Non può esserci nostalgia in quello che scrivo questa volta, perché sono troppo piccolo per aver letto queste storie quando fecero la loro comparsa nelle edicole. Però mi sono un po’ documentato. The Brave and the Bold (come ho già accennato in un post precedente) era una testata contenitore che esordiva addirittura nel 1955 (per la cronaca, due anni prima che nascesse mia madre...), ma per i primi anni aveva una impostazione un po’ diversa da quella che la caratterizzò in seguito. In quel periodo, il fumetto di supereroi non si era ancora ripreso dalla batosta della seconda guerra mondiale, e le storie che erano contenute nella testata raccontavano di guerrieri fantastici che vivevano le loro avventure in luoghi e tempi remoti. All’inizio degli anni Sessanta, la testata cambia registro, e compaiono personaggi come Flash, Hawkman e i componenti della Squadra suicida. Ancora qualche anno, e la dirigenza decide di accogliere una richiesta dei lettori, introducendo storie team-up, cioè in cui due personaggi, di solito solitari, si uniscono per affrontare una minaccia comune. Sul finire degli anni Sessanta, a farla da padrone in quanto a popolarità era Batman, che grazie alla notorietà raggiunta dalla serie televisiva di Adam West, compariva in tutte le testate, ed era perfetto per il ruolo di protagonista fisso dei team-up di The Brave and the Bold. È proprio in quegli anni che vengono prodotte le magnifiche versioni di Batman ad opera di Neal Adams prima e Nick Cardy poi, anche se il premio come disegnatore più longevo dell’uomo pipistrello spetta sicuramente a Jim Aparo, che ne disegnò le avventure su questa testata dal 1971 al 1983, anno in cui fu chiusa.
Quando ho saputo che sarebbe uscita una serie di volumi con la ristampa di questo ciclo di storie, non ho saputo resistere. Dovevo cogliere l’occasione di leggere le storie di cui molti appassionati più grandetti di me mi avevano parlato. E devo dire che non mi pento di averlo fatto. Ho avuto l’opportunità di leggere storie a fumetti completamente diverse da quelle a cui sono abituato. Non tanto per le impostazioni delle tavole o per il gergo narrativo, entrambi molto diversi da quelli di oggi. Più che altro, è l’intenzione che sta dietro a quelle storie che mi ha sorpreso. Sono abituato a vedere Batman come un eroe tetro e oscuro, avvezzo a nascondersi nelle ombre notturne di Gotham city, o a passare interi giorni rinchiuso nella sua caverna. In quelle storie, invece, anche se mantiene un profilo piuttosto gotico, ho scoperto un Batman che si muove anche alla luce del sole, che si rivolge alle autorità, che viene considerato un’istituzione non solo nella sua città, ma a livello internazionale. Devo dire che, se devo scegliere tra i due, preferisco il Batman più moderno, ma anche l’altro ha un suo fascino. Non so se la mia opinione è corretta, ma credo che quello degli anni Settanta rispondesse ad un desiderio di divertimento del pubblico, che quando leggeva un fumetto non voleva trovarsi davanti gli orrori della vita quotidiana, ma semplicemente rilassarsi e godersi qualche ora in compagnia di avventure in cui l’eroe vinceva sempre, in cui non c’erano tragedie. E per quello scopo, quelle storie erano perfette.
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