Questo genere cinematografico mi è sempre piaciuto, fin da piccolo, forse contagiato da mio padre che non ne perdeva uno quando li davano in TV. Qualche giorno fa ne ho rivisto uno un po’ sui generis, che non vedevo da qualche anno, ed è questo che mi ha fatto venire voglia di parlarne. Credo che quelli ai quali questo genere non piace abbiano in mente un tipo di western, e non il western. A cosa mi riferisco? Cercherò di spiegarmi. Credo che a chiunque senta nominare questa parola venga in mente l’immagine di chi ha impersonato il genere per molti anni, vale a dire John Wayne. Da “El Dorado” a “Sentieri selvaggi”, passando per “Un dollaro d’onore”, “Rio Lobo”, “Quel maledetto colpo al Rio Grande Express” e altre decine di titoli che potrei ricordare, per anni ‘il Duca’ è stato il western: l’eroe coraggioso, nobile, romantico, risoluto. Quello che sa sparare meglio di ogni altro ma che sa anche tenere le pistole nella fondina, a meno che non sia necessario estrarle. Insomma, l’eroe buono, tutto d’un pezzo, sempre dalla parte della giustizia. Che aveva di fronte sempre un cattivo, o meglio una banda di cattivi, ladri di bestiame, rapinatori di banche e simili, che invariabilmente finivano al fresco o morti. Questi film li ho visti praticamente tutti, e sarei ripetitivo nel citare altri grandi protagonisti di questo tipo, come Gregory Peck, Robert Mitchum o Burt Lancaster.
Poi qualcuno ha un’idea geniale, e le cose cambiano. Questo qualcuno si chiama Sergio Leone, e inventa una cosa chiamata ‘Spaghetti western’, che non è solo un modo strano per indicare le produzioni italiane. Al posto di quei volti, decisi ma sereni, di cui ho detto sopra, compaiono volti tormentati, adombrati, spesso francamente oscuri. Volti come quelli di Lee Van Cleef, Gian Maria Volontà e soprattutto Clint Eastwood. È lui a diventare il nuovo volto dell’eroe del west, ma è un eroe strano. In genere, gli interessano solo i soldi, è cinico, spietato, vendicativo, opportunista. Non importa se chi gli si para davanti è uno sceriffo o un criminale: ci sono pallottole a sufficienza per entrambi. Ecco quindi che spuntano film come la trilogia del dollaro, vale a dire “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” e “Il buono, il brutto, il cattivo”, che in originale doveva essere “Dollari a palate” (ecco perché il nome della trilogia). Dopo questi film, l’incantesimo che ha legato attore e regista si rompe: Leone dice che Eastwood non sarebbe stato mai nessuno senza di lui, Eastwood dice che Leone non avrebbe mai fatto quei film senza di lui, e le loro strade si separano. Clint Eastwood si cimenta con la regia, e i risultati sono “Lo straniero senza nome”, “Impiccalo più in alto”, “Il texano dagli occhi di ghiaccio”, ottimi film dove ormai domina questa nuova figura di antieroe, molto più innovativa e sfaccettata dei classici Wayne e Peck, che pur mantenendo il loro fascino risultano un po’ stereotipati e piatti.
Espressione di questo passaggio è proprio quel film di cui dicevo all’inizio, intitolato “Il mio nome è Nessuno”, in cui recitano faccia a faccia Henry Fonda e Terence Hill, incarnando i due modi di essere del west. Uno è il vecchio eroe all’antica, stanco, che vive in un mondo violento, in un west immenso, sconfinato, deserto, in cui non si incontra mai due volte la stessa persona, e che non ha più voglia di fare l’eore. L’altro è Nessuno, il giovane spensierato e allegro, che vive alla giornata, che cerca avventure, che va in giro acchiappando mosche, uno per cui il west è piccolo, affollato, dove ci si incontra continuamente. Uno che da piccolo giocava a fare il suo eroe preferito: quel Jack Beauregard che adesso è troppo stanco per affrontare i cattivi. Le avventure, le sparatorie, le cavalcate e i saloon sono solo lo sfondo di questo film, così come i momenti comici e quelli tragici. I veri protagonisti della storia sono gli sguardi dei due personaggi faccia a faccia, quando il vecchio west cede il passo a quello nuovo. Ma quest’ultimo non è prepotente e arrogante, anzi: guarda con rispetto e con nostalgia a quel vecchio che se ne va, e non vuole che lo faccia in sordina, nell’ombra, ma cerca una chiusura trionfale per il suo mito. E concludo riportando un passo del dialogo più bello del film, che riassume in poche battute tutto quello che ho detto.
[Jack]: Perché vuoi farmi diventare un eroe?
[Nessuno]: Ma lo sei già. Ti manca solo il gran finale, ti manca l’impresa da leggenda!
[J]: Quello che non riesco a capire è perché a te importa tanto.
[N]: Un uomo che è un uomo deve credere in qualcosa.
[J]: Nella vita ho incontrato di tutto: ladri, assassini, preti e preti spretati, ricattatori, ruffiani, persino qualche uomo onesto. Ma uomini soltanto, mai.
[N]: Proprio di quelli parlo. Non si incontrano quasi mai, ma sono gli unici che contano.
Non so a voi, ma a me piacerebbe essere uno di questi. Uno di quei Nessuno, uno di quelli che, invece di evitare un guaio, se il guaio non c’è se l’inventano, per poi correre via e lasciare il merito a un altro, così possono continuare ad essere Nessuno. Sarebbe davvero bello.
1 commento:
Film memorabile, anche se non ricordo più quante volte l'ho visto, che chiude un ciclo e ne apre un altro. Il personaggio del Monco era stato inizialmente tagliato da Leone su misura proprio per Fonda, che poi rifiutò e fu rimpiazzato da Clint Eastwood. Dopo il divorzio tra regista ed eroe fu proprio Fonda a ripresentarsi da Leone, o almeno così si narra. Anche se il film è accreditato a Tonino Valerii (già aiuto regista di Leone), è probabile che "Il mio nome è Nessuno" fu girato piuttosto a 4 mani.
Nessuno i guai se li cercava, quando non c'erano se li creava, li risolveva e poi scappava lasciando il merito a un altro. Oggi i guai ti piovono addosso dal cielo, ed è già un miracolo riuscire a risolvere quei pochi per tirare un po' il fiato. Forse è anche per questo che quelli come Nessuno sono sempre più rari...
Complimenti per il post,
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