Rispuose a me: “Là dentro si martira
Ulisse e Diomede, e così insieme
alla vendetta vanno come all’ira;
e dentro della lor fiamma si geme
l’aguato del caval, che fe’ la porta
ond’uscì de’ Romani il gentil seme.
Piangevasi entro l’arte per che morta
Deidamia ancor si duol d’Achille,
e del Palladio pena vi si porta.”
“S’ei posson dentro di quelle faville
parlar,” diss’io, “maestro, assai ten priego,
e ripiego che il priego vaglia mille,
fin che la fiamma cornuta qua vegna:
vedi che del desio ver lei mi pingo.”
Ed egli a me: “La tua preghiera è degna
di molta loda, ed io però l’accetto;
ma fa’ che la tua lingua si sostegna.
Lascia parlare a me, ch’io ho concetto
ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi,
perch’ei fur Greci, forse del tuo detto.”
Inferno, canto XXVI versi 55-75
lunedì 4 agosto 2008
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