Ma io rimasi a riguardar lo stuolo
e vidi cosa ch’io avrei paura,
sanza più prova, di contarla solo;
se non che coscienza m’assicura,
la buona compagnia che l’uom fiancheggia
sotto l’usbergo del sentirsi pura.
Io vidi certo, ed ancor par ch’io ‘l veggia,
un busto sanza capo andar sì come
andavan gli altri della trista greggia;
e il capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano, a guisa di lanterna;
e quel mirava noi, e dicea: “Oh me!”
Di sé faceva a se stesso lucerna,
ed eran due in uno, e uno in due:
com’esser può, quei sa che sì governa.
Quando diritto al piè del ponte fue,
levò ‘l braccio alto con tutta la testa,
per appressarne le parole sue,
che furo: “Or vedi la pena molesta
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s’alcuna è grande come questa!
E perché tu di me novella porti,
sappi ch’io son Bertram dal Bornio, quelli
che diede al re giovane i ma’ conforti.
Io feci il padre e il figlio in sé ribelli;
Achitofel non fe’ più d’Absalone
E di David co’ malvagi puntelli.
Perch’io partii così giuste persone,
pertito porto il mio cerebro, lasso!
dal suo principio, ch’è in questo troncone:
così s’osserva in me lo contrappasso.”
Inferno, canto XXVIII versi 112-142
lunedì 1 settembre 2008
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