Tutti o quasi pensano si legga ‘Bleim’, che in inglese significa colpa. In realtà, nelle intenzioni dell’autore, il titolo si legge proprio ‘Blam’, come il suono di uno sparo. Criptico fin dal titolo, Tsutomu Nihei prosegue in un crescendo di enigmi, che credo nessuno, a parte lui stesso, sia riuscito a dipanare completamente.
Blame! parla di Killi, misterioso agente in missione nei livelli a rischio, alla ricerca della rete dei geni terminali. Se non avete capito niente di questa frase, non è perché siete stupidi. Potrebbe essere perché io non so scrivere, ma forse il motivo è un altro. In questo manga non ci viene spiegato niente. Non sappiamo chi sia Killi, né da dove venga. Non sappiamo se agisce da solo o se fa parte di una organizzazione di qualche tipo. Non sappiamo dove si svolga la vicenda, se sia una città, una colonia, una stazione spaziale, un insediamento sotterraneo. Non sappiamo se siamo sulla Terra o su un altro pianeta. Non sappiamo cosa sia la rete dei geni terminali. Insomma, non sappiamo proprio niente. Lo stesso sottotitolo è significativo in tal senso: “Maybe on earth. Maybe in the future”, cioè “Potrebbe essere sulla Terra. Potrebbe essere nel futuro”.
Quando prima ho scritto “Blame! parla di Killi” ecc., temo di aver sbagliato verbo. Sarebbe stato più giusto scrivere “Blame! tace di Killi”. È infatti una peculiarità di Nuhei quella di realizzare fumetti con dialoghi ridotti al minimo e forse anche meno. Non ci sono didascalie, nessun pensiero viene comunicato in caratteri alfabetici. I personaggi si esprimono tra loro con frasi stringatissime, e spesso solo a gesti. Tutto questo sarebbe già sufficiente a creare disagio in chi legge, ma se ci aggiungiamo paesaggi desolati, edifici in rovina, strade tortuose che si snodano a perdita d’occhio nascondendo chissà quali pericoli, angoli bui che celano insidie micidiali, e misteriosi esseri biomeccanici programmati per uccidere qualunque forma di vita, ecco che quello che era un semplice disagio diventa pura angoscia. Sfogliando quelle pagine fitte di retini grigi, non si può non sentire il proprio cuore accelerare di colpo nel vedere una lancia trapassare improvvisamente un corpo, o un bambino che si trasforma in una macchina assassina. E quel silenzio micidiale che opprime e colpisce senza dare tregua è forse la cosa più angosciante di tutta l’opera.
Inutile dire che si potrebbero impiegare giorni interi a guardare le splendide tavole di Nihei, che in questo manga mette a frutto i suoi studi di architettura realizzando costruzioni straordinarie e ben oltre il limite delle utopie strutturali che già altri architetti in passato hanno teorizzato.
Blame! parla di Killi, misterioso agente in missione nei livelli a rischio, alla ricerca della rete dei geni terminali. Se non avete capito niente di questa frase, non è perché siete stupidi. Potrebbe essere perché io non so scrivere, ma forse il motivo è un altro. In questo manga non ci viene spiegato niente. Non sappiamo chi sia Killi, né da dove venga. Non sappiamo se agisce da solo o se fa parte di una organizzazione di qualche tipo. Non sappiamo dove si svolga la vicenda, se sia una città, una colonia, una stazione spaziale, un insediamento sotterraneo. Non sappiamo se siamo sulla Terra o su un altro pianeta. Non sappiamo cosa sia la rete dei geni terminali. Insomma, non sappiamo proprio niente. Lo stesso sottotitolo è significativo in tal senso: “Maybe on earth. Maybe in the future”, cioè “Potrebbe essere sulla Terra. Potrebbe essere nel futuro”.
Quando prima ho scritto “Blame! parla di Killi” ecc., temo di aver sbagliato verbo. Sarebbe stato più giusto scrivere “Blame! tace di Killi”. È infatti una peculiarità di Nuhei quella di realizzare fumetti con dialoghi ridotti al minimo e forse anche meno. Non ci sono didascalie, nessun pensiero viene comunicato in caratteri alfabetici. I personaggi si esprimono tra loro con frasi stringatissime, e spesso solo a gesti. Tutto questo sarebbe già sufficiente a creare disagio in chi legge, ma se ci aggiungiamo paesaggi desolati, edifici in rovina, strade tortuose che si snodano a perdita d’occhio nascondendo chissà quali pericoli, angoli bui che celano insidie micidiali, e misteriosi esseri biomeccanici programmati per uccidere qualunque forma di vita, ecco che quello che era un semplice disagio diventa pura angoscia. Sfogliando quelle pagine fitte di retini grigi, non si può non sentire il proprio cuore accelerare di colpo nel vedere una lancia trapassare improvvisamente un corpo, o un bambino che si trasforma in una macchina assassina. E quel silenzio micidiale che opprime e colpisce senza dare tregua è forse la cosa più angosciante di tutta l’opera.
Inutile dire che si potrebbero impiegare giorni interi a guardare le splendide tavole di Nihei, che in questo manga mette a frutto i suoi studi di architettura realizzando costruzioni straordinarie e ben oltre il limite delle utopie strutturali che già altri architetti in passato hanno teorizzato.
A conclusione vorrei citare anche un’altra opera dello stesso autore, realizzata per un personaggio con una sua storia alle spalle, vale a dire Wolverine. Tutto quello che si vede in Blame! può essere ritrovato in questa storia, che non a caso si intitola “Snikt!”. Così come Blame è il suono dello sparo della pistola di Killi, Snikt è il suono che fanno gli artigli di Wolverine quando li estrae. Si conferma quindi la tendenza onomatopeica nei titoli delle opere, in relazione alle armi usate dai protagonisti. Peccato non aver visto quasi nient’altro, qui in Italia, di questo giovane mangaka giapponese. Un vero peccato.
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