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Claire Newman torna da un lungo soggiorno in Italia in quella Birmingham teatro delle vicende de “La banda dei brocchi”, decisa a scoprire cosa ne è stato della sorella, scomparsa misteriosamente nel 1978. e tra i tanti personaggi che lì vivono, incontra Paul Trotter. Quest’ultimo, più di altri, viene preso come modello di quel passaggio dall’adolescenza all’età adulta che è il fulcro di tutto il romanzo. E anche stavolta, la sua vita personale si intreccia fittamente con quanto succede nell’Inghilterra attorno a lui. Paul ha intrapreso la carriera politica, ma le sue certezze devono ancora sedimentare, visto che inizia come membro del partito conservatore, poi si converte al laburismo, ma finisce per votare a favore della partecipazione inglese alla guerra in Iraq al fianco degli Stati Uniti. E anche in ambito personale le certezze sono tutt’altro che consolidate, come appare chiaro dalla sua folle infatuazione per Malvina, sua responsabile per l’immagine, sebbene lui sia sposato. Si stabilisce quindi un curioso quanto interessante parallelismo tra le sue incertezze personali e quelle di un paese che affronta l’ingresso nel nuovo millennio con una serie di dubbi e conflitti tutt’altro che risolta. In un amalgama solido e avvincente assistiamo all’ascesa di Tony Blaire, alla svolta del partito laburista, al dramma del lavoro costretto nella morsa della globalizzazione, alle ripercussioni planetarie dei fatti dell’11 settembre, fino alle tragedie, vicine sebbene geograficamente lontane, della guerra in Iraq. “Circolo chiuso” è sì un romanzo compiuto e fine a se stesso, ma, se preso insieme a “La banda dei brocchi” (anni Settanta) e a “La famiglia Winshaw” (anni Ottanta), diventa solo un tassello di quel grande affresco che è l’Inghilterra degli ultimi trent’anni.
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