giovedì 13 marzo 2008

Lila, Lila

L’estate era agli sgoccioli, avevo già da un po’ ripreso in mano i libri di studio, ma il caldo e il fatto che non mi ero ancora ritrasferito a Palermo (le vacanze estive le passo a Cefalù) rendevano arduo ogni tentativo di concentrazione. Più che ogni altro periodo dell’anno, l’estate è dedicata alla lettura, è così fin da quando ero ragazzino (non che adesso sia proprio vecchio, ma insomma…), non ho mai aspettato l’estate per fare nottate in discoteca o per rimorchiare turiste norvegesi. Oddio, la seconda cosa non mi dispiacerebbe, ma visto che non sono quasi mai alla mia portata, preferisco dedicarmi a traguardi più raggiungibili. Andare a mare e leggere sono le due cose in cui spendo la gran parte del mio tempo libero estivo.

Ho letto “Lila, Lila” subito dopo “Eredi di un mondo lucente”, libro bellissimo, ma piuttosto impegnativo, di cui prima o poi parlerò. Per questo, “Lila, Lila” doveva essere un libro di svago, per spezzare l’impegno dello studio, ma, un po’ come è stato di recente con “Io sono di legno”, di cui ho già parlato, mi sono dovuto ricredere. In realtà, più che un ricredersi, il mio è stato un constatare. Mi spiego meglio. Avevo comprato “Lila, Lila” come tappabuchi, avevo fatto un po’ di spesa in libreria prima dell’estate, e decisi di prenderlo senza saperne niente, forse perché costava qualche euro meno di altri, forse perché fa parte di una collana che compro spesso e mi piace vederli tutti insieme sulla mensola, fatto sta che anche lui finì nel mucchio presentato alla cassa, per poi guadagnarsi un rispettabile posto nella mia casella mentale etichettata come ‘da leggere’. E infatti passarono circa due mesi da quando l’avevo comprato a quando l’ho aperto. Ma, pagina dopo pagina, la storia intessuta da Martin Suter mi coinvolgeva sempre di più, tanto che quello che doveva essere un libro ‘a lunga scadenza’ finì per durare pochi giorni, una decina al massimo.

David è un giovane barman che un giorno entra in possesso di un manoscritto che cambierà radicalmente la sua vita. Nel cassetto di un vecchio comodino c’è una copia scritta a macchina di un romanzo, che David comincia a leggere solo per svago e che ad un tratto avvolge completamente la sua vita. È una storia d’amore, come quella che lui desidera avere con Marie, e per averla è disposto a tutto, persino ad assumere una falsa identità, quella dello scrittore che ha scritto il romanzo. A poco a poco, David si trova trascinato in un vortice di menzogne che non avrebbe mai potuto immaginare. Quella che era cominciata come una bugia innocente finisce per trasformarsi in un disastro che sconvolgerà la sua vita e quella dell’amata.

Tutto giocato sul contrasto tra sentimenti e propositi positivi da un lato, e azioni negative o comunque discutibili dall’altro, il romanzo procede a ritmo incalzante, assumendo quasi i toni del giallo e dipanandosi tra amori, tradimenti e morte. Martin Suter tesse sapientemente una trama che ci mostra uno spaccato dell’amore nel XXI secolo, una galleria dolce-amara di ritratti di personaggi che potremmo essere benissimo noi stessi, rappresentando la menzogna come collante della nostra società. E chi sa cosa vuol dire desiderare qualcuno al punto di fingersi qualcun altro per conquistarlo, non potrà non commuoversi a leggere la storia di questo moderno antieroe, sempre in bilico tra un ricatto e una bugia, ma comunque molto, molto umano.

2 commenti:

veronica ha detto...

Norvegesi? Meglio le spagnole e le italiane!!

Come al solito recensione bellissima!

Adryss ha detto...

Beh, dal mio punto di vista... Meglio le belle ragazze! Ma poi devono superare il test dell'intelligenza e della dolcezza, altrimenti non andiamo oltre le presentazioni...