sabato 9 agosto 2008

Il mago di Oz


Avrò avuto su per giù otto – dieci anni, e ricordo benissimo che ero nella casa di campagna dei miei nonni, dove a quell’epoca ero solito trascorrere le estati, insieme a molti altri tra cugini e parenti lontani che tornavano a Cefalù da diverse parti d’Italia per le ferie estive. Non sono molto sicuro di quello che sto per dire, ma se devo indicare un posto in cui è nato il mio amore per la lettura, credo proprio che sia quella casa. In questo istante la mia mente recupera dalla memoria due immagini diverse, ma con qualcosa che le accomuna. Una è una bella mattina estiva, non fa ancora troppo caldo, mio nonno sta seduto sulla sua panca, in terrazza, io poco più avanti sulla sedia sdraio, sto leggendo. L’altra è uno di quegli acquazzoni estivi, in cui non si può mettere un piede fuori di casa, in cui il mondo sembra essersi ribaltato, in cui l’odore di terra bagnata invade prepotente le narici, in cui io, seduto su una vecchia regista con la stoffa lisa, vicino a una finestra, sto leggendo.

Credo sia stato il primo libro che ho letto con la consapevolezza che leggere era diventato un piacere (più tardi sarebbe diventato un amore e un bisogno allo stesso tempo), non un obbligo che veniva imposto a scuola. Ed eccomi qui, disteso sul letto, con la testa dalla parte dei piedi, i gomiti puntellati a reggermi il capo, e gli occhi che scorrono rapidamente quei segni neri, dando vita nella mia mente a immagini fantastiche. Ricordo, come fosse ieri, il sonno che mi dice di smettere, e l’ostinazione che si unisce alla curiosità di girare un’altra pagina, di scoprire cosa succede, finché la mia volontà non prende il sopravvento sui bisogni del corpo, e la luce rimane accesa quasi tutta la notte.
Così ho letto “Il mago di Oz”, circa quindici anni fa, in una edizione economica che più economica non si poteva, comprata per giunta in una bancarella che vendeva libri a tremila lire l’uno. Non ricordo passo per passo le vicende di Doroty, dello spaventapasseri, del boscaiolo di latta, del leone codardo e del fantastico mondo in cui si svolgono le loro avventure. Ma ricordo bene le emozioni che provavo mentre lo leggevo. Ricordo che ero affascinato da quel mondo straordinario e irreale, al punto di tuffarmici dentro anch’io, percorrendo insieme a loro la strada di mattoni gialli, tremando davanti alla strega dell’Ovest, trattenendo il fiato quando il leone spicca il salto dal ciglio del burrone.

Parlare di un classico come quello di Lyman F. Baum non può e non deve essere facile, e per questo non mi cimenterò in una recensione, né in un commento. In particolare, sarebbe bello analizzare tutte le aderenze con il contesto storico in cui lo scrittore si trovava nel momento in cui ha prodotto la sua opera, ma, ad essere sinceri, non sarebbe farina del mio sacco, per cui vi rimando alla pagina web in cui potete trovare tutte queste notizie. Quello a cui voglio limitarmi è un suggerimento, rivolto soprattutto ai più piccoli, ma che può andare benissimo anche per i più grandi. “Il mago di Oz” può essere l’occasione per imparare ad amare la lettura, come è stato per me. Può essere l’occasione per riprendere in mano un libro dopo tanto tempo, magari perché costretti dal lavoro, o dagli impegni in generale, a sacrificare qualcosa, e di solito il primo agnello sacrificale è proprio il libro. Se le vostre maestre, i vostri capoufficio, o peggio ancora le facce che vedete sulle copertine dei libri in libreria (se state pensando a Bruno Vespa vuol dire che siamo in piena sintonia) vi hanno fatto passare la voglia di leggere, Doroty e la sua bizzarra compagnia potrebbero farvela tornare.

Un’ultima nota. Pochi giorni fa ho rivisto, per l’ennesima volta, un episodio di Scrubs, intitolato “La mia strada verso casa”. Quando l’avevo visto la prima volta non avevo notato la citazione che contiene, anzi sulla quale si basa tutto l’episodio. Al protagonista vengono dipinte le scarpe di rosso e cammina seguendo una linea gialla per terra, un chirurgo è alla ricerca di un cuore per un suo paziente, una dottoressa pensa di non avere abbastanza cervello per tenere una conferenza, un’infermiera che vuole avere un figlio pensa che le mancherà il coraggio di affrontare le difficoltà di crescerlo. Non credo ci sia bisogno di dire altro: anche per chi non conosce bene la storia, il parallelismo è fin troppo palese, e dimostra come un classico non smette mai di parlarci e di insegnarci. Splendida è la risposta che ognuno dei tre riceverà alla fine: “A quanto pare, un cuore ce l’avevi già”, “Come vedi, un cervello ce l’avevi già”, “Se ti guardi dentro, scoprirai che il coraggio ce l’hai già”.

3 commenti:

veronica ha detto...

Per me è stato Pinocchio. O Piccole donne, non ricordo bene: li ho letti uno dopo l'altro e ne ho un ricordo sfumato...avrò avuto 8 anni...non capivo tutto quello che c'era sotto la semplice favola ma ne sentivo l'odore. Buttarsi dentro un libro, avere paesaggi, personaggi e voci nella testa...che bello! Sai una cosa? Il libro che ho letto questa settimana "Uno, nessuno e centomila" era il primo dopo la pausa cominciata a Gennaio. Vergognoso lo so; si era spenta l'immaginazione in effetti.

Che dire dell'insegnamento...io sto seguendo il mio sentiero giallo alla ricerca della fiducia in me stessa. Per fortuna anche io ho qualche bizzarro e affettuoso accompagnatore!!

Fra ha detto...

Giuro che non è un'invenzione: il mago di Oz è stato il primo libro che mia nonna ha cominciato a leggermi quando ero una bambina. E' stato il racconto che mi ha fatto scoprire la bellezza dei libri e la capacità che hanno di farmi sognare e vivere altre vite. Il mio era un'edizione bellissima che profumava di biscotti, con delle illustrazioni magnifiche.
Il primo libro che ho letto da sola invece è stato Ventimila leghe sotto i mari: una folgorazione
Un abbraccio
Fra

Adryss ha detto...

E' bello riscoprire da "grandi" le cose che ci hanno emozionato da "piccoli". Sono tesori che non possiamo permetterci di smarrire.