Io son Promethea,
è il nome mio l’idea
di quello avvinto ad una roccia sotto il sole
che rapito la celeste fiamma avea.
Io son Promethea,
il padre mio morto piango,
le sue ossa martiri, sporcate d’eresia
di chi vuol mutare l’oro in piombo e fango,
deturpare il mondo con turpe alchimia.
Io son Promethea,
adottata da un dio,
cresciuta tra valli irreali e colli e fonti.
Si narra nella materia il racconto mio,
ma la mia materia vive nei racconti.
Io son Promethea,
io son colei sospesa
tra terra fissa e correnti immateriali,
un pensier che corre sulla materia estesa,
e i sandali che calzo son mortali.
Io son Promethea,
dalla chiarezza pura
della mente mi chino alla terrena meta,
dal giorno della fiaba scendo alla dura
notte dei fatti, da sogno divento creta.
Io son Promethea,
io son la diceria
che ragione vuol piegar perché sia meglio.
Io son quel che resta di un libro messo via,
io sono il sogno che non termina al risveglio.
Io son Promethea,
la scintilla dell’arte,
son l’ispirazione, il desiderio, il gioco.
L’immaginario che dall’umano parte.
Io son Promethea, e il mio dono è il fuoco!
Di solito, i titoli dei miei post sono quelli delle opere di cui mi accingo a parlare. anche quando ho parlato di singole storie presenti in volumi, ho riportato fedelmente il loro titolo tradotto in italiano (è il caso de “Il rito della primavera” che faceva parte della saga “Swampthing”). Stavolta invece non l’ho fatto. Il titolo doveva essere “Promethea”, e invece ho scelto di prendere il verso conclusivo della poesia che vedete qui sopra, e che tra poco spiegherò cos’è. il motivo di questa scelta è semplice: non si può parlare di Promethea. Qualunque tentativo sarebbe (e sarà, fidatevi) riduttivo rispetto alla grandiosità di questa opera, partorita dalla mente geniale di Alan Moore e realizzata graficamente da J.H. Williams III e Mick Gray. Quando ho finito di leggerla, sono stato tentato di non scrivere nulla in proposito, quasi per una forma di rispetto, ma poi la tentazione di condividere qualcosa con quanti vorranno ha prevalso, e così eccoci qui.
Sophie Bangs si interessa a Promethea, personaggio fantastico più volte ripreso da diversi autori nel corso della storia delle arti figurative e letterarie. Poeti, pittori, fumettisti, ne hanno raccontato a loro modo le gesta, e Sophie vuole scrivere un saggio per il college su di lei. Però non sa che Promethea esiste veramente. È una manifestazione dell’immaginazione dei suoi autori, proiettata da questi su persone a loro care, o anche su loro stessi, in qualche caso. Nella storia si sono succedute diverse Promethea, e Sophie chiede un’intervista alla moglie dell’ultima persona che ne ha scritto le gesta. Ma una setta segreta invia un essere fatto di oscurità per uccidere la ragazza. È in questa occasione che Sophie capisce di essere la nuova incarnazione di Promethea, e che per trasformarsi in lei deve scrivere dei versi che la aiutino a materializzarla su di sé. Così scrive la poesia che ho riportato all’inizio, e inizia la storia della nuova Promethea. Fino a qui è tutto facile. Niente di più di una storia a fumetti dal sapore fantasy. Tutto sommato se ne sono viste molte anche prima, di storie così.
Ma COSA è Promethea? CHI è Promethea? QUANDO è Promethea? DOVE è Promethea? COME è Promethea? PERCHÉ è Promethea? Sono domande tutt’altro che banali. Prima di tutto, dovremmo capire se, dicendo Promethea, vogliamo parlare del fumetto come prodotto, della storia che racconta, o del personaggio che ne è protagonista. Così vedete che il COSA non è uno, ma ben tre insieme. Passando al CHI, Promethea è la manifestazione dell’immaginazione del suo autore, e quindi in questo caso di Alan Moore, che però ci racconta storie anche di tutte le eroine precedenti. Ma è anche una nuova supereroina che fa il suo esordio come tale in una New York futuristica alle porte del 2000. E a volerla dire tutta, Promethea è anche l’araldo dell’apocalisse, colei che scatenerà la fine del mondo. QUANDO e DOVE? Beh, anche qui le risposte potrebbero essere tante. New York, Egitto, mondo reale, Immateria, realtà, sogno, passato, presente, futuro, universo, atomo... La risposta migliore è quella data dal percorso della storia. Promethea è sempre e mai, ovunque in nessun luogo, freneticamente immobile in qualunque piano dell’esistenza l’uomo possa concepire. COME è Promethea, nessuno di noi può dirlo con certezza. Possiamo solo vederla e sentirla come ci appare nella storia, come la recepiamo, e ogni volta sarà diversa per ciascuno di noi che la leggiamo, ma solo Alan Moore, J.H. Williams III e gli altri suoi creatori sanno veramente com’è Promethea. E infine PERCHÉ. A questa domanda è ancora più difficile rispondere, e non ci sono dati oggettivi che possono aiutarmi. Però quello che ho provato nel leggere questa storia è stato che ci fosse un profondo bisogno che esistesse, una necessità non solo mia personale, ma che sentivo in maniera collettiva. Il mondo, il nostro mondo, quello reale (ma chi dice che lo sia più di altri?) aveva bisogno che venisse scritta e disegnata la storia di Promethea. Una storia che forse ha un unico, vero scopo: spiegarci tutto ciò che esiste. Tutto quello che fa parte dell’esistenza umana, tutto quello che la nostra mente ha mai potuto e mai potrà concepire, tutto quello che sappiamo e tutto quello che impariamo, tutto è presente in questo fumetto. Non credo sia possibile contare quanti livelli di lettura possiede questa storia (satirico, religioso, avventuroso, storico, mistico, comico...) né tanto meno quanto simbolismo vi è presente. Tutto ciò che è scritto e disegnato in queste pagine è un simbolo, una metafora, una trasposizione, di altri simboli, che a loro volta traslano su nuovi piani di conoscenza concetti umani e sovrumani (ammesso che questi ultimi siano qualcosa di diverso, e non una semplice manifestazione del pensiero umano).
Promethea è un fumetto e non poteva essere altro che un fumetto. La storia si conclude nel capitolo 31. Il 32 è una sorta di vademecum, un “dizionario” del Prometese che gli autori ci consegnano in una forma molto particolare, che ha richiesto loro mesi di lavoro per essere realizzata (e non dico altro perché anche qui non può essere descritta ma va vista e sentita sotto i polpastrelli). Perché doveva essere un fumetto? Ce lo spiega lo stesso Moore in una frase proprio di questo capitolo 32. E la medicina trova una spiegazione perfetta per questo fenomeno, di cui ora dirò. Uno studio del Pentagono (che invece di impedire lo schianto di aerei contro i palazzi spende soldi per fare queste cose!) ha dimostrato che il fumetto è la migliore forma di comunicazione dei messaggi mai inventata dall’uomo. Come si fa uno studio di questo tipo? Semplice. Si prendono cento persone, e a ciascuna di fanno leggere dieci libri. Si prende una frase a caso e si contano quante di queste cento persone sono capaci di associarla al libro da cui è stata presa. Poi si prendono altre cento persone, e gli si fanno vedere dieci cataloghi di immagini varie. Se ne prende una e si contano quante persone la attribuiscono al catalogo giusto. I risultati dei due gruppi saranno simili, perché nella popolazione generale, una percentuale di persone ha una memoria più visiva e una percentuale più o meno uguale ha una memoria più letterale. Infine si prendono cento persone, e gli si fanno leggere dieci fumetti. Si prende a caso una pagina di uno di questi e si contano quante la associano al fumetto da cui proviene. La percentuale di persone che fa l’associazione corretta è enormemente superiore a quelle dei due gruppi precedenti. Perché? La risposta è nel cervello umano. Una balena o un elefante hanno più o meno un cervello che pesa quanto quello di un uomo. Animali minuscoli, come alcuni uccelli e roditori, hanno in proporzione un cervello che pesa molto di più di quello umano. E allora perché non sono intelligenti tanto quanto noi, se non di più? Evitando di fare facili battute sul fatto che gran parte dei nostri politici risulta meno intelligente della media dei roditori, vi rispondo che l’intelligenza non è data dal numero di neuroni, ma dalle connessioni che stabiliscono. Nel cranio umano c’è poco spazio, rispetto alle funzioni che il cervello deve svolgere, quindi l’evoluzione doveva fare economia. Avendo due mani da muovere, c’era bisogno di due aree di controllo del movimento delle mani. Ma visto che parliamo con una sola bocca, bastava una sola area del linguaggio, così come una sola memoria e una sola area del senso della vista (gli occhi sono due, quindi abbiamo due aree visive primarie, ma queste proiettano in una sola area di coordinazione delle immagini, perché il senso della vista è unico). Quando nasce, un bambino interagisce col mondo, e per prima cosa lo fa guardando. Poi, sotto l’influsso di adeguati stimoli, sviluppa tutti gli altri sensi, e infine impara a comunicare, prima parlando e poi scrivendo. L’area del linguaggio sta nell’emisfero di sinistra, che è detto verbale, mentre quella dell’analisi delle immagini è a destra, nell’emisfero preverbale. Ecco la ragione del significato di quel test del Pentagono (potete crederci, è l’esercito americano, il massimo in tutto quello che fa!). Quando leggiamo un libro o ascoltiamo un discorso, usiamo solo mezzo cervello o poco più, e lo stesso quando guardiamo delle semplici immagini, solo che stavolta è l’altra metà che usiamo. Ma solo quando le due cose vengono combinate, come succede nel fumetto, tutto il cervello viene attivato, e non solo le singole aree, ma anche tutte quelle connessioni dal cui numero e attività dipende l’intelligenza. In altre parole, se gli animali leggessero fumetti, ci avrebbero già superato di molto sul piano socioculturale! Scherzi a parte, non è un caso che le più antiche forme di scrittura, l’egiziano e il cinese, fossero praticamente dei disegni (scrittura ideografica). E la nostra scrittura, relativamente più moderna, non fa altro che associare convenzionalmente dei disegni (i caratteri) a dei suoni e ad un codice di significato. Ecco perché Promethea doveva essere un fumetto. Perché solo il fumetto riesce a comunicare pienamente il messaggio che porta, molto più di un libro o di un quadro. Leggere fumetti rende più intelligenti (scientificamente dimostrato, come ho detto), eppure c’è ancora chi li considera prodotti di sottocultura, destinati a coloro che non sarebbero in grado di apprezzare le ‘vere’ forme d’arte.
Su Promethea potrei scrivere altre dieci pagine e non sarebbero comunque abbastanza. Come ho detto, in questa opera è contenuto tutto ciò che esiste nell’esistenza umana, conscia e inconscia, ed è per questo che mi sento di dire che è un’opera che chiunque dovrebbe leggere almeno una volta nella vita.
4 commenti:
...freneticamente immobile...mi ha colpito molto questa frase.
Un abbraccio
Fra
PS scusa se non ti ho risposto prima: la weazel è come chiamo il mio moroso
;)
Credo che se dovessi comprare uno dei fumetti le cui recensioni ho letto fino ad ora, credo che questo sarebbe quello che sceglierei per primo. Bello davvero...hai detto tutto tu, non posso far altro che farti i complimenti. Su una cosa non sono d'accordo: quando leggo un libro io le immagini le vedo lo stesso, anche se non ci sono. Il vero talento di uno scrittore deve essere quello di riuscire a darti anche odori e sapori oltre che i colori, pur non usando il mezzo delle immagini. Forse il mio cervello non lavora al massimo, ma il mio cuore si :D
Poi una cosa: io ho appena finito di leggere City. Dei libri di Baricco che fino ad ora ho letto (Iliade, Oceano mare, Seta, City) questo è quello che preferisco fino ad ora. Mi piacerebbe parlarne con te. Trovo che la sua sia letteratura, e che le sue opere possano essere messe a fianco a quelle di Pirandello.
Per Fra: Non so da dove mi è venuta, ma credo che descriva abbastanza bene l'essenza di questo personaggio. Grazie per il chiarimento, adesso mi quadrano un po' di cose... ^_^
Per Veronica: Dovresti davvero comprarlo. Mi rendo conto che è una spesa non indifferente, tutti e cinque i volumi arrivano a circa 70 euro, però è qualcosa di indescrivibile. Io stesso se potessi, ne comprerei una seconda copia di ogni volume per poterlo aprire per bene e studiarne i dettagli, anche accostando le pagine che sono in continuità. Sul concetto dei libri sono d'accordo in linea di massima, ma tu non hai ancora letto Promethea. Se lo farai, nel modo in cui si DEVE fare, ti renderai conto di quello che intendo quando dico che quelle immagini sono un altro modo di scrivere. Un libro sfrutta la tua mente per farti vedere le immagini. Promethea ti spiega l'esistenza (umana, divina, cosmica, ecc.) attraverso parole e immagini che sono una cosa sola!
Dimenticavo: anche a me piacerebbe parlare con te di "City", ma per adesso, con gli esami, mi sono fermato al primo capitolo. Spero in queste feste di riuscire a leggere con più costanza, come mi piace fare...
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