Non ho parlato molto spesso di manga in queste pagine, certamente non così spesso come ho parlato dei fumetti americani. Non perché tra i manga non vi siano opere degne di apprezzamento, anzi. Il motivo è forse un altro: i fumetti orientali sono per lo più seriali. Mi direte che anche quelli occidentali lo sono, anzi, a differenza delle serie manga, quelle occidentali hanno la caratteristica di essere pressoché infinite. Però c’è un aspetto della produzione americana che la distingue in maniera sostanziale da quella orientale. Un personaggio dei comics americani è una creatura che potremmo dire viva di vita propria. Viene creata da un team di autori, ma nella sua evoluzione naturale è previsto che siano molti altri a realizzarne storie e disegni, a volte mantenendone le caratteristiche originali, più spesso facendone delle reinterpretazioni. Inoltre, i grossi calibri del fumetto americano si sono sempre prestati come soggetti di miniserie e racconti autoconclusivi, spesso di pregiata fattura, che li rendono particolarmente adatti per analisi e commenti. Tutto questo in oriente non succede, o succede molto di rado. Un personaggio manga è sempre una creatura del suo scrittore, che spesso ne è anche il disegnatore, e le sue avventure si dipanano in una serie più o meno lunga. Per questo, non esistono interpretazioni diverse di un personaggio ad opera di più autori, né storie separate dal percorso principale delle sue vicende. Questo aspetto ne rende più difficile la trattazione, perché non è semplice analizzare tutti i motivi narrativi di una serie di venticinque – trenta albi senza scrivere un vero e proprio trattato. Inoltre, essendo produzioni quasi esclusive di una sola persona (gli assistenti si limitano a disegnare gli sfondi o a inchiostrare le tavole, e non sempre), le serie manga sono molto diluite nel tempo. Per darvi un’idea, la serie “Berserk” è stata pubblicata per la prima volta in Italia nell’agosto 1996, e oggi, dodici anni dopo, è arrivata all’equivalente del trentaduesimo volume originale. Una testata americana, nello stesso intervallo di tempo, sarebbe arrivata in vicinanza del numero 150!
Sotto questo aspetto, “Lives” è una storia atipica. L’autore è lo stesso di “Battle Royale”, Masayuki Taguchi, che in quella serie curava solo la parte grafica e che qui si cimenta anche con la scrittura. Non so se essere rammaricato o contento che “Lives” sia diverso dagli altri manga. In pratica, il fumetto non riscosse molto successo in patria, e l’autore dovette abbandonarne la produzione dopo aver realizzato i due numeri che sono arrivati da poco nel nostro paese, e che costituiscono il prologo ad una vicenda che doveva anche in questo caso articolarsi in una serie. Mi rammarico perché il lavoro sembrava davvero interessante, e avrei voluto leggerne il prosieguo. Mi rallegro perché così ho l’occasione di parlarne. A dispetto di quanti pensano che chi sa disegnare non sa scrivere, Taguchi mostra tutto il suo talento nel tessere una trama coinvolgente.
In un momento non ben precisato del nostro tempo, una catastrofe si abbatte sulla Terra, e in particolare sulla città di Tokyo, nella forma di una pioggia di meteoriti. Sembra che l’umanità sia destinata ad estinguersi, invece dopo le esplosioni, il mondo sembra solo essere regredito ad un’era primordiale. In luogo di palazzi e città compaiono alberi e foreste, senza alcuna traccia di civiltà. A poco a poco scopriamo dei sopravvissuti al disastro, che però hanno subito dei cambiamenti. Una sorta di mutazione consente loro di acquisire aspetto e capacità tipiche di alcune specie animali, compresi gli istinti connaturati in esse. E in un mondo privo di tecnologia e civiltà, il primo istinto è certamente la fame.
Con questo cambiamento che sconvolgerebbe chiunque, abbiamo l’occasione di vedere le reazioni dei vari personaggi, dalla paura all’ottimismo, dall’altruismo alla violenza. Inoltre, a beneficio dei lettori, il finale ci rivela un colpo di scena molto interessante, che doveva nelle intenzioni dell’autore costituire il punto di partenza della serie, cosa che ovviamente non è più successa. Infine, un cenno meritano i bellissimi disegni di Taguchi, che con le anatomie si trova molto a suo agio (lo aveva già dimostrato in “Battle Royale” e lo conferma qui), in particolare quelle femminili. Molto particolari sono soprattutto le espressioni dei volti, che trasmettono alla perfezione le emozioni dei personaggi. Un vero peccato quindi che la serie non abbia più preso forma, e che dobbiamo accontentarci di questo antipasto, che, per quanto raffinato e gustoso, ci lascia il desiderio di un piatto che non gusteremo mai.
2 commenti:
Mi hai incuriosito! a me piacciono molto i manga ma spesso vengo frenata nell'acquisto dalla lunghezza delle serie. Il fatto che Lives presenti purtroppo solo due volumi lo rende decisamente allettante
Un abbraccio
FRa
Devo dire però che, rispetto a tutti gli altri fumetti, i manga hanno la caratteristica che le serie prima o poi finiscono, sono comunque una sola storia che si snoda in più puntate. Ci sono cose molto belle che andrebbero lette, per esempio la mini di "Wolf's rain" (anche questa in due parti), o "Blame!" (10 albi), o ancora le serie delle CLAMP! Se ti capitano a tiro, dacci un'occhiata, te le consiglio. Baci, ^_^
Posta un commento