El si fuggì, che non parlò più verbo;
e io vidi un centauro pien di rabbia
venir chiamando: “Ov’è, ov’è l’acerbo?”
Maremma non cred’io che tante n’abbia
Quante bisce egli avea su per la groppa,
infin dove comincia nostra labbia.
Sopra le spalle, dietro dalla coppa,
con l’ali aperte gli giacea un draco;
e quello affoca qualunque s’intoppa.
Lo mio maestro disse: “Questi è Caco,
che sotto il sasso di monte Aventino
di sangue fece spesse volte laco.
Non va co’ suoi fratei per un cammino,
per lo furor frodolente che fece
del grande armento ch’egli ebbe a vicino;
onde cessar le sue opere biece
sotto la mazza d’Ercole che forse
gliene diè cento, e non sentì le diece.”
Inferno, canto XXV versi 16-33
giovedì 17 luglio 2008
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