Noi ricidemmo il cerchio all’altra riva
sovra una fonte che bolle e riversa
per un fossato che da lei deriva.
L’acqua era buia assai più che pensa:
e noi in compagnia dell’onde bigie
entrammo giù per una via diversa.
Una palude fa, che ha nome Stige,
questo tristo ruscel, quando è disceso
al piè delle maligne piagge grigie.
E io, che di mirar mi stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,
ignude tutte e con sembiante offeso.
Questi si percotean, non pur con mano,
ma con la testa, col petto e co’ piedi,
troncandosi coi denti a brano a brano.
Lo buon maestro disse: “Figlio, or vedi
l’anime di color cui vinse l’ira;
ed anco vo’ che tu per certo credi
che sotto l’acqua è gente che sospira,
e fanno pullular quest’acqua al summo,
come l’occhio ti dice, che s’aggira.”
Inferno, canto VII versi 100-120
giovedì 20 marzo 2008
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