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“Guarda come ti amo” è una storia d’amore. Ma quasi mai una storia d’amore è solo una storia d’amore. Questa non lo è. Appoggia un piede nella storia contemporanea, precisamente in quella Spagna franchista ancora ubriaca dei desideri coloniali di metà Novecento. L’altro piede è invece saldamente fermo sulla natura. È strano come spesso questa parola venga contrapposta al concetto di umanità, come se uomo e natura fossero due rivali destinati a ignorarsi reciprocamente, nel migliore dei casi, o a lottare tra di loro, nel peggiore. In questa storia l’uomo è parte della natura, perché si parla di uomini che col mondo che li circonda devono fare i conti da secoli. Infine, tutta la storia è un intreccio tra presente e passato, il poetico viaggio di una donna tra storia, popolazioni, paesaggi e sentimenti.
La dottoressa Cambra è una donna quarantenne, con una rispettabile vita borghese in una Barcellona fiorente e una mediocre dose di felicità. Un passato accidentato ha determinato la sua difficoltà di godere appieno dei piaceri della vita, del lavoro e della famiglia. Un passato che le ritorna addosso come una schiaffo dato di sorpresa, quando meno te lo aspetti, nella forma di una foto in cui riconosce Santiago, il suo fidanzato ai tempi dell’università, il suo unico grande amore. Ma Santiago è morto sotto le armi, ne è sicura. Eppure, la data sul retro di quella foto dice il contrario. Ecco che partono i due viaggi. Uno fisico, in cui Montse Cambra lascia la Spagna e la serenità per avventurarsi nel deserto del Sahara, in una di quelle colonie in cui Santiago prestava servizio militare. E l’altro mentale, dove le immagini del passato si accostano ai momenti presenti, ricordandole gli incontri, il corteggiamento, le feste, e quel curioso sentimento che Montse non aveva mai provato prima e che non può che rispondere al nome di amore. Un amore nascosto agli occhi troppo protettivi della famiglia in cui la ragazza non è mai riuscita a trovare il suo posto, in perenne contrasto con la sorella.
La vera abilità di Luis Leante sta nel fondere insieme i fotogrammi di questi due momenti, il passato e il presente, come in un album di foto sparse a casaccio che vengono riunite da un sapiente lavoro didascalico. Il collante di tutto è il deserto con i suoi abitanti, che ne sono un elemento costitutivo piuttosto che una presenza aggiunta, né più né meno che i suoi granelli. E grazie a quelle folate di vento che sollevano nubi di sabbia fine come cipria, tutto si armonizza in un’unica, poetica, storia d’amore, dal sapore amaro nel finale, quasi a voler dimostrare che niente, neanche il ricordo di un amore, può resistere al vento del deserto.
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