Siamo in Irlanda, nel IX secolo, e le coste dell’isola sono tormentate dalle scorribande dei navigatori vichinghi, che saccheggiano, incendiano e uccidono ogni cosa e persona che incontrano sul loro cammino. I nobili irlandesi sono alle prese con una situazione politica interna molto instabile, e poco si curano di qualche monastero della costa dato alle fiamme. L’abate invece è seriamente preoccupato, ma, incurante dei suggerimenti dei suoi consiglieri, invece che una soluzione di forza ne sceglie una di astuzia. L’unico modo sicuro per liberarsi delle scorribande dei barbari sarebbe convertirli al cristianesimo. Compito tutt’altro che facile, perché comporterebbe il sacrificio di devoti missionari che sono una risorsa per la chiesa non facilmente rimpiazzabile, tra l’altro senza alcuna garanzia di successo. Ma se i migliori e più devoti uomini di chiesa non hanno possibilità di riuscire in tale impresa, forse i peggiori... È secondo questa teoria che sette monaci che si sono lasciati alle spalle i sacri principi della Chiesa, ognuno rappresentante di uno dei sette peccati capitali, vengono reclutati per la missione. Proprio quest’ultima trovata narrativa è forse l’espediente più riuscito e divertente della storia. Dove la devozione e gli alti valori morali non hanno potuto nulla per far abbandonare ai pagani i loro costumi, riusciranno i più bassi comportamenti portati avanti dai sette monaci a farli integrare nella società dei vichinghi, fino a rendere questi ultimi veri e propri seguaci della Chiesa cristiana. E poco importa se a stimolare questa conversione siano quegli stessi peccati che dai barbari vengono visti come pregi dell’intelletto. In fondo, per i vertici della Chiesa, e per i sovrani irlandesi, quello che conta è avere assicurato le loro coste dalla scorribande vichinghe. Se questo vuol dire aver vestito di porpora sette monaci rinnegati, la cui unica ambizione di vescovi sarà quella di soddisfare i propri desideri personali, pazienza.
mercoledì 30 dicembre 2009
Sette missionari
Siamo in Irlanda, nel IX secolo, e le coste dell’isola sono tormentate dalle scorribande dei navigatori vichinghi, che saccheggiano, incendiano e uccidono ogni cosa e persona che incontrano sul loro cammino. I nobili irlandesi sono alle prese con una situazione politica interna molto instabile, e poco si curano di qualche monastero della costa dato alle fiamme. L’abate invece è seriamente preoccupato, ma, incurante dei suggerimenti dei suoi consiglieri, invece che una soluzione di forza ne sceglie una di astuzia. L’unico modo sicuro per liberarsi delle scorribande dei barbari sarebbe convertirli al cristianesimo. Compito tutt’altro che facile, perché comporterebbe il sacrificio di devoti missionari che sono una risorsa per la chiesa non facilmente rimpiazzabile, tra l’altro senza alcuna garanzia di successo. Ma se i migliori e più devoti uomini di chiesa non hanno possibilità di riuscire in tale impresa, forse i peggiori... È secondo questa teoria che sette monaci che si sono lasciati alle spalle i sacri principi della Chiesa, ognuno rappresentante di uno dei sette peccati capitali, vengono reclutati per la missione. Proprio quest’ultima trovata narrativa è forse l’espediente più riuscito e divertente della storia. Dove la devozione e gli alti valori morali non hanno potuto nulla per far abbandonare ai pagani i loro costumi, riusciranno i più bassi comportamenti portati avanti dai sette monaci a farli integrare nella società dei vichinghi, fino a rendere questi ultimi veri e propri seguaci della Chiesa cristiana. E poco importa se a stimolare questa conversione siano quegli stessi peccati che dai barbari vengono visti come pregi dell’intelletto. In fondo, per i vertici della Chiesa, e per i sovrani irlandesi, quello che conta è avere assicurato le loro coste dalla scorribande vichinghe. Se questo vuol dire aver vestito di porpora sette monaci rinnegati, la cui unica ambizione di vescovi sarà quella di soddisfare i propri desideri personali, pazienza.
mercoledì 23 dicembre 2009
The best is yet to come - Original main theme of Metal Gear Solid Twin Snakes
Versione gaelica
An cuimhin leat an grá
Crá croí an ghrá
Níl anois ach ceol na h-oíche
Táim sioraí i ngrá
Leannáin le smál
Leannáin le smál
Lig leis agus beidh leat
Lig leis agus beidh grá
Cuimhne leat an t-am
Nuair a bhí tú sásta
An cuimhne leat an t-am
Nuair a bhí tú ag gáire
Tá an saol iontach
Má chreideann tú ann
Tug aghaidi ar an
saol is sonas sioraí inár measc
Céard a tharla do na laethanta sin
Céard a tharla do na h-oícheanta sin
An cuimhin leat an t-am
Nuair a bhí tú faol bhrón
An cuimhin leat an t-am
Go sioraí sileadh na ndeor an ormsa nó orainne a bhí an locht
Ag mothú caiite s'ar fán
Cén fáth an t-achrann is sileadh na ndeor
Tá áilleacht sa saol
Má chuardaíonn tú e
Tá gliondar sa saol
Cuardaimís e...
Traduzione inglese
Do you remember the time when little things made you happy
Do you remember the time when simple things made you smile
Life can be wonderful if you let it be
Life can be simple if you try
What happened to those days?
What happened to those nights?
Do you remember the time when little things made you so sad
Do you remember the time when simple things made you cry
Is it just me, or is it just us
Feeling lost in this world?
Why do we have to hurt each other?
Why do we have to shed tears?
Life can be beautiful if you try
Life can be joyful if we try
Tell me I am not alone
Tell me we are not alone in this world fighting against the wind
Do you remember the time when simple things made you happy
Do you remember the time when simple things made you laugh
You know life can be simple
You know life is simple
Because the best thing in life is yet to come
Because the best is yet to come...
Traduzione italiana
Ti ricordi il tempo in cui piccole cose ti rendevano felici?
Ti ricordi il tempo in cui le piccole cose di facevano sorridere?
La vita può essere meravigliosa se lasci che lo sia
La vità può essere semplice se ci provi
Cos'è successo a quei giorni?
Cos'è successo a quelle notti?
Ti ricordi il tempo in cui quelle piccole cose ti rendevano triste?
Ti ricordi il tempo in cui quelle piccole cose ti facevano piangere?
È proprio come me, o è proprio come noi
sentendoci persi in questo mondo?
Perchè dobbiamo ferirci ancora?
Perchè dobbiamo versare altre lacrime?
La vita può essere meravigliosa se ci provi
La vita può essere gioiosa se ci proviamo
Dimmi che non sono solo
Dimmi che non siamo soli che combattiamo contro il vento in questo mondo
Ti ricordi il tempo in cui le cose ti rendevano felice?
Ti ricordi il tempo in cui le cose ti facevano ridere?
Sai che la vita può essere semplice
Sai che la vità è semplice
Perchè le cose migliori della vita devono ancora venire
Perchè il meglio deve ancora venire...
lunedì 21 dicembre 2009
Team medical dragon
Prima di questo, l’unico altro esemplare di manga medico che riesco a ricordare è “Black Jack” di Osamu Tezuka. Volendo forzare un po’ la mano, potremmo includere nel genere anche “Monster” di Naoki Urasawa, che sebbene non abbia come argomento la medicina, ha per protagonista un chirurgo e sulle sue pagine si vedono non pochi episodi di vita medica. E qui ci fermiamo. Mentre proliferano a dismisura film e telefilm ambientati in ospedali e dintorni, nel mondo del fumetto poco si muove. E dire che in Giappone già da diversi anni il manga medico rappresenta un genere a sé stante. Negli anni 1970 – 1971, proprio Tezuka realizza il primo manga di argomento medico, “Kirihito Sanka”, per poi dedicarsi, a partire dal 1973, a “Black Jack”, considerato uno dei manga migliori della storia del fumetto. Negli anni Ottanta, ancora il maestro Tezuka scrive “Hidamari no ki” (L’albero al sole), che ha come protagonista il suo bisnonno, un medico vissuto a metà Ottocento. “Black Jack” è da considerare il principale responsabile della esplosione dei manga ambientati in sale operatorie, cliniche e ospedali, che, specialmente a partire dagli anni Novanta, ha generato una vastissima serie di opere di questa impostazione. Esistono manga medici di tutti i generi, dal drammatico al comico, dal giallo al thriller. Ma non sto parlando solo di un fenomeno quantitativo, ma anche culturale. Ben lontano dalla interpretazione occidentalista, in cui tutto quello che viene scritto è in qualche modo considerato, con pochissime eccezioni, fuori dalla realtà e quindi irrilevante ai fini pratici, in Giappone un manga come “Say hello to Black Jack” fece scandalo agli inizi del 2000 denunciando le precarie condizioni in cui lavoravano i medici di diverse strutture assistenziali, riuscendo addirittura a far cambiare alcune leggi per migliorare la situazione. “Team medical dragon” si inserisce proprio in questo filone che potremmo definire socialmente coinvolto, in quanto il contesto della storia è rappresentata dall’ambiente degli ospedali universitari.
Il giovane dottor Asada è un genio della chirurgia, uno per cui quasi niente è impossibile, e proprio per queste sue strabilianti qualità viene reclutato dalla dottoressa Kato nello staff dell’ospedale universitario Meishin, con lo scopo di dirigere il team che dovrà portare a termine una difficilissima operazione sperimentale da inserire in un progetto di ricerca. Ma Asada unisce alla sua capacità medica fuori dal comune una innata intolleranza alle logiche affaristiche e manageriali che attanagliano gli ospedali universitari, luoghi dove la corruzione e l’opportunismo fanno a pezzi qualsiasi principio etico, al punto che si operano solo pazienti che possono affrontare bene gli interventi per non abbassare la media delle operazioni portate a termine con successo, o che i chirurghi accettino “regali” in denaro per far sì che tutto vada per il meglio. Ovviamente Asada, forte delle sue capacità e della fiducia in se stesso, fa di tutto per opporsi a questo regime corrotto, scegliendo di non scendere mai a compromessi e di cambiare le cose per quanto può. In particolare saranno proprio la dottoressa Kato e il giovane assistente Ijuin a sperimentare la prorompente forza di carattere di Asada, che riuscirà a poco a poco a sradicare le deviate convinzioni inculcate nei colleghi da anni e anni di quel regime. Scontrandosi spesso con la collega Kato, che invece ritiene che l’unico modo per cambiare qualcosa sia infiltrarsi all’interno del sistema universitario scendendo a compromessi e agendo con osservanza delle regole fino a che non si avrà un potere sufficiente per cambiarle.
Un’opera che, a dispetto di quanti considerano il fumetto come un mero passatempo privo di valore culturale, si pone come strumento di denuncia del pessimo ambiente medico universitario, che andrebbe letto anche solo per rendersi conto che certe cose accadono senza che gli stessi interessati si pongano il problema di considerarne la correttezza, e che dovrebbe spingere ad una profonda riflessione non solo culturale e sociale, ma anche economica e politica tutti coloro che sono responsabili di questo andazzo. E mi rivolgo in particolare ai giovani medici come me che conosco il serio rischio di lasciarsi impantanare in queste logiche solo perché il contrastarle può portare non pochi svantaggi. Perché, contrariamente a quanto ci dice la pubblicità, non è così divertente vincere facile, c’è molta più soddisfazione a vincere difficile.
venerdì 18 dicembre 2009
American Gods
Chissà perché (dovremmo chiederlo direttamente a lui), Gaiman ha sempre avuto molta affinità con il concetto di divinità (giuro che non volevo affatto fare la rima!). In quella che è universalmente riconosciuta come la sua più grande opera, la saga di “Sandman”, compaiono a più riprese decine di dei più o meno noti, e gli stessi Eterni, sebbene per sua stessa precisazione non siano degli dei, hanno caratteristiche che li avvicinano molto a entità divine. Ma anche in altre sue opere, come “Mistero celeste”, c’è una vicinanza con i temi del divino che non può essere casuale. E la stessa cosa accade in “American Gods”.
Appena uscito di prigione, senza più famiglia né lavoro, Shadow deve trovare un modo per sopravvivere. Il caso, o almeno così lui crede, gli fa incontrare il misterioso signor Wednesday, che gli propone di lavorare per lui. Non sapendo cos’altro fare, e incuriosito piuttosto che spaventato dalle inquietanti stravaganze dell’uomo, Shadow accetta. Ma all’inizio non si rende conto che il suo nuovo datore di lavoro altri non è che il signore degli Asi, il dio delle forche, Odino, il padre universale della mitologia nordica, arrivato in America secoli prima su una nave vichinga e adesso costretto a rimediare da vivere come può. Odino non è certo l’unico dio ad essere approdato nel Nuovo Mondo, lo hanno fatto anche molte altre divinità di religioni originarie di altre terre, giunte in America con i loro popoli, che per scelta o per costrizione sono emigrati in questo paese. Infatti, perché esista un dio, è sufficiente un uomo che ci creda, che lo invochi e che lo preghi, e così fanno la loro comparsa in America la celtica Easter, l’africano Anansi, lo slavo Cernobog e molti altri. Ma, col passare del tempo, sempre meno uomini credono in questi antichi dei, cosa che affievolisce il loro potere, e sempre di più prendono campo i nuovi dei del mondo, il Denaro, i Media, la Finanza, le Patatine fritte, e così via. Per questo, il signor Wednesday vuole reclutare quanti più antichi dei è possibile, per muovere guerra ai nuovi e riconquistare il posto che ritiene gli spetti nel Nuovo Mondo. Per questo scopo, ha bisogno di Shadow, che da semplice autista e guardia del corpo diventerà lo strumento di persuasione per tutti gli altri dei. Ma quale prezzo dovrà pagare Shadow per compiere questa missione? E quale sarà il vero scopo di Wednesday? Tutto questo lo si potrà scoprire solo mettendosi in viaggio sulle strade d’America, la profonda e sconfinata America, deserta e solitaria come il deserto e le montagne, non quella piccola e affollata di metropoli e grattacieli.
Un romanzo che può essere visto in molti modi: enciclopedia degli dei delle principali religioni del mondo, road story sulle strade della profonda America, scoperta di se stessi e delle proprie motivazioni, intricato complotto per la conquista dell’animo umano. C’è spazio perfino per i sentimenti, per la tormentata storia tra Shadow e la defunta moglie Laura. Più di questo, non so proprio cosa altro il buon Neil potesse scrivere, in un solo libro!
“Pensavo di essere già nel regno dei morti” disse Shadow.
“No. Non ancora. Siamo in una fase preliminare”.
L’imbarcazione scivolava sulla superficie immobile dell’acqua sotterranea. Poi, senza muovere il becco, il signor Ibis continuò: “Voi parlate di vivi e morti come se si trattasse di due categorie che si escludono a vicenda, come se non si potesse avere un fiume che è anche strada, o una canzone che è anche colore”.
“Infatti non si può” disse Shadow. “Vero?”. Dall’altra sponda l’eco rimandava le sue parole in un sussurro.
“Devi ricordare” riprese il puntiglioso signor Ibis “che la vita e la morte sono due facce della stessa medaglia. Come testa e croce sulla moneta”.
“E se avessi una moneta truccata?”.
“Non ce l’hai”.
lunedì 14 dicembre 2009
Sette pirati
“Sette pirati” è una rivisitazione del famoso romanzo “L’isola del tesoro” di Robert Luis Stevenson, e dell’opera originale riprende molti dei temi narrativi. Jim Howkins è cresciuto, e sono passati già quindici anni da quando è tornato dalla spedizione che per la prima volta era partita alla ricerca del famigerato tesoro del capitano Flint. Ora Jim è un commerciante coperto di debiti e costretto a vendere la sua nave e a rinunciare ai suoi sogni di uomo di mare. Ma quando un notaio gli propone di far parte di una spedizione di sette uomini per tornare sull’isola di Flint a cercare il secondo dei suoi nascondigli del tesoro, Jim non solo vede l’occasione per riconsolidare le sue finanze traballanti, ma sente anche il prepotente richiamo dell’avventura, al quale non sa resistere. Con alcuni componenti della vecchia ciurma, Jim parte alla volta dei Carabi, alla ricerca di un nuovo tesoro. Ma anche stavolta, intrighi e tradimenti, nonché le ambizioni di un pirata ossessionato dal mito di Flint, si opporranno alla sua ricerca. Se Jim e i suoi compagni riusciranno a cavarsela e a trovare il tesoro, nonché a scoprire il misterioso committente che li ha ingaggiati, lo sapremo solo leggendo il bel racconto di Pascal Bertho e Tim McBurnie.
Un volume ricco di citazioni dell’opera originale, che suscita non poca nostalgia in chi si era appassionato tanto a quelle storie da sperare un giorno di viverle realmente. Molto carina, in questo senso, la scena in cui il giovane mozzo della spedizione, Bjorn, finisce nel barile delle mele e così viene a conoscenza del complotto che si sta tramando alle spalle del gruppo, proprio come Jim, quindici anni prima, aveva scoperto nello stesso modo le trame di Long John Silver. Un gioco di citazioni che è tutto un omaggio da parte degli autori al romanzo dello scrittore inglese, ma anche un invito a non perdere mai di vista i propri sogni.
“Ognuno cerca il suo tesoro, Jim... Qual è il vostro? L’avventura, forse? Avete ragione. Buona o cattiva, l’avventura è la vita!”.
martedì 1 dicembre 2009
The Brave and the Bold - Il libro del destino
Proprio questo è l’atteggiamento narrativo che ispira le storie di “The Brave and the Bold”, serie che prende in prestito un classico titolo dell’età dell’oro dell’universo DC. In questo secondo volume, leggiamo un arco narrativo che si riallaccia al primo, ma perfettamente godibile anche da chi non l’ha letto. Così, un lettore assiduo di tutte le serie DC coglierà qualche riferimento alla imminente crisi che incombe sull’universo, ma il non sapere che esiste un progetto chiamato “Crisi finale” che sta vedendo la luce in questo periodo non penalizza la lettura. È proprio questo il motivo per cui questa serie è così ambita dagli autori, perché dà modo di spaziare con la creatività e inoltre permette di utilizzare più di un protagonista, senza preoccuparsi di fastidiosi legami con altre testate. Se ci aggiungiamo il carattere tipicamente avventuroso, nel puro stile dei supereroi di qualche decennio fa, abbiamo un’opera divertente e rilassante, da godersi appieno, che ci fa conoscere meglio personaggi che abbiamo già visto all’opera e ce ne mostra lati interessanti e unici per il contesto in cui si trovano ad agire. Non dico nulla volutamente sulla storia, preferisco lasciarla a quanti vorranno godersi una piacevole lettura.
lunedì 23 novembre 2009
The wrong hole
“The wrong hole” è la storia di un ragazzo comune, sicuramente non uno di quelli che potrebbero fare un film sui vampiri o su una scuola di musica, che ha un appuntamento con una ragazza bellissima. Ci esce a cena, tornano a casa di lei, e tutto va come previsto. Tutto, tranne una cosa, quella che dà il titolo al video. Così, il ragazzo cerca in tutti i modi di scusarsi, si dispera e cerca di trovare un modo per riparare all’errore, ma lei sembra non volerne sapere. Infine, mentre si trova, solo e malinconico, seduto in spiaggia a fissare il mare, lei torna, e tutto finisce per il meglio.
Volendoci trovare una morale, credo che sia una cosa che capita spesso nei rapporti con una persona. Per uno sbaglio, una distrazione, si può rischiare di rovinare tutto quello che si è cercato di costruire con tanti sacrifici e tanta pazienza. Ma proprio perché si tratta di una piccolezza, bisognerebbe imparare a passarci sopra con più serenità di quanto nella realtà non avvenga, visto che è facile essere pronti a puntare il dito e giudicare, mentre è molto più difficile capire. Anche chi non ha sbagliato può fare il primo passo sulla strada del ricongiungimento, e questo non lo rende più stupido o più debole, anzi. Ci vuole molta più forza a perdonare che ad odiare.
giovedì 19 novembre 2009
Marina
Non è un caso, infatti, che Oscar, il protagonista, sia un adolescente, studente di collegio di una Barcellona di fine anni Settanta. E come tutti gli adolescenti, trascorre i suoi giorni in un alternarsi di sogno e insofferenza, che lo portano ad allontanarsi dalle opprimenti mura del collegio per esplorare il mondo. In una di queste fughe si imbatte in Marina e in suo padre German. È proprio per merito (o per colpa) della ragazza che Oscar viene catapultato in una storia di misteri e orrori che si è insinuata nella città venendo da molto lontano, nella quale sono coinvolti numerosi personaggi, alcuni dei quali cominciano a morire in circostanze a dir poco misteriose. È nel risolvere questi misteri che Oscar scopre i sentimenti per Marina che crescono dentro di lui, con le paure e le contraddizioni di quell’età, al punto che la sottotrama sentimentale finisce per essere ancora più coinvolgente del mistero in sé.
Romanzo da leggere senza troppe pretese, per rilassarsi e divertirsi senza cercare sofismi sul significato della vita o sullo scopo dell’umanità sulla Terra.
La domenica mi piantai come un chiodo alla stazione Francia. Mancavano ancora due ore all’arrivo dell’espresso da Madrid. Ingannai il tempo girando per l’edificio. Sotto la sua volta, treni e persone sconosciute si riunivano come pellegrini. Avevo sempre pensato che le vecchie stazioni ferroviarie fossero tra i pochi luoghi magici rimasti al mondo. I fantasmi di ricordi e di addii vi si mescolano con l’inizio di centinaia di viaggi per destinazioni lontane, senza ritorno. “Se un giorno dovessi perdermi, che mi cerchino in una stazione ferroviaria” pensai.
giovedì 12 novembre 2009
(Se non l'avete capito finora, non so più come dirlo!) - Quarta parte
Fine
martedì 10 novembre 2009
(Basta ripeterlo, tanto ormai l'avete capito!) - Terza parte
Fine terza parte
domenica 8 novembre 2009
Quello di prima (mi abbutta riscriverlo) - Seconda parte
Fine seconda parte
mercoledì 4 novembre 2009
“There and back again. A human’s tale by Filippo Maria Longo” (Andata e ritorno. Un racconto umano di Filippo Maria Longo) - Prima parte
Fine prima parte.
lunedì 26 ottobre 2009
Si parte!
La canzoncina di "Lucca Comics & Games"
Questa notte mi ha aperto gli occhi
Romanzo molto particolare, questa ultima pubblicazione di Jonathan Coe. Intanto perché, a dispetto della sua data di uscita, la fine del 2008, la gran parte di esso è stata scritta quasi vent’anni prima, nel 1990. In questo senso, è forse uno dei primi romanzi di Coe, di sicuro precedente ai titoli che gli hanno giustamente conferito il successo a livello internazionale. Particolare anche perché, forse in misura maggiore di quanto lui stesso voglia ammettere, lo potremmo definire un romanzo autobiografico. Come ci spiega nella breve introduzione (scritta appunto nel 2008 in occasione della pubblicazione), l’idea della storia nasce proprio dalla sua esperienza personale nel campo della musica. E proprio la musica è il protagonista fondamentale del romanzo, quella musica traboccante di sperimentazioni che negli anni Novanta era praticamente una regola di vita. A quanto pare, il pianoforte è sempre stata la sua più grande passione, superiore addirittura a quella della scrittura, e solo perché non è riuscito a trovare la strada giusta in questo senso Jonathan Coe ha deciso che nella vita avrebbe scritto piuttosto che suonato. Per fortuna, dico io, non essendo granché appassionato di musica, certamente non tanto quanto lo sono di narrativa. La musica, dicevo. Non c’è pagina della storia in cui non ci sia un riferimento esplicito a questa arte, gli stessi capitoli scorrono come i movimenti di un’opera classica, ritmati e scanditi come le battute di uno spartito. In fondo, la musica è un linguaggio, forse il più antico e universale che esista. E anche con la musica, Coe crea i suoi personaggi: William, Madeline, Karla, e tesse una storia intricata, tra passato e presente, che a tratti ha il gusto del comico e del grottesco, a tratti si tinge dei colori del noir, e in buona parte conserva un alone intimista e psicologico che armonizza tutto. Presi in maniera isolata, questi argomenti potrebbero sembrare banali, soprattutto se si conoscono le altre opere di Coe e il modo in cui in questi sono rappresentati. Ma grazie a quel tema musicale in sottofondo, si armonizzano in una storia chiara e gradevole, che parte forse lenta e armonica, ma procede di buon passo verso il crescendo finale in cui sarà tutto un esplodere di grancassa e piatti. E poi, a chiudere tutto, un delicato frammento di melodia per archi, un momento del protagonista cinque anni dopo le vicende della storia principale. E così, arrivati all’ultima pagina, non può venirci in mente nient’altro che andare in città, a cercare gli occhiali che da tutta la settimana pensavamo di comprarci!
Ero talmente innamorato di Madeline che a volte, sul lavoro, mi mettevo quasi a tremare pensando a lei: mi agitavo di paura e di piacere e finivo per far crollare pile di dischi e di cassette. Per questo non mi preoccupavo un granché se la nostra intesa non era delle migliori. Litigare con Madeline era meglio che scopare con qualsiasi altra donna al mondo. L’idea di essere felici assieme – di star sdraiati nello stesso letto, silenziosi e mezzi addormentati – era talmente paradisiaca che non riuscivo nemmeno a visualizzarla.
venerdì 16 ottobre 2009
Sette ladri
L’imperatore dei nani è morto, e tra complotti e omicidi si deve svolgere l’incoronazione del successore. Il che comporta che la quasi totalità del popolo dei nani lascerà la montagna in cui è nascosto il leggendario tesoro, lasciandolo pressoché incustodito. Occasione irresistibile per due nani rinnegati, che non ci metteranno molto a mettere insieme una banda di sette furfanti decisi a rischiare la vita per guadagnarsi il benessere e il lusso per il resto dei loro giorni. Ma i pericoli da affrontare non saranno solo quelli prevedibili, come le guardie nella caverna ed il guardiano che sorveglia l’entrata della stanza del tesoro. Altri nemici agiscono inosservati, sia al di fuori che all’interno del gruppo, e più di una vita sarà messa in pericolo.
Per chi non si annoia mai ad entrare nei regni della fantasia, una storia piacevole e leggera, adatta per passare un’ora o poco più di una domenica mattina rilassati in poltrona, dimenticandosi di tutto quello che attende nel mondo reale.
domenica 11 ottobre 2009
Batman Arkham asylum
Una scelta vincente è stata quella di dare un’ambientazione precisa ma variegata, l’isola Arkham con tutte le sue costruzioni. Questo rende l’azione ben definita in un luogo che si impara a conoscere nei dettagli, ma permette di spaziare in zone e ambienti diversi. Altra cosa intelligente è stata rendere gli extra come parte del gioco principale. Di solito, tesori da trovare ed enigmi da svelare sono solo un mero contorno per chi predilige l’esplorazione all’azione del gioco, con il difetto che se si dedica troppo tempo ad esplorare, si finisce per perdere la dinamicità della storia. Qui invece siamo ‘costretti’ a dedicarci anche alle sfide che l’Enigmista ci propone, perché, oltre a sbloccare contenuti speciali, ci fanno acquisire punti esperienza, che sono quelli con cui Batman recupera forza vitale e acquisisce crediti da spendere in potenziamenti. Inoltre, molti di questi enigmi non saranno accessibili da subito, e lo diverranno con l’acquisizione di alcuni bat-gadget nel corso della storia, cosa che ci obbligherà a tornare più volte nello stesso edificio o zona dell’isola. Aggiungiamoci che questi enigmi sono una continua sfida a conoscere sempre meglio il mondo del Cavaliere oscuro, essendo dei riferimenti alla storia del personaggio e dei suoi avversari, e ci spieghiamo come un vero appassionato non potrà fare a meno di raccogliere la sfida dell’Enigmista a risolvere tutti i suoi indovinelli.
Altro punto di forza: non bisogna solo picchiare. Sebbene Batman se la cavi benissimo negli scontri corpo a corpo, l’azione non è l’unica attività del gioco. Ci sarà anche molto ragionamento, molta esplorazione e alcune indagini da svolgere per proseguire. D’altro canto, stiamo pur sempre guidando il miglior detective del mondo. Infine, gli scontri con i nemici storici di Batman saranno tutti all’insegna della strategia di combattimento, e a niente varrà l’uso della sola forza bruta. Spettacolari, in questo senso, gli scontri con lo Spaventapasseri, ma anche con Poison Ivy, Bane, Killer Croc e il Joker nello scontro finale. In definitiva, un gioco che coinvolge e vale la pena di avere, non solo per chi come me è appassionato delle storie a fumetti del personaggio, ma anche per chi lo conosce solo dagli ultimi film.
Trailer
mercoledì 7 ottobre 2009
La foglia grigia
“La foglia grigia” è il primo giallo che leggo ad essere ambientato in un periodo storico piuttosto lontano, il Risorgimento italiano. L’Italia è un regno unito solo da poco tempo, Cavour ha un sacco di grane con la burocrazia e gli animi si dividono tra clericali e anticlericali, tra monarchici e socialisti. E Perugina è il perfetto esempio di questo clima nazionale. È in questa città che sono ambientate le vicende che l’ispettore di Pubblica Sicurezza Giulio Verbasco si trova a dover dipanare, senza sapere che sono vicende più intricate e più sordide di quanto si possa pensare. E tutte sembrano avere un denominatore comune in una misteriosa pianta che solo in pochi conoscono: la foglia grigia. Una pianta dalle origini esotiche che si dice sia capace di ravvivare gli istinti primordiali degli uomini conferendo loro al contempo una lunga vita. Così, tra efferati omicidi, sette segrete, piccoli crimini cittadini e servizi segreti, Verbasco deve ricostruire, con i suoi modi rozzi tanto quanto è fina la sua intelligenza, una storia che ha origine nel suo stesso passato e che, a quanto pare, è destinata a influenzare il futuro, fino alla Londra vittoriana, alla resistenza francese della seconda guerra mondiale, al traffico degli schiavi dei giorni nostri. Come dire, tutto il mondo è paese.
“E poi dici di essere un ignorante”.
“Però io non ci credo, a questa cosa. Tua madre era povera, e io l’ho amata tanto”.
“Neppure lei ha avuto l’amore vero, visto che se ne è andata. Il vero amore è solo l’amore che vogliamo”.
venerdì 2 ottobre 2009
Sette psicopatici
“Sette psicopatici”, scritto da Fabien Vehlmann e disegnato da Sean Phillips, è una graphic novel dal sapore fantapolitico e storico allo stesso tempo. A Londra, nel 1942, quindi nel pieno del secondo conflitto mondiale, un colonnello dell’esercito inglese riceve una curiosa lettera in cui l’autore dichiara di conoscere un modo infallibile per vincere la guerra. Ben oltre i limiti della banalità, il suo piano prevede semplicemente... di uccidere Hitler! È chiaro che questa ipotesi era stata la prima ad essere vagliata dalle forze alleate, ma scartata perché ritenuta impossibile. Ma lo è davvero? È davvero impossibile uccidere il Fuhrer? Forse per gli altri sì, ma per sette individui, diciamo, tutt’altro che nel pieno possesso delle loro facoltà mentali, potrebbe essere una cosa fattibile. Proprio perché loro sono abituati a pensare del tutto fuori dagli schemi, potrebbero essere in grado di aggirare il sofisticato e rigidissimo sistema di sorveglianza e protezione di Hitler. Così, dopo un reclutamento ben al di là dei canoni dell’esercito e un addestramento pressoché inesistente, la squadra dei sette psicopatici viene paracadutata in Germania per compiere la sua missione. Saranno in grado sette individui squilibrati di lavorare insieme per raggiungere un fine comune? E ancora, siamo sicuri che ci sia un fine comune da raggiungere?
A spasso in una galleria di individui inquietanti, ci addentriamo in una storia che vira dal drammatico al grottesco, in cui alcuni personaggi troveranno la morte, altri seguiranno il loro destino, altri appagheranno i loro desideri, altri ancora si troveranno a incarnare un ruolo nella storia che non si sarebbero mai aspettati.
domenica 27 settembre 2009
La casa del sonno
“Io sono l’unico, in questo campo, a vedere il sonno per quello che è realmente”.
“E che cos’è?”.
“Ovvio: una malattia.” [...] “Una malattia, Terry: la malattia più diffusa in assoluto, quella che più abbrevia la vita! Ma quale cancro, quale sclerosi multipla, ma quale AIDS. Se passi otto ore al giorno dentro un letto, vuol dire che il sonno ti accorcia la vita di un terzo! È come morire a cinquant’anni: e succede a tutti.”
mercoledì 23 settembre 2009
Metti in circolo il tuo amore
Metti in circolo il tuo amore
Hai cercato di capire
e non hai capito ancora
se di capire si finisce mai.
Hai provato a far capire
con tutta la tua voce
anche solo un pezzo di quello che sei.
Con la rabbia ci si nasce
o ci si diventa
tu che sei un esperto non lo sai.
Perché quello che ti spacca
e ti fa fuori dentro
forse parte proprio da chi sei.
Metti in circolo il tuo amore
come quando dici “perché no?”
Metti in circolo il tuo amore
come quando ammetti “non lo so”
come quando dici “perché no?”
Quante vite non capisci
e quindi non sopporti
perché ti sembra non capiscan te.
Quanti generi di pesci
e di correnti forti
perché 'sto mare sia come vuoi te.
Metti in circolo il tuo amore
come fai con una novità
Metti in circolo il tuo amore
come quando dici si vedrà
come fai con una novità
E ti sei opposto all'onda
ed è li che hai capito
che più ti opponi e più ti tira giù.
E ti senti ad una festa
per cui non hai l'invito
per cui gli inviti adesso falli tu.
Metti in circolo il tuo amore
come quando dici “perché no?”
Metti in circolo il tuo amore
come quando ammetti “non lo so”
come quando dici perché no.
domenica 20 settembre 2009
Biomega
Non volendo rovinare la lettura a quanti volessero gustarsi l’opera di cui da pochi giorni si è conclusa la pubblicazione in Italia, dirò soltanto che il nucleo narrativo fondamentale è ancora una volta un possibilità di evoluzione della specie umana, possibilità voluta, ricercata e manipolata da più parti in gioco, ognuna con un proprio fine personale. Una riflessione quindi sulle potenzialità della ricerca scientifica applicata alla natura e all’umanità, con risvolti anche di carattere etico e morale, sull’opportunità di spingere il progresso scientifico all’estremo limite. Fermo restando che chi volesse solo godersi un po’ di sana azione, di combattimenti spettacolari e di inseguimenti su moto tra palazzi avveniristici, troverà tutti questi ingredienti molto ben rappresentati in “Biomega”.