Oggi è stato un giorno particolare. Oggi, alle 11.30 in punto, una settantina di persone si sono riunite in una stanza per ascoltarne altre sei che parlavano di una. La stanza è l’aula Maurizio Ascoli del Policlinico di Palermo. Le settanta persone sono professori, medici, e qualche studente (tra cui io) della facoltà di Medicina. Le sei sono i professori Elio Cardinale, Giovan Battista Rini, Giuseppe Montalto, Antonio Carroccio, Carlo Barbagallo e Maurizio Averna. L’una è Alberto Notarbartolo. Da sabato 1 novembre il professore Notarbartolo smette di essere il primario del reparto di Medicina Interna e Geriatria U.O. 26.03, il direttore del Dipartimento di Medicina clinica e delle patologie emergenti, il direttore della scuola di specializzazione in Medicina Interna I, il professore ordinario di Medicina Interna. Ma il valore di un uomo non si misura dal numero di righe che occorrono per elencarne i titoli, né dal numero di carte su cui compare il suo nome. Si misura dal valore dei suoi allievi, dalle loro capacità, e dal trasporto con il quale oggi gli hanno tributato un saluto doveroso e onorevole. Il professore Notarbartolo tra due giorni non smette certo di essere un medico, né tanto meno un maestro e un esempio per tutti coloro che hanno lavorato sempre ‘con’ lui e mai ‘per’ lui. Non starò qui a ripetere gli interventi di coloro che oggi hanno parlato e ripercorso insieme i cinquant’anni di vita nella medicina (dalla laurea nel 1958 a oggi) del professore, ma uno lo voglio sottolineare. Quelli che conoscono il professore Averna sanno che può essere definito in molti modi, ma non certo come una persona emotiva. Più volte l’ho visto parlare a congressi anche di un certo rilievo e mai in queste occasioni l’ho visto tentennare. Oggi, per ben due volte, a Maurizio Averna si è fermata la voce, la prima davanti a una vecchia foto, la seconda quando ha accennato a Laura. Per scelta non dico chi è Laura, quelli che lo sanno capiranno, basta dire che il dolore di una persona è il suo universo privato e nessuno può permettersi di violarlo. Aggiungo soltanto che quando passo in un certo corridoio sotto una certa targa con quel nome sopra, un leggero brivido mi corre lungo le braccia. Conosco il professore Notarbartolo da meno di quattro anni, eppure oggi, in quell’aula, anch’io ho provato qualcosa. Posso solo tentare di immaginare cosa ha provato chi questi ultimi cinquant’anni li ha vissuti insieme a lui, professionalmente e personalmente.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Davvero molto sentite e profonde le parole che hai scritto. Come non ricordare le sue tenere manifestazioni affettive nei confronti dei pazienti sofferenti durante il giro visite...il semplice gesto di prender loro le mani o accarezzare il volto ha avuto sicuramente un caloroso effetto rassicurante...un gesto simile a quello che un padre amorevole fà ai figli o un nonnino porge ai suoi nipoti. Il Prof.Notarbartolo, oltre ad avere i titoli professionali di cui hai già parlato, rimarrà comunque uno straordinario Maestro di Vita, una Persona che, andando oltre l'aridità che spesso il mondo lavorativo esprime, è riuscito a testimoniare la Medicina come Missione. Peccato che sia andato in pensione proprio adesso che dovrà avere i natali la nostra esperienza professionale. Che altro dire...Speriamo che il Prof. che prenderà il suo posto possa mettersi in una linea di continuità con la professionalità e l'umanità del Prof. Notarbartolo.
Che posso aggiungere? Proprio niente, hai già detto tutto tu!
Posta un commento