Nessuna storia particolare è legata a questo libro, per quel che mi riguarda, se non che l’ho letto subito dopo un altro che, a dispetto di aspettative brillanti, mi aveva molto deluso. È stato quindi un sorta di ‘rinascimento letterario’, per me, leggere il romanzo di Laura Restrepo.
Mi sembra giusto iniziare riprendendo la citazione, che l’autrice stessa fa, di Gore Vidal, che recita: “Saggiamente, Henry James diffidava sempre gli scrittori dal mettere un pazzo come personaggio centrale di una narrazione, adducendo il fatto che non essendo il pazzo moralmente responsabile, non ci sarebbe una storia vera e propria da raccontare”. Laura Restrepo smentisce questo aforisma. Agustina Londoño è impazzita. Figlia bellissima e ribelle di un possidente terriero colombiano, maga hippy con capacità divinatorie, stravagante, sensuale, affascinante, a volte preda di crisi depressive. Questa è Agustina, questa è la donna sposata da Aguilar, comunista, ex professore di letteratura, sulle spalle un divorzio e forse troppi anni, di sicuro molti più di lei. Aguilar torna da un breve viaggio e trova Augustina in una camera d’albergo, in preda al delirio. Cosa è successo? Perché è impazzita? Quando? Un enigma da risolvere, l’enigma della follia, la cui soluzione è fatta di tanti pezzi, né più né meno che un puzzle, ognuno dei quali è nascosto in un cassetto segreto della memoria della donna, in puro stile Salvador Dalì. La memoria di una famiglia apparentemente impeccabile, ma che nasconde nelle sue maglie drammi inenarrabili. Misteri, brutali passioni, segreti, tradimenti, scandali, incesti non consumati ma non per questo meno devastanti, amori e follia sono il tessuto connettivo di questa saga familiare.
Ma il carisma dei personaggi che si muovono in primo piano non è sufficiente a distogliere l’attenzione dalla scenografia. Una Bogotà marcia e putrida fino al midollo, stretta nel pugno della genialità malefica di Pablo Escobar. Una Colombia afosa, straziata, attanagliata dai drammi che da sempre la affliggono: la guerra, il traffico di stupefacenti, la miseria, il maschilismo patriarcale. Drammi solo a stento mitigati dalla più grande e forse unica risorsa di questa terra: la grande capacità di amare della sua gente.
Josè Saramago (non certo l’ultimo arrivato) ha scritto: “Delirio è un’espressione di tutto ciò che la Colombia ha di affascinante, incluso ciò che è terribilmente affascinante. E quando il livello di scrittura arriva dove lo ha portato Laura Restrepo, bisogna togliersi il cappello”. Lungi da me la presunzione di poter aggiungere altro.
Mi sembra giusto iniziare riprendendo la citazione, che l’autrice stessa fa, di Gore Vidal, che recita: “Saggiamente, Henry James diffidava sempre gli scrittori dal mettere un pazzo come personaggio centrale di una narrazione, adducendo il fatto che non essendo il pazzo moralmente responsabile, non ci sarebbe una storia vera e propria da raccontare”. Laura Restrepo smentisce questo aforisma. Agustina Londoño è impazzita. Figlia bellissima e ribelle di un possidente terriero colombiano, maga hippy con capacità divinatorie, stravagante, sensuale, affascinante, a volte preda di crisi depressive. Questa è Agustina, questa è la donna sposata da Aguilar, comunista, ex professore di letteratura, sulle spalle un divorzio e forse troppi anni, di sicuro molti più di lei. Aguilar torna da un breve viaggio e trova Augustina in una camera d’albergo, in preda al delirio. Cosa è successo? Perché è impazzita? Quando? Un enigma da risolvere, l’enigma della follia, la cui soluzione è fatta di tanti pezzi, né più né meno che un puzzle, ognuno dei quali è nascosto in un cassetto segreto della memoria della donna, in puro stile Salvador Dalì. La memoria di una famiglia apparentemente impeccabile, ma che nasconde nelle sue maglie drammi inenarrabili. Misteri, brutali passioni, segreti, tradimenti, scandali, incesti non consumati ma non per questo meno devastanti, amori e follia sono il tessuto connettivo di questa saga familiare.
Ma il carisma dei personaggi che si muovono in primo piano non è sufficiente a distogliere l’attenzione dalla scenografia. Una Bogotà marcia e putrida fino al midollo, stretta nel pugno della genialità malefica di Pablo Escobar. Una Colombia afosa, straziata, attanagliata dai drammi che da sempre la affliggono: la guerra, il traffico di stupefacenti, la miseria, il maschilismo patriarcale. Drammi solo a stento mitigati dalla più grande e forse unica risorsa di questa terra: la grande capacità di amare della sua gente.
Josè Saramago (non certo l’ultimo arrivato) ha scritto: “Delirio è un’espressione di tutto ciò che la Colombia ha di affascinante, incluso ciò che è terribilmente affascinante. E quando il livello di scrittura arriva dove lo ha portato Laura Restrepo, bisogna togliersi il cappello”. Lungi da me la presunzione di poter aggiungere altro.
4 commenti:
Mi hai fatto proprio venire voglia di leggere questo libro.
Io ti consiglio,se posso, l'ultimo di McEwan che uno dei miei scrittori preferiti.
Ho scritto anche la recensione.
Se vuoi leggerla la trovi sul sito di Meltin'Pot.
Ma è uscito da poco questo libro?
Bella recensione!
Non ti ho detto il titolo del libro di McEwan: Chesil Beach.
Ciaoooooo
Quando hai detto McEwan ho capito subito che parlavi di Chesil Beach. Ne ho sentito molto parlare, e sono stato tentato di leggerlo, ma fino ad ora non ne ho avuto occasione. Leggerò subito la tua recensione e, quando avrò letto gli altri quattro libri che aspettano sulla mensola, magari sceglierò proprio questo, Grazie e a presto.
Dimenticavo: Delirio è uscito nel 2005, io l'ho preso poco dopo che era arrivato in libreria. Comunque non dovrebbe essere difficile trovarlo, fino a non molto tempo fa l'ho visto nella libreria che frequento. Sono sicuro che a Roma non avrai difficoltà. Ciao!
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