Tra poco più di cinque mesi è prevista l’uscita nelle sale cinematografiche del film “X-Men origins: Wolverine”, capitolo accessorio e complementare della fortunata trilogia dedicata alla squadra di eroi mutanti per eccellenza della Marvel comincs. La storia sarà incentrata su uno dei personaggi di maggior rilievo della trilogia principale, quel Wolverine, interpretato da Hugh Jackman, che è forse il più noto tra i supereroi mutanti Marvel. Il titolo della pellicola è esplicativo del suo intento primario, quello cioè di raccontare le origini di Wolverine, da sempre uno dei più misteriosi e intricati enigmi della saga degli X-Men, fin dal primo esordio dell’eroe nella compagine del gruppo nell’ormai storico “X-Men nuova genesi” del 1975. Ecco qualche nota storico-biografica.
Wolverine, l’uomo conosciuto solamente con il nome Logan, è in realtà un mutante, un essere che a seguito di un’anomalia genetica sviluppa delle caratteristiche peculiari genericamente note come poteri mutanti. Nel caso specifico, Wolverine è dotato di sensi ipersviluppati, in particolare l’olfatto, ma anche l’udito e la vista non sono da meno, così come la forza muscolare e l’agilità. Secondo componente della sua mutazione è il cosiddetto fattore rigenerante, che è molto più che la semplice capacità di guarire rapidamente dalle ferite, dato che lo protegge virtualmente anche da qualsiasi malattia e ne rallenta in maniera drastica il processo di invecchiamento. Infine, il suo scheletro è totalmente fuso con un metallo sintetico chiamato adamantio, la sostanza più dura e resistente del pianeta, al punto che, nella sua forma definitiva, neppure l’adamantio è in grado di scalfire l’adamantio. A corredo di quest’ultima qualità, tre lunghe lame retrattili a forma di artigli, anch’esse di adamantio, escono da ciascuna delle sue mani, e vengono da lui utilizzate come micidiali armi da taglio. Ma dell’uomo chiamato Logan, oltre questo, si sa ben poco. È stato un soldato e un agente segreto, prima per conto del governo canadese, e poi della CIA. Inoltre, per cause inspiegate, la sua memoria è parecchio frammentaria, al punto che lui stesso non ricorda le sue origini e ha solo rari e sconnessi flashback della sua vita passata. A chiarire un po’ questi misteri, arriva Barry Windsor-Smith con la sua miniserie “Arma X”, diventata una pietra miliare della storia del mutante canadese. In essa, l’autore svela che in realtà Wolverine non è nato con lo scheletro di adamantio che si ritrova, e che questo è il risultato di un esperimento paramilitare segreto, denominato appunto Arma X, destinato al potenziamento di Logan per farne un supersoldato privo di volontà, da utilizzare in particolari operazioni. Scopriamo quindi che le alterazioni della memoria di Logan facevano parte del programma di condizionamento mentale finalizzato all’annullamento della volontà del soggetto, necessario tanto quanto il potenziamento fisico per renderlo una macchina da guerra perfettamente controllabile. Durante i quasi sette anni della sua gestione della serie personale di Wolverine, lo scrittore Larry Hama aggiunge qualche dettaglio a questa trama di base, senza però alterarne le linee guida e rivelando altri aspetti del passato dell’eroe, sia precedenti che seguenti l’esperimento Arma X. Dopo la fine della gestione di Hama, ben poco si è aggiunto a questo filone narrativo, e devo dire che, da lettore appassionato, ho assistito ad un costante declino della qualità delle storie dei supereroi Marvel in generale, e dei mutanti in particolare, a partire dalla fine degli anni Novanta, declino che si è fatto rovinoso negli ultimi cinque anni. In questo periodo, uno dei pochissimi (per non dire l’unico) bagliore di luce narrativa è stato la gestione degli eroi mutanti da parte dello scrittore scozzese Grant Morrison, il quale ha saputo riprendere e approfondire in maniera brillante e innovativa alcune delle tematiche cardine della storia degli X-Men. In questo filone narrativo, durato poco più di tre anni, una delle sottotrame principali è stata quella delle origini di Wolverine. Tenendo in ben poco conto i dettagli estetici di scarso valore, e badando più alla consistenza della storia, Morrison ha dato forma e sostanza a quella che era stata una mia personale ipotesi fin da quando ho iniziato a leggere con costanza e passione le avventure dell’eroe canadese. Nella visione dell’autore scozzese, il progetto “Arma X” non è altro che una parte di un disegno ben più ampio, sia dal punto di vista concettuale che pratico, il programma “Arma plus”. Per la prima volta nella storia, scopriamo che quella “X” non ha nulla a che vedere con il fantomatico fattore X che renderebbe gli individui dei mutanti (ipotesi mai confermata nel corso di tanti anni di storie), ma sarebbe molto più semplicemente, e logicamente, un numero: il dieci dei numeri romani, per la precisione. Ecco quindi che Arma X diventa nient’altro che il decimo esperimento del programma per la creazione del supersoldato, l’arma da guerra definitiva, Arma plus appunto. A pensarci bene, tutto ciò è più che logico. Era pensabile che un esperimento che prevedeva la fusione ad altissima temperatura di una lega complessa di sali metallici come l’adamantio ad una struttura organica vitale come l’osso potesse essere stata sviluppata così, dal nulla? Ovviamente no. È molto più logico che al risultato ottenuto su Logan si arrivi dopo una serie di tentativi, in gran parte risultati in fallimenti. Wolverine non è altro che il soggetto numero dieci del programma. Altra affermazione logica: è possibile che ci fosse un solo centro di ricerca e sviluppo per un progetto tanto importante, quell’unico laboratorio e quell’unica equipe distrutti e massacrati da Logan nella sua fuga? Assolutamente no. Infatti Morrison ci dice che il programma Arma plus è andato avanti, creando altri esemplari di supersoldato sempre più evoluti, fino ad arrivare alla creatura definitiva, l’arma finale, l’arma plus per eccellenza: Arma XV (quindici). Purtroppo, la gestione di Morrison delle testate mutanti si è conclusa dopo poco tempo e in maniera piuttosto brusca, con una caduta di stile in cui molti hanno voluto ravvisare una sorta di vendetta da parte dello scrittore che, sapendo di essere stato ‘scaricato’ dalla Marvel, avrebbe deciso di concludere la sua gestione con un finale sconvolgente e per niente in linea con le storie precedenti né con le fasi iniziali della sua stessa gestione.
Purtroppo sembra che niente di tutto ciò sia presente nella pellicola che tra non molto vedremo proiettata nelle sale, dato che pare che venga rispettata la saga originale di Windsor-Smith, senza le ulteriori innovazioni degli ultimi anni. Invece dovrebbe essere presente la narrazione delle origini di Logan, non come supereroe ma come uomo, ripercorrendo la storia in tre parti “Wolverine: origini” di Paul Jenkins e Andy Kubert, in cui assistiamo alla nascita e alla crescita del giovane che in seguito assumerà l’identità prima di Logan e poi di Wolverine. Ci saranno frammenti anche della sua vita da soldato, di quella da eremita sulle montagne canadesi, e il rapporto controverso e violento con la sua principale nemesi, Sabretooth, anche lui un mutante che con l’eroe condivide molti, forse fin troppi, aspetti, perché questa somiglianza non faccia sorgere più di un sospetto. Tutte queste ovviamente sono solo deduzioni dal trailer del film, e anche se avrei preferito vedere una storia più nello stile di Morrison, attendo di vedere se questo nuovo capitolo si dimostrerà all’altezza della trilogia originale degli X-Men, forse l’unica di valore tra tutte le pellicole basate su supereroi della Marvel comics.
Wolverine, l’uomo conosciuto solamente con il nome Logan, è in realtà un mutante, un essere che a seguito di un’anomalia genetica sviluppa delle caratteristiche peculiari genericamente note come poteri mutanti. Nel caso specifico, Wolverine è dotato di sensi ipersviluppati, in particolare l’olfatto, ma anche l’udito e la vista non sono da meno, così come la forza muscolare e l’agilità. Secondo componente della sua mutazione è il cosiddetto fattore rigenerante, che è molto più che la semplice capacità di guarire rapidamente dalle ferite, dato che lo protegge virtualmente anche da qualsiasi malattia e ne rallenta in maniera drastica il processo di invecchiamento. Infine, il suo scheletro è totalmente fuso con un metallo sintetico chiamato adamantio, la sostanza più dura e resistente del pianeta, al punto che, nella sua forma definitiva, neppure l’adamantio è in grado di scalfire l’adamantio. A corredo di quest’ultima qualità, tre lunghe lame retrattili a forma di artigli, anch’esse di adamantio, escono da ciascuna delle sue mani, e vengono da lui utilizzate come micidiali armi da taglio. Ma dell’uomo chiamato Logan, oltre questo, si sa ben poco. È stato un soldato e un agente segreto, prima per conto del governo canadese, e poi della CIA. Inoltre, per cause inspiegate, la sua memoria è parecchio frammentaria, al punto che lui stesso non ricorda le sue origini e ha solo rari e sconnessi flashback della sua vita passata. A chiarire un po’ questi misteri, arriva Barry Windsor-Smith con la sua miniserie “Arma X”, diventata una pietra miliare della storia del mutante canadese. In essa, l’autore svela che in realtà Wolverine non è nato con lo scheletro di adamantio che si ritrova, e che questo è il risultato di un esperimento paramilitare segreto, denominato appunto Arma X, destinato al potenziamento di Logan per farne un supersoldato privo di volontà, da utilizzare in particolari operazioni. Scopriamo quindi che le alterazioni della memoria di Logan facevano parte del programma di condizionamento mentale finalizzato all’annullamento della volontà del soggetto, necessario tanto quanto il potenziamento fisico per renderlo una macchina da guerra perfettamente controllabile. Durante i quasi sette anni della sua gestione della serie personale di Wolverine, lo scrittore Larry Hama aggiunge qualche dettaglio a questa trama di base, senza però alterarne le linee guida e rivelando altri aspetti del passato dell’eroe, sia precedenti che seguenti l’esperimento Arma X. Dopo la fine della gestione di Hama, ben poco si è aggiunto a questo filone narrativo, e devo dire che, da lettore appassionato, ho assistito ad un costante declino della qualità delle storie dei supereroi Marvel in generale, e dei mutanti in particolare, a partire dalla fine degli anni Novanta, declino che si è fatto rovinoso negli ultimi cinque anni. In questo periodo, uno dei pochissimi (per non dire l’unico) bagliore di luce narrativa è stato la gestione degli eroi mutanti da parte dello scrittore scozzese Grant Morrison, il quale ha saputo riprendere e approfondire in maniera brillante e innovativa alcune delle tematiche cardine della storia degli X-Men. In questo filone narrativo, durato poco più di tre anni, una delle sottotrame principali è stata quella delle origini di Wolverine. Tenendo in ben poco conto i dettagli estetici di scarso valore, e badando più alla consistenza della storia, Morrison ha dato forma e sostanza a quella che era stata una mia personale ipotesi fin da quando ho iniziato a leggere con costanza e passione le avventure dell’eroe canadese. Nella visione dell’autore scozzese, il progetto “Arma X” non è altro che una parte di un disegno ben più ampio, sia dal punto di vista concettuale che pratico, il programma “Arma plus”. Per la prima volta nella storia, scopriamo che quella “X” non ha nulla a che vedere con il fantomatico fattore X che renderebbe gli individui dei mutanti (ipotesi mai confermata nel corso di tanti anni di storie), ma sarebbe molto più semplicemente, e logicamente, un numero: il dieci dei numeri romani, per la precisione. Ecco quindi che Arma X diventa nient’altro che il decimo esperimento del programma per la creazione del supersoldato, l’arma da guerra definitiva, Arma plus appunto. A pensarci bene, tutto ciò è più che logico. Era pensabile che un esperimento che prevedeva la fusione ad altissima temperatura di una lega complessa di sali metallici come l’adamantio ad una struttura organica vitale come l’osso potesse essere stata sviluppata così, dal nulla? Ovviamente no. È molto più logico che al risultato ottenuto su Logan si arrivi dopo una serie di tentativi, in gran parte risultati in fallimenti. Wolverine non è altro che il soggetto numero dieci del programma. Altra affermazione logica: è possibile che ci fosse un solo centro di ricerca e sviluppo per un progetto tanto importante, quell’unico laboratorio e quell’unica equipe distrutti e massacrati da Logan nella sua fuga? Assolutamente no. Infatti Morrison ci dice che il programma Arma plus è andato avanti, creando altri esemplari di supersoldato sempre più evoluti, fino ad arrivare alla creatura definitiva, l’arma finale, l’arma plus per eccellenza: Arma XV (quindici). Purtroppo, la gestione di Morrison delle testate mutanti si è conclusa dopo poco tempo e in maniera piuttosto brusca, con una caduta di stile in cui molti hanno voluto ravvisare una sorta di vendetta da parte dello scrittore che, sapendo di essere stato ‘scaricato’ dalla Marvel, avrebbe deciso di concludere la sua gestione con un finale sconvolgente e per niente in linea con le storie precedenti né con le fasi iniziali della sua stessa gestione.
Purtroppo sembra che niente di tutto ciò sia presente nella pellicola che tra non molto vedremo proiettata nelle sale, dato che pare che venga rispettata la saga originale di Windsor-Smith, senza le ulteriori innovazioni degli ultimi anni. Invece dovrebbe essere presente la narrazione delle origini di Logan, non come supereroe ma come uomo, ripercorrendo la storia in tre parti “Wolverine: origini” di Paul Jenkins e Andy Kubert, in cui assistiamo alla nascita e alla crescita del giovane che in seguito assumerà l’identità prima di Logan e poi di Wolverine. Ci saranno frammenti anche della sua vita da soldato, di quella da eremita sulle montagne canadesi, e il rapporto controverso e violento con la sua principale nemesi, Sabretooth, anche lui un mutante che con l’eroe condivide molti, forse fin troppi, aspetti, perché questa somiglianza non faccia sorgere più di un sospetto. Tutte queste ovviamente sono solo deduzioni dal trailer del film, e anche se avrei preferito vedere una storia più nello stile di Morrison, attendo di vedere se questo nuovo capitolo si dimostrerà all’altezza della trilogia originale degli X-Men, forse l’unica di valore tra tutte le pellicole basate su supereroi della Marvel comics.
2 commenti:
A me i primi due episodi sono piaciuti...attendo con buone aspettative questo terzo capitolo
Un abbraccio
Fra
Forse ti sei persa un pezzettino... La trilogia principale si è già conclusa con il suo terzo capitolo, "X-Men III - The last stand", di un paio di anni fa. Questo nuovo film è un cosiddetto spin-off, cioè un capitolo che estrapola un argomento o un personaggio di una serie precedente e lo sviluppa in maniera più o meno indipendente. In questo caso, la storia di Wolverine prima di unirsi agli X-Men. Ti consiglio quindi di recuperare il terzo film della trilogia, che è anche questo molto bello, sia per gli appassionati che per i neofiti. Alla prossima, ^_^
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