtà, provenendo dal mondo degli immaginati, con un preciso obiettivo: ottenere la fama che crede di meritare. La sua aspirazione è il crimine, la bassezza d’animo, l’incarnazione del male. E non è per nulla soddisfatto delle storie che gli fa vivere il suo creatore, il misterioso Homére Saint-Illiéde, di cui nessuno conosce l’aspetto né il luogo in cui viva. Creduto pazzo ed emarginato, a Fortuné non resta altra soluzione che aiutare il misterioso personaggio a scrivere la sua stessa storia, e per farlo, l’unico modo è trovare l’autore e convincerlo a cambiare la trama.

In questa particolare graphic novel, Lebeault crea un ambiente deliziosamente antico ma al tempo stesso attuale, con una bella riflessione sulla forza della letteratura e degli scrittori, che con la loro immaginazione possono essere capaci di cambiare il destino delle persone, spesso anche di quelle reali. Tutta la trama si gioca sull’alternarsi di diversi piani di realtà, da quella del mondo reale del giornalista, a quella del romanzo il cui protagonista diventa il suo fastidioso interlocutore, a quella della trama che il Corvo vorrebbe scritta nelle sue future avventure dal creatore, fino alla scoperta di chi quest’ultimo sia realmente, di come crei le sue avventure, e della sinistra origine della sua immaginazione e ispirazione. E alla fine, quando mistero, intrighi e delitti saranno svelati, il personaggio si farà persona, e la persona si farà personaggio, in un curioso e tragicomico teatrino dell’assurdo in cui tutti, siano essi persone o personaggi, sono comunque burattini i cui fili sono mossi dal solito burattinaio, l’autore, che ci regala questa coinvolgente storia, ricordandoci ancora una volta che non c’è potere più grande dell’immaginazione umana.

2 commenti:

Fra ha detto...

Mi hai davvo molto incuriosita, mi piacciono gli autori che cercano di intraprendere nuove strade, senza però scadere nella forzatura della storia. E dalle tue parole credo che Lebeault sia prirpio riuscito nel suo intento
Un abbraccio e buon iniziosettimana
fra

Adryss ha detto...

Grazie, Fra, pe ri complimenti e per l'augurio! Un buon inizio di settimana anche a te! Baci! ^^