giovedì 17 luglio 2008

Donna per caso

Quando vai in libreria con l’intento di comprare qualcosa, ma non sai affatto cosa, ti può capitare di portare con te una cifra tonda, tipo venti euro. Capita raramente, ma capita. Altrettanto raramente, ma anche questo capita, di tutti i libri che sfogli e tocchi e guardi e assapori, quello che ti attrae di più (dovendo per forza sceglierne uno e uno solo), ti lascia una piccola somma di resto. Però c’è qualcosa di maleducato nel riportare a casa e riporre nel salvadanaio parte di quella somma che era stata destinata nelle intenzioni interamente all’acquisto di un libro. È come se si offendesse in qualche modo il concetto stesso di libro. Quindi cosa si può fare? Capita (lo so, il mio sta diventando abuso di vocabolo, ma capirete in seguito perché lo faccio) che guardando un ripiano in cui sono esposte alcune decine di edizioni economiche, l’occhio cada su un nome in particolare. Là sopra c’era di tutto: Agnello Hornby, Allende, Benni, Vonnegut, Wilde... e nella fila in alto a sinistra, Jonathan Coe. Un solo titolo, quasi fosse finito lì per caso. È piccolo di spessore... potrebbe essere una buona risposta al problema del resto. No, è un po’ di più, proprio di un niente... Però... per caso, c’è uno sconto per chi ha la tessera della libreria. Per caso, io ce l’ho. Il conto è giusto. Non resta che pagare, tornare a casa, mettere le copertine a entrambi, e iniziare a leggere. Il caso vuole che questo sia il secondo. È più piccolo, e aspetterà, e poi la prima scelta era l’altro. Per caso, il primo libro è agli sgoccioli quando sono in procinto di tornare in paese per il fine settimana. Così, per caso, il libro finisce insieme al fratello maggiore, nello zaino. Il sabato sera a Cefalù si legge, di solito, chiuso in una stanza blindata di zanzariere. Di solito. Però, quella sera, per caso, i miei genitori sono invitati a cena fuori, e, per caso, in TV c’è un film che mi fa piacere rivedere. L’inizio del nuovo libro è rimandato a domenica, nel viaggio di ritorno in treno. Però, di solito, il treno delle 17.04 è strapieno quando passa da Cefalù, quindi spesso si sta in piedi davanti alla porta, ed è difficile leggere, figurarsi cominciare un libro nuovo, cosa che richiede molta concentrazione e dedizione. Stavolta, per caso, il treno delle 16.20 ha venticinque minuti di ritardo, si è appena fermato quando entro in stazione. Mi informo, oblitero, salgo e trovo una carrozza quasi vuota. Per caso, in un pomeriggio di scirocco pazzesco, c’è pure l’aria condizionata che funziona. Non ci può essere condizione migliore per cominciare a leggere “Donna per caso”.

Non sono impazzito (beh, tanto normale non sono stato mai, in realtà), ma c’è un motivo se ho usato tante volte la parola caso. Non era per creare quello che in gergo si definisce col diminutivo di questa parola, ma perché il caso è il vero protagonista della storia. D’altronde, lo dichiara il titolo stesso. Per caso parliamo di Maria, ma avremmo potuto scegliere anche un’altra donna. La sua storia non è più interessante di quella di altri esseri umani, anche perché bisognerebbe conoscere una grossa quota degli altri essere umani per stilare una classifica. Maria potrebbe eccellere, nella sua vita. Potrebbe. È brava a scuola, ha una buona famiglia, è molto carina e diventerà molto bella. Ma c’è qualcosa che non quadra. Maria vive perché è successo così. Per quanto possa fare delle scelte nel suo percorso esistenziale, è stranamente consapevole che il caso è più forte della volontà umana. Sarà il caso a metterle accanto certe persone, con le quali condividerà una casa a Oxford, durante gli studi. Sarà il caso a far sì che un ragazzo si innamori di lei al punto da chiederle di sposarla ogni volta che la incontra, per dieci anni. Sarà il caso a decidere che lei non debba provare per lui niente più che un leggero fastidio all’inizio e una specie di amicizia alla fine. Né tanto meno potranno essere considerate sue scelte in senso stretto il suo matrimonio, il suo divorzio, la sua solitudine... la sua vita. Una vita di cui vediamo solo alcune parti. In realtà, non stiamo vedendo un bel niente. C’è qualcuno che ci parla, da quelle pagine. Sì, sta parlando proprio a te, a te che adesso leggi queste righe, e anche a quell’altro, dietro di te, che fa finta di non essere interessato ma sta leggendo tutto, e non capisce perché diavolo sei così lenta a leggere e non fai scorrere quella dannata rotellina per andare avanti. È lui che decide cosa è importante, che cosa vale la pena di sapere della vita di Maria e che cosa no. Ma come, non succedeva tutto per caso, in questo post? E ora c’è uno che decide? Beh, in realtà è un caso che lui abbia deciso di parlarci. In fondo, se avessi avuto quindici euro in tasca invece di venti, non sarebbe successo niente di tutto questo. Ma torniamo al romanzo. Anche se, guarda caso, c’è poco altro da dire. Potrei dire che è una splendida narrazione. Potrei dire che rivaleggia con opere filosofiche in quanto a caratterizzazione intimistica dell’animo umano. Potrei dire che lascia l’amaro in bocca la sua conclusione, come uno starnuto che non riesci a fare. Come se, per caso, all’autore fosse finita la penna mentre lo scriveva, e per caso non ne aveva altre in casa, e per caso era domenica sera e non c’era nessun negozio aperto per comprarne una nuova, e quindi l’ha lasciato così. Potrei dire tutte queste cose, ma non credo che lo farò. In effetti, non voglio farlo. E se dovesse succedere che io le dica, sarà successo solo per caso. Perché, ancora una volta, il caso ha vinto sulla volontà. Si potrebbe parlare di tante altre cose. Però si correrebbe il rischio che tutti quelli che per caso hanno letto queste righe si annoino. E difficilmente il caso concede una seconda occasione. Maria lo sa bene. Si è sposata la prima volta con un uomo crudele che dopo qualche anno ha chiesto il divorzio e l’ha ottenuto, e quando ha detto sì all’uomo che l’ha corteggiata per dieci anni, lui ci ha ripensato. Meglio lasciarci con una citazione in proposito. Sempre che, per caso, abbiate avuto la bontà di arrivare fino in fondo.

“E così tu credi che il matrimonio sia con ogni probabilità la risposta a tutti i miei problemi e a quelli di chiunque altro?”.
“Non è così semplice, ovviamente, Maria,” rispose Sarah con un sorriso dolce. “ ‘Il matrimonio ha molti dolori, ma il celibato non ha piaceri’, come disse qualcuno uno volta”.

2 commenti:

Fra ha detto...

Oggi non sono passata di qua per caso. Sono passata perchè so che posso trovare recensioni del genere. E non andrò in libreria per caso. Ci andrò per comprare questo libro.
Un abbraccio e buon w/e
Fra

Adryss ha detto...

Però, quando sarai in libreria, potresti trovare, per caso, qualche altro libro che ti piace. E se non lo troverai, sarà stato solo un caso che tu non l'abbia trovato. Magari succederà la prossima volta. O magari non succederà mai.

Per ora sto rileggendo la saga "The Sandman". In un capitolo, c'è una descrizione che Destino da di sè e di suo fratello Sogno. Destino dice che lui è il signore di tutto ciò che è, è sempre stato e sempre sarà, mentre Sogno è il signore di tutto ciò che non è, non è mai stato nè mai sarà. Potremmo dire che entrambi si dividono il regno del caso. Tu conosci "The Sandman"? Se no, te lo consiglio vivamente. La Planeta deAgostini lo sta ristampando per intero, in volumetti mensili, ad un prezzo quasi regalato, per l'opera. Ne sono usciti otto, ma sono facili da trovare, anche ordinandoli. Se vuoi iniziare a leggere qualcosa a fumetti, te lo consiglio davvero. E' un'occasione da non perdere. Alla prossima, un abbraccio anche a te.