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sabato 25 aprile 2009
giovedì 23 aprile 2009
Batman: death mask
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Contrariamente a quanto può sembrare, il manga non è solo un modo di disegnare, ma un vero e proprio stile concettuale del fumetto. Infatti, accanto ai tratti grafici tipicamente orientali (ragazze dai grandi occhi luccicanti, uomini dal fisico scultoreo, scene d’azione in pieno stile arti marziali, ecc.), possiamo trovare tutte le caratteristiche del fumetto del Sol levante. Intanto l’impaginazione e l’impostazione delle tavole è quella tipica del fumetto giapponese, da destra a sinistra. Inoltre, anche la densità del testo rispetto alle tavole ricorda in pieno altre opere manga. Essendo queste ultime prodotte principalmente, se non esclusivamente, da un singolo autore, la
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Proprio per questo, in “Batman: death mask” non troviamo nessuno dei nemici classici dell’uomo pipistrello, e la storia che leggiamo ha solo qualche lieve richiamo al passato del protagonista. Non di meno, Natsume riesce a cogliere e rappresentare alla perfezione tutti gli aspetti peculiari del personaggio, in particolare il suo rapporto con la maschera che indossa. Un rapporto molto spesso conflittuale e angosciante per Bruce Wayne, che molte volte si è soffermato a chiedersi se il suo vero io sia il miliardario playboy o il tenebroso giustiziere della notte. Proprio su queste basi si sviluppa il tema della maschera, con una interpretazione quasi pirandelliana del
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domenica 19 aprile 2009
Le braci
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Le braci non sono altro che quello che resta di un fuoco, qualcosa che ha già perso la vitalità e la forza della fiamma viva, ma che ancora non si rassegna al silenzio della cenere. Le braci non fanno luce, ma non si abbandonano all’oscurità. Sono solo un chiarore che serve a ricordarti di qualcosa. Le braci sono la memoria. E proprio la memoria e il ricordo sono i protagonisti del romanzo, molto più di quanto non lo siano Henrik e Konrad. Due amici di quelli che forse solo nei libri si riesce a trovarli, divisi dall’amore per la stessa donna, Krisztina, la moglie di Henrik. Ci sono pochi modi per risolvere questo tipo di situazioni, e uno è quello che sceglie Konrad: la fuga. Incapace di sopportare quel miscuglio di amicizia e rivalità, il terzo incomodo lascia il campo, per rifugiarsi chissà dove. Ma i due sono destinati a rincontrarsi, dopo un attimo di silenzio durato quarantuno anni. Krisztina è morta, i sentimenti si sono assopiti, il fuoco della passione è diventato brace. Henrik e Konrad sono ormai dei superstiti, dei sopravvissuti della Grande guerra che ha devastato l’Europa, in cui sono scomparsi gli imperi, in cui si è perso lo splendore della Vienna di Francesco Giuseppe, degli Strauss e di Klimt. E si ritrovano, sull’orlo di un nuovo, devastante conflitto mondiale, l’uno di fronte all’altro, anche se solo idealmente e non fisicamente, a rendersi conto di quanto sono patetici e inadeguati i loro ricordi. Che senso può avere tenere ancora accese le braci di quei sentimenti e quelle emozioni che hanno infiammato i loro cuori più di quarant’anni fa? E il lungo monologo di Henrik si conclude, ancora una volta dopo tanto tempo, con delle domande, cui solo Konrad potrà trovare le risposte, se vorrà sollevare l’ultimo velo. Poi il Tempo proseguirà per la sua strada, lasciando i due protagonisti nella loro solitudine, a guardare le braci spegnersi nei loro cuori. Il Tempo, che alla fine si rivela essere l’unico vero vincitore.
mercoledì 15 aprile 2009
Battle royale
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In un prossimo futuro, gran parte dell’Asia è retta da un governo t
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La storia parte dal classico concetto che le situazioni estreme mettono in luce la reale natura delle persone, e ha il suo punto di forza nella grande varietà dei personaggi. La maggior parte di questi verrà infatti analizzata dal punto di vista personale, così come si vedranno momenti significativi del loro passato che hanno contribuito a creare la loro personalità attuale. Ovviamente ci troveremo davanti a ‘buoni’ e ‘cattivi’, sebbene una distinzione così netta risulta difficoltosa in una situazione come quella descritta. Alcuni dei ragazzi si ribelleranno al programma, rifiutandosi di uccidere i loro compagni e cercando, in maniera palese o attraverso sotterfugi, di fermare gli organizzatori e di scappare. Ma altri si troveranno molto a loro agio nella situazione, prendendo gusto al gioco e facendo di tutto, per le ragioni più disparate, per vincere, eliminando tutti quelli che fino al giorno prima erano i loro compagni di classe.
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giovedì 9 aprile 2009
Io sono il Tenebroso
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Un tizio per cui calza alla perfezione la definizione che il dizionario dà per ‘idiota’ spia per cinque giorni di fila due donne, e poi regala a ciascuna un vaso con una pianta. Il giorno dopo il regalo, ognuna delle due viene uccisa brutalmente. È stato lui, non c’è dubbio, la polizia ne è convinta. Ma Clement dice di essere innocente, e chiede aiuto all’unica persona che non l’ha mai chiamato imbecille: Marthe. Conosce un mucchio di gente, Marthe, anche le persone perfette per coprire e nascondere un presunto assassino. Ma nasconderlo non basta. Bisogna trovare quello vero. Bisogna trovare quello che ha telefonato a Clement dicendogli di spiare le donne, e lo ha pure pagato per farlo. Un mezzo tedesco che svolgeva indagini per il ministero degli interni e il cui attuale interesse consiste nell’ordinare scatole di scarpe e portarsi un rospo nella tasca della giacca sembra al persona perfetta per scoprirlo. Ammesso che sia disposto a credere alla storia dell’idiota. Ma un ex sbirro può non bastare per il lavoro (dimostrare alla polizia che due più due può non fare quattro). Molto meglio mettergli accanto qualcun altro, e tre storici spiantati, sul lastrico, senza famiglia, senza amori, complessivamente nella merda, sono la cosa migliore che si possa trovare. Comincia così la lunga marcia nei meandri di Parigi, della sua provincia, e di un passato pieno di misteri irrisolti che si vanno collegando uno alla volta, fino a che un piccolo segnale fa scoccare la scintilla nella mente di Marc, il Medievista, lo studioso dei contratti agrari del XIII secolo. D’altronde, farsi i fatti degli altri è quello che sa fare meglio. La brillantezza di Lucien, la calma di Mathias e la saggezza del padrino Vandoosler il Vecchio gli daranno certamente una mano, ma è la mente di Marc che alla fine riesce a trovare la vera forma della mosca che ronza nella zucca dell’assassino. Marc, che quando trova l’idea giusta, corre e va dritto al sodo, senza ripensamenti e senza deviazioni, è il suo lavoro, non importa che si tratti di contratti agrari o di assassini. Alla fine, si tratta sempre di trovare qualcosa di preciso in un mare di informazioni caotiche. Chi potrebbe farlo meglio di uno storico?
– Quella donna, – riprese Marc dopo alcuni minuti, – Julie Lacaize. È stata deliziosa con me. Ma mi sembra abbastanza normale, dato che le ho salvato la pelle.
– E allora?
– Allora niente. A essere sinceri, non ho avuto la sensazione che la cosa potesse aprirmi grandi prospettive.
– Bello mio, – disse Lucien senza interrompersi, – non puoi pretendere di fare atto di intelligenza e di coraggio e in più portarti a casa la ragazza.
– E perché no?
– Perché allora non sarebbe più un gesto eroico, sarebbe una farsa.
– Ah, ecco, – disse Marc a bassa voce. – Potendo scegliere, credo che avrei preferito la farsa.
giovedì 2 aprile 2009
Full Metal Panic? Fumoffu!
Fare uno spin-off è molto più complicato di quanto può sembrare. Intanto diciamo che per spin-off si intende un film o una serie che isola un personaggio o un argomento di un precedente film o una precedente serie e ne fa una storia più o meno indipendente. Per capirci, il film con protagonista Wolverine (di cui ho parlato in precedenza) che uscirà tra pochi mesi nelle sale può essere considerato uno spin-off della fortunata e ben condotta trilogia sugli X-Men. Come dicevo, uno spin-off è complicato da realizzare, perché a isolare qualcosa da un’opera che di per sé ha una sua continuità e unicità si corre il rischio di storpiarne il significato originale. Potrebbe capitare che certi aspetti caratteriali di un personaggio vengano trascurati o esaltati, cosa che lo renderebbe difforme dalla sua controparte originale. Inoltre, se parliamo di una serie, in genere abbiamo di fronte un’opera di una certa complessità, dove più motivi narrativi si intrecciano a creare la storia, e isolarne uno solo per svilupparlo separatamente potrebbe appiattirne la vicenda e renderla monotona e ripetitiva. Per fortuna, anzi, per abilità degli autori, tutto questo non è successo con “Full Metal Panic? Fumoffu!”.
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