Quando si leva, che intorno si mira
tutto smarrito dalla grande angoscia
ch’egli ha sofferta, e guardando sospira;
tal era il peccator levato poscia.
O potenza di Dio, quanto severa!
Chè cotai colpi per vendetta croscia.
Lo duca il dimandò poi chi elli era:
per ch’ei rispose: “Io piovvi di Toscana,
poco tempo è, in questa gola fera.
Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch’io fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana.”
E io al duca: “Digli che non mucci,
e dimanda qual colpa quaggiù il pinse;
ch’io lo vidi uom di sangue e di crucci.”
E il peccator, che intese, non s’infinse,
ma drizzò verso me l’animo e il volto,
e di trista vergogna si dipinse;
poi disse: “Più mi duol che tu mi hai colto
nella miseria dove tu mi vedi,
che quando fui dell’altra vita tolto.
Io non posso negar quel che tu chiedi:
in giù son messo tanto, perch’io fui
ladro alla sacrestia de’ belli arredi;
e falsamente già fu apposto altrui.
Ma, perché di tal vista tu non godi,
se mai sarai di fuor de’ lochi bui,
apri gli orecchi al mio annunzio, e odi:
Pistoia in pria di Negri si dimagra,
poi Fiorenza rimuove genti e modi.
Tragge Marte vapor di Val di Magra
ch’è di torbidi nuvoli involuto;
e con tempesta impetuosa ed agra
sopra campo Picen fia combattuto;
ond’ei repente spezzerà la nebbia,
sì c’ogni Bianco ne sarà feruto.
E detto l’ho perché doler ti debbia!”
Inferno, canto XXIV versi 115-151
lunedì 14 luglio 2008
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