mercoledì 28 maggio 2008
In memoria 38 - Niccolò III
se’ tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio
per lo qual non temesti torre a inganno
la bella donna, e poi di farne strazio?”
Tal mi fec’io, quai sono color che stanno,
per non intender ciò ch’è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.
Allor Virgilio disse: “Digli tosto:
‘Non son colui, non son colui che credi’.”
E io risposi come a me fu imposto.
Per che lo spirito tutti storse i piedi;
poi sospirando e con voce di pianto,
mi disse: “Dunque che a me richiedi?
Se di saper ch’io sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch’io fui vestito del gran manto;
e veramente fui figluol dell’orsa,
cupido sì per avanzar gli orsatti,
che in su l’aver, e qui me misi in borsa.
Di sotto al capo mio son gli altri tratti,
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure della pietra piatti.
Laggiù cascherò io altresì, quando
verrà colui ch’io credea che tu fossi,
allor ch’io feci il subito dimando.
Ma più è il tempo già che i piè mi cossi,
e ch’io son stato così sottosopra,
ch’ei non starà piantato coi piè rossi;
chè dopo lui verrà di più laid’opra
di ver ponente un pastor senza legge
tal che convien che lui e me ricopra.
Nuovo Giason sarà, di cui si legge
ne’ ‘Maccabei’; e come a quel fu molle
suo re, così fia colui che Francia regge.”
Inferno, canto XIX versi 52-87
Le donne dei comics - Catwoman
ladra a questo livello, è chiaro che si devono avere un’intelligenza e delle doti fisiche fuori dal comune, cose di cui Selina è ben provvista, abbinando intuito, capacità di cogliere al volo i dettagli, meticolosità e precisione, con l’agilità e la forza necessarie a compiere questo delicato mestiere. Insomma, ha tutte le caratteristiche per essere una perfetta donna gatto. Inoltre, possiede abbastanza determinazione e cinismo per ignorare ogni forma di scrupolo morale a compiere le sue azioni, tanto che, nel momento in cui qualcuno gli sbarra la strada, non esita ad eliminarlo, o almeno ci prova (nel caso di Batman).
custodia dell’Est end della città, quartiere particolarmente pericoloso e densamente popolato di criminali di tutte le taglie, dai semplici spacciatori ai più grossi capifamiglia mafiosi. In effetti, il cambiamento è rilevante, e le ragioni che spingono Selina a comportarsi così sono quanto meno controverse. È stata interamente una sua scelta quella di abbandonare il crimine e dedicarsi a proteggere i più deboli del quartiere in cui è cresciuta, o qualcuno l’ha condizionata in qualche modo? O, più semplicemente, a spingerla è un reale sentimento d’amore per Batman, di cui solo in un secondo momento scopre la vera identità? E se così fosse, bisogna credere alla genuinità del sentimento, o tutto potrebbe far parte di un piano per ricavarne qualche vantaggio? Sono parecchie le domande, e diventano ancora di più alla luce degli ultimissimi sviluppi avvenuti nei mesi recenti nella serie regolare della gattina, di cui però non farò parola.
con qualche anno più di me mi diceva tempo fa che lui preferiva di gran lunga la Catwoman cattiva alla attuale eroina. Io devo dire che, forse perché non ho potuto apprezzare le prime storie di questo personaggio, mi sono appassionato parecchio a questa nuova Catwoman. Sarà perché mi piacciono i personaggi borderline, sarà perché non mi andrebbe di vedere sempre perdente una eroina così bella, ma in un certo qual modo mi soddisfa vederla accanto a Batman nella lotta al crimine di Gotham, anche perché lo fa con i suoi metodi e mantenendo una certa indipendenza. D’altronde anche batman ha i suoi lati oscuri, e parecchi anche, quindi ce lo vedo molto bene a far coppia con Selina Kyle. Senza contare che l’aspetto estetico di entrambi ne guadagna.lunedì 26 maggio 2008
In memoria 37 - Simoniaci
piena la pietra livida di fori
d’un largo tutti, e ciascun era tondo.
[...]
Fuor della bocca a ciascun soperchiava
d’un peccator li piedi, e delle gambe
infino al grosso; e l’altro dentro stava.
Le piante erano a tutti accese entrambe;
per che sì forte guizzavan le giunte,
che spezzate averian ritorte e strambe.
Inferno, canto XIX versi 13-15 e 22-27
Indiani (a caval donado)
Indiani (a caval donado)
Io voglio solo donare un regalo agli indiani
Sentirsi innamorati nel far west
Amico Cheyenne, dove scappi?
Voglio soltanto farti un regalo.
Amico Irochese, dove fuggi?
Voglio soltanto darti un presente.
Amico Dakota, dove corri?
Voglio soltanto donarti un dono.
Amico Shoshone, dove ti rifugi?
Voglio soltanto offrirti un gadget.
Amico Appalache, dove ti cacci?
Voglio soltanto consegnarti un memorabilia.
Amico Papago, perché ti mimetizzi?
Non capisco perché.
Lascia l’ascia di guerra
e accetta l’accetta dell’amicizia.
È solo un presente per te.
Bevi un goccio da me
al bar di Brokeback Mountain.
Stringi le mie mani tu.
Amico Cherokee
... ... ...
Voglio soltanto
... ... ...
Amico Apache, facciam la pace,
ti offro un bisonte fatto alla brace.
Amico Navajo, fai su un calumet
con tanta pace e poco tabajo.
Amico Watusso, tu cosa c’entri?
“Niente, mi han detto che c’era un regalo.
Adesso ritorno dai miei amici altissimi”.
Noi siamo i cowboy che fanno i regali
ma nessuno ce li accetta.
Quando finirà questa cultura del sospetto?
Chi interromperà questa spirale di incomprensioni?
domenica 25 maggio 2008
In memoria 36 - Simoniaci
che le cose di Dio, che di bontade
deono esser spose, voi rapaci
per oro e per argento adulterate;
or convien che per voi suoni la tromba
però che nella terza bolgia state.
Inferno, canto XIX versi 1-6
sabato 24 maggio 2008
Piccolo autoritratto
1 Che ora è? 15.07
2 Nome: Filippo (Maria).
3 Compleanno: 26 marzo.
4 Segno zodiacale: Ariete.
5 Tatuaggi: ancora no, ma tra poco...
6 Piercing: no.
7 Sei innamorato/a? Mi sto facendo passare una cotta.
8 Ti piaci? Caratterialmente sì, nell'aspetto non sempre.
9 Hai già amato al punto di piangere? Sì.
10 Hai già fatto un incidente in macchina? Sì.
11 Hai mai avuto una frattura? No.
12 Vino o birra? entrambi.
13 Ti fidi dei tuoi amici? Solo di quelli che sono veri amici.
14 Colore preferito per l'intimo: scuro.
15 Numero preferito? non ne ho nessuno.
16 Musica preferita? Fabrizio de Andrè.
17 Cosa ti manca? qualcuno con cui condividere la mia vita.
18 Cosa odi? la Chiesa, gli ipocriti (molto spesso coincidono, le due cose).
19 Cosa pensi appena sveglio/a? Che in ospedale ci sono nuove sfide da affrontare con la convinzione di volerle vincere tutte e la consapevolezza che la maggior parte le perderemo.
20 Da chi hai ricevuto questo meme? Veronica.
21 Quale dei tuoi amici vive più lontano? Erika a Trieste, poi Veronica a Pineto.
22 Cosa cambieresti della tua vita? non mi sono mai posto il problema.
23 Sei felice? cerco di esserlo più che posso, ma sono convinto del valore della tristezza.
24 Proverbio preferito: "'un siempri virdi s'ammantieni un cidru, 'un siempri paru è mittutu 'u squadru, 'un siempri manzu arriniesci un puddritru, 'un siempri riri a mugghieri ru latru" (per la traduzione dal siciliano, rimando ai commenti, per chi vorrà conoscerla. Per veronica: ecco un nuovo esercizio).
25 Libro preferito: impossibile dirlo, sono centinaia.
26 Di cosa hai paura? Della solitudine.
27 Una sola parola per chi ha scritto questo meme: divertente.
28 Film preferito: anche qui sono troppi. Uno per tutti: "Il Signore degli anelli".
29 Se potessi essere qualcun altro chi saresti? Non vorrei essere nessun altro.
30 Cosa c'è appeso al muro della tua camera? Il poster di "Volver" e la bandiera della pace.
31 Cosa non cambieresti? Il mio lavoro (futuro).
32 Un posto dove ti piacerebbe andare: Canada.
33 Pensi che qualcuno farà questo meme? Sì.
34 Chi sei sicuro che lo farà? Chi avrà tempo per farlo.
35 Ottimista o pessimista? Dipende, cerco di essere ottimista, a volte sono pessimista. a volte sono un pessimista felice: tutto va molto peggio di ogni mia più rosea previsione!
36 Profumo preferito: nessuno.
37 Sport preferito: da praticare il ciclismo in fuoristrada, da guardare la pallavolo.
38 Timido/a o estroverso/a? Estroverso in generale, timido in certe occasioni.
39 Il frutto preferito: le pesche bianche acerbe.
40 Mare o montagna? Mare.
41 Hai paura della morte? No, per niente. A volte ho paura della vita.
42 A che ora vai a letto di solito? Quando mi alzo alle 5 del mattino per andare in ospedale, verso le 23. Se non ci vado, verso le 2.
43 Cane o gatto? Gatto.
44 Colore preferito: blu.
45 Il segno zodiacale che più ti piace: il mio, Ariete.
46 Il segno che ti piace meno: pesci (non so perchè).
47 La canzone preferita: tutte quelle di Fabrizio de Andrè.
48 Un oggetto a te caro: i miei libri e i miei fumetti, un certo disegno...
49 Con chi faresti un viaggio? con la mia fidanzata, se ce l'avessi.
50 Cosa vuoi dire a chi leggerà questo meme? Complimenti per la pazienza!
I miei contagiati sono:
Valentina
Sara
Salvo
venerdì 23 maggio 2008
In memoria 35 - Adulatori - Taide
Mi disse, “un poco il viso più avante,
sì che la faccia ben con gli occhi attinge
di quella sozza e scapigliata fante
che là si graffia con l’unghie merdose,
e or s’accoscia, e ora è in piede stante.
Taide è, la puttana, che rispose
al drudo suo, quando disse: ‘Ho io grazie
grandi appo te?’: ‘Anzi meravigliose!’
e quinci sien le nostre viste sazie.”
Inferno, canto XVIII versi 127-136
giovedì 22 maggio 2008
Modelli
Sono consapevole di correre il rischio di sembrare un fissato, ma che ci posso fare? Adoro questa serie. È capace di una comicità prorompente, che a volte (anzi spesso) sfiora il demenziale, ma senza mai annoiare, e poi, qualche fotogramma dopo, ecco che ti dà una lezione di vita di quelle che non si scordano mai. In questi frammenti dell’episodio “Il crollo del mio idolo”, tratto dalla quinta serie, ci sono due temi a me molto cari, che si intrecciano in un unico filone per trasmettere un messaggio molto importante per tutti, ma soprattutto per chi come me spera in un prossimo futuro di fare il medico.
Il primo tema è quello della famiglia. Per lo più siamo abituati a pensare alla famiglia come al gruppo di persone con cui abbiamo legami di sangue, che vediamo fin da quando siamo nati, con le quali abbiamo rapporti che non abbiamo con nessun altro. Ma per alcuni di noi la famiglia è il luogo dove cresciamo, dove impariamo, dove viviamo. Sono le persone che ci insegnano e ci sostengono, che ci aiutano quando siamo nei guai. Sono quelle con le quali sentiamo il desiderio di condividere i momenti belli della nostra vita. Vedendola così, io ho un’altra famiglia. Intendiamoci, sono grato ai miei genitori per quello che mi hanno dato e so che avrò sempre un debito con loro, ma, se penso a qualcuno a cui comunicare che ho vinto un concorso, o che sono fidanzato, non penso a loro, ma ad altre persone. So che può sembrare brutto dirlo, ma è così. Chi mi conosce veramente sa quello che sto dicendo. La mia famiglia è in ospedale. Io ho un papà, due mamme, due sorelle, un fratello e uno zio grande. È a loro che devo quello che sono, ed è a loro che guardo quando sogno il mio futuro migliore.
Ed ecco che arriva il secondo tema dell’episodio. Un mentore a cui guardare, una persona che per te è più di un maestro, è un eroe nella vita di tutti i giorni. Soprattutto nel nostro campo. Non perché fa tutto quello che può per i suoi pazienti, ma perché, dopo tanti anni di carriera, quando qualcosa va storto per lui è ancora un duro colpo. Sono queste le parole con cui J.D. riscuote il dottor Cox dal suo mutacismo depressivo. E non condivido l’opinione di Turk, quando dice che non gli importa di avere un buon rapporto con il suo superiore. Tutti abbiamo bisogno di un modello a cui ispirarci. A tutti servono gli eroi. E quando l’eroe ha un momento di crisi, quando è tentato di togliersi la maschera e tornare ad essere una persona comune, tocca alla sua spalla sostenerlo e riscuoterlo.
Molti di quelli che sono più grandi di noi, anagraficamente e professionalmente, spesso non si rendono conto della enorme responsabilità che hanno nei confronti di noi ‘piccoli’. Lamentarsi tutto il giorno, essere scontenti del lavoro, non vedere l’ora di andare via, scrollarsi di dosso gli insuccessi con un’alzata di spalle, sono tutte cose molto gravi nei confronti di chi ti sta a guardare. Tutti abbiamo i nostri problemi, le nostre giornate no. Ma non possiamo contaminare con la nostra frustrazione anche le persone che ci stanno vicino e che guardano a noi come a modelli. La felicità è sì un diritto, ma dovrebbe essere sentita anche come un dovere verso le persone che ci vogliono bene. Anche a me capita di avere i cosiddetti che mi girano a mille perché la ragazza che mi piace sta con un altro, ma quando sono con le persone che tengono a me, cerco di sembrare il più normale possibile. Perché so che se mettessi su il muso lungo, loro si preoccuperebbero. Lo so che significa fingere, e non sempre è facile, ma credo sia un dovere quantomeno provarci. Perché in ogni caso, la famiglia, le persone che ti vogliono bene, quando capiscono che qualcosa non va, non ti chiedono cosa o perché, ma ti portano a fare un giro in bici, o ti offrono un panino. Non c’è bisogno di fare domande, e nemmeno di avere tutte le risposte. Solo quelle che contano.
martedì 20 maggio 2008
In memoria 34 - Seduttori - Giasone
di sotto, per dar passo agli sferzati,
lo duca disse: “Attienti, e fa’ che feggia
lo viso in te di quest’altri mal nati,
a’ quali ancor non vedesti la faccia,
però che son con noi insieme andati.”
Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venia verso noi dall’altra banda,
e che la ferza similmente scaccia.
E ‘l buon maestro, senza mia dimanda,
mi disse: “Guarda quel grande che viene,
e, per dolor, non par lagrima spanda.
Quanto aspetto reale ancor ritiene!
Quelli è Giason, che per cose e per senno
li Colchi del monton privati fene.
Egli passò per l’isola di Lenno,
poi che le ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni e con parole ornate
Isifile ingannò, la giovinetta
che prima l’altre avea tutte ingannate.
Lasciolla quivi gravida soletta:
tal colpa a tal martiro a lui condanna;
ed anche di Medea si fa vendetta.
Con lui sen va chi da tal parte inganna:
e questo basti della prima valle
sapere, e di color che in sé assanna.”
Inferno, canto XVIII versi 73-99
lunedì 19 maggio 2008
Creeper
Nel 1968, il supereroe medio era un modello di perfezione, in ogni senso: nella forma fisica, nella rettitudine morale, nella logica e nell’intelligenza. I supereroi combattevano il male, proteggevano gli innocenti, erano amati e ben voluti. Eppure, proprio in quell’anno, Creeper fa la sua prima apparizione, ad opera di quello Steve Ditko che pochi anni prima aveva creato, insieme a Stan Lee, nientemeno che l’Uomo ragno. Il bello (ma a quei tempi deve essere stato visto come un difetto) era che Creeper era del tutto distante dal concetto di supereroe di quei tempi. Il supereroe era bello, buono e giusto, Creeper era brutto, non tanto buono e decisamente squilibrato. Per tutti questi motivi, la sua serie personale ebbe poca fortuna, e fu chiusa dopo soli sei numeri, relegando Creeper in quell’immenso universo di personaggi comprimari che ogni tanto facevano capolino nelle storie dei grandi eroi DC.
conoscevano (lui compreso). Al suo posto, o meglio, insieme a lui, adesso c’è Creeper, una sorta di bizzarro folletto dalla pelle gialla, che saltella dappertutto ed emette una risatina agghiacciante. Inoltre, il siero lo ha dotato di una discreta forza e della capacità di rigenerarsi, rendendolo molto resistente anche alle ferite più gravi.
Quello che è interessante fin da subito, invece, è il contesto in cui il personaggio si inserisce. Con la crisi, i grandi eroi della Terra hanno svestito i loro costumi, per prendersi un anno sabbatico, per capire chi realmente sono e quali motivazioni li spingono. E in un mondo dove non ci sono Superman, Batman e Wonder Woman, ma semplicemente Clarke, Bruce e Diana, chi affronterà i criminali, chi proteggerà gli indifesi? Chi si farà carico della loro eredità? È proprio questo l’aspetto innovativo: la dimostrazione che oltre a Superman o Batman ci sono altri eroi per le strade, e alcuni di questi hanno tutte le carte in regola per giocare al tavolo dei grandi. Una dimostrazione che Niles e Justiniano non mancano di dare, chiarendo una volta per tutte, con “Creeper”, che non ci sono eroi brutti.In memoria 33 - Malebolge
tutto di pietra e di color ferrigno,
come la cerchia che d’intorno il volge.
Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
di cui suo loco dicerò l’ordigno.
Inferno, canto XVIII versi 1-6
venerdì 16 maggio 2008
Il coperchio del mare
giovedì 15 maggio 2008
In memoria 32 - L'alto burrato
Le rote larghe e lo scender sia poco:
pensa la nuova soma che tu hai.”
Come la navicella esce di loco
in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
e poi che al tutto si sentì al giuoco,
là ‘v’era il petto, la coda rivolse;
e quella tesa, come anguilla, mosse,
e con le branche l’aere a sé raccolse.
[...]
Come ‘l falcon ch’è stato assai sull’ali,
che, sanza veder logoro o uccello,
fa dire al falconiere: “Ouè, tu cali!”
discende lasso onde si mosse snello,
per cento rote, e da lungi si pone
dal suo maestro, disdegnoso e fello;
così ne pose al fondo Gerione
a piè a piè della stagliata rocca;
e, discaricate le nostre persone,
si dileguò come da corda cocca.
Inferno, canto XVII versi 97-105 e 127-136
mercoledì 14 maggio 2008
Essere un'attrice
Ho una classifica. 3° Nicole Kidman. 2° Charlize Theron. 1° Penelope Cruz. Sono le tre attrici che in assoluto preferisco, le migliori del mondo, secondo il mio parere. Non voglio disprezzare le attrici italiane, non affibbiatemi un banale marchio di disfattista. Ma per me, meglio di queste tre non ce ne sono. Qualche giorno fa ho letto un articolo sul giornale. Un’intervista a Pedro Almodovar, con degli interventi di Penelope Cruz. Saranno state tre o quattro frasi in tutto, ma mi hanno confermato che è una grande attrice. Tanto per chiarirci, non sto parlando del suo aspetto, anche se è una delle donne più belle che io abbia mai visto. Sto parlando dell’essere attrice in tutti i sensi. Ho visto parecchi suoi film, e in tutti ho scoperto dei lati, dei modi d’essere, che non è da tutti riuscire a trasmettere. Per fare un esempio, ricordo la sua interpretazione magistrale in “Non ti muovere”. Un film scarsino, se volete un’opinione
complessiva, niente di che in confronto al romanzo della Mazzantini da cui è tratto. Ma una Penelope Cruz straordinaria. Ricordo alla perfezione il modo in cui camminava sui tacchi con le gambe storte, o in cui apparecchiava la tavola in quella cucina trasandata. Meravigliosa. E leggendo l’intervista ho capito da cosa deriva questa bravura. Magari saranno molte cose insieme, ma un motivo è certamente la pazienza. Non la pazienza nel senso di essere abbastanza calmi e tranquilli per fare qualcosa di difficile nel modo giusto. Ma la pazienza nel senso di riuscire a soffermarsi sulle cose che si fanno. Riuscire a coglierne il significato, in ogni singolo aspetto. “...abbiamo avuto tre mesi di tempo per provare, per prepararci, ed è solo così che ormai voglio lavorare, non voglio più girare un film dopo l’altro, freneticamente, senza neanche il tempo di conoscere e affezionarmi al personaggio. L’ho fatto per anni, non mi pento, mi è servito per arrivare qui, a questo punto della mia vita, a conquistarmi la possibilità di scegliere”. Non credo sia di tutti una fermezza del genere. Soprattutto, non in un mondo dove, passati i quaranta, o sei una grande attrice, o scompari sostituita dalla prima pupetta siliconata che sa solo pettinarsi e mostrare le tette. Ecco cosa vuol dire essere una grande attrice: arrivare a un punto della tua carriera in cui ti rendi conto che fare il tuo lavoro significa non solo interpretare un personaggio, ma esserlo davvero. Come è stata Italia, Suor Rosa, Raimunda. Come sarà il personaggio del nuovo film di Almodovar, “Los abrazos rotos”, di cui stanno cominciando le riprese. Non vedo l’ora di vedere Penelope che recita male. A quanto sembra, Almodovar le farà interpretare il ruolo di un’attrice alle prime armi, una star di
Hollywood, del tutto incapace di dire una battuta. Non sarà facile, per lei. Fare male qualcosa apposta è forse la cosa più difficile per un attore. Una prova di talento per Penelope che sono certo supererà alla grande.In memoria 31 - Usurai
di quel settimo cerchio, tutto solo
andai dove sedea la gente mesta.
Per gli occhi fuori scoppiava lor duolo:
di qua, di là soccorrien con le mani,
quando a’ vapori e quando al caldo suolo.
Non altrimenti fan di stare i cani,
or col ceffo or col piè, quando sono morsi
o da pulci o da mosche o da tafani.
Inferno canto XVII versi 43-51
martedì 13 maggio 2008
Il fascino del male - Lo Spaventapasseri
Probabilmente (anzi, sicuramente), ha ragione Steve Englehart quando dice che, se da lettore lo Spaventapasseri è un degno nemico di Batman, da scrittore non ci sono motivi per apprezzarlo. E in effetti, anche il lettore medio da un ‘cattivo’ dei fumetti si aspetta qualcosa di straordinario, qualcosa che lo renda originale. Invece lo Spaventapasseri (sono parole dello stesso Englehart) non fa niente. Perché?
colto ed è un brillante chimico. Un po’ poco per un vero supercriminale di Gotham city, che si fregia di elementi come il Joker, Due facce, l’Enigmista o Man-bat. Tra l’altro, neanche nelle sue origini criminali c’è granché di originale: un’infanzia difficile vissuta nel disprezzo degli altri ragazzi che lo prendevano in giro per il suo aspetto, un ritiro antisociale immerso nel suo mondo di libri, la sua ossessione per la paura, il suo debutto come criminale quando la follia lo fa cacciare dall’università dove insegna.
mettere a punto un gas in grado di scatenare il terrore in chiunque ne venga esposto. Ma anche esercitando la fantasia il più possibile, rielaborando la sua visione del mondo, le circostanze delle sue origini e il suo passato, ci vuole ben poco ad esaurire le potenzialità del personaggio. Per cui la domanda ritorna: perché? Cosa c’è di interessante in un tizio che spruzza gas terrorizzante sulle persone e poi resta lì a guardarle tremare di paura?
lunedì 12 maggio 2008
In memoria 30 - Gerione
che passa i monti, e rompe i muri e l’armi;
ecco colei che tutto il mondo appuzza!”
Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
e accennolle che venisse a proda,
vicino al fin de’ passeggiati marmi.
E quella sozza immagine di froda
sen venne, e arrivò la testa e il busto;
ma in su la riva non trasse la coda.
La faccia sua era faccia d’uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle;
e d’un serpente tutto l’altro fusto.
Due branche avea pilose infin l’ascelle;
lo dosso e il petto ed ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.
Con più color, sommesse e soprapposte
non fer mai drappo Tartari né Turchi,
né fur tai tele per Aragne imposte.
Come talvolta stanno a riva i burchi,
che parte sono in acqua e parte in terra,
e come là tra li Tedeschi lurchi
lo bivero s’assetta a far sua guerra;
così la fiera pessima si stava
su l’orlo che di pietra il sabbion serra.
Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in su la venenosa forca,
che a guisa di scorpion la punta armava.
Inferno, canto XVII versi 1-27
sabato 10 maggio 2008
91° giro d’Italia – Palermo, 10.05.2008
venerdì 9 maggio 2008
Ethlinn la dea nascosta
Il fantasy è sempre stato un genere che mi ha affascinato molto. Mia nonna è solita raccontare, con la logorrea storica tipica degli anziani, che quando ero piccolo, e capitava che avessi la febbre, visto che i miei genitori lavoravano entrambi, veniva lei a casa nostra, e la prima cosa che le chiedevo era di leggermi una versione illustrata de “Il Signore degli anelli” che io adoravo. Non mi stancavo mai di sentirla leggere, visto che ero ancora troppo piccolo per farlo io.martedì 6 maggio 2008
In memoria 29 - Contro Firenze
orgoglio e dismisura han generata,
Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni!”
Così gridai con la faccia levata;
e i tre, che ciò inteser per risposta,
guatar l’un l’altro come al ver si guata.
“Se l’altre volte sì poco ti costa,”
rispuoser tutti, “il satisfare altrui,
felice te, che sì parli a tua posta!
Però, se campi d’esti lochi bui,
e torni a riveder le belle stelle,
quando ti gioverà dicere ‘Io fui’,
fa’ che di noi alla gente favelle!”
Inferno, canto XVI versi 73-85
lunedì 5 maggio 2008
Le donne dei comics - Emma Frost
Sono consapevole di correre un grosso rischio scrivendo queste righe, cioè quello di sembrare un tredicenne segaiolo che compra L’uomo ragno sperando di vedere le tette di Mary Jane. Vi prego di credermi quando vi dico che non è affatto così.
Le cose cambiano quando, in seguito a vicende troppo lunghe da spiegare, si ritrova a possedere il corpo dell’Uomo ghiaccio, in cui trasferisce al sua psiche, mettendo a nudo il vero potenziale dell’eroe che fino ad allora era stato da tutti, lui stesso per primo, sottovalutato. Ecco una prima traccia di quella complessità cui accennavo prima. Anche se con modi brutali e dolorosi, le va riconosciuto il merito di aver reso consapevole Bobby Drake delle sue reali capacità, cosa che tutti i suoi amici e compagni, considerandolo un po’ il buffone di corte, non avevano mai saputo fare in tanti anni.
anche capace di sentimenti, per quanto in modo contorto. All’insaputa di tutti, infatti, allaccia, proprio con Ciclope, una relazione amorosa, che si svolge tutta all’interno delle loro menti, nelle quali si muove disinvolta, riuscendo per un po’ a tenerla nascosta persino a Jean Grey, moglie di lui, e a sua volta potentissima telepate e telecineta. Come sempre in questi casi, sulle note di un banale “Non è come sembra”, la tresca viene scoperta dalla moglie tradita, se non nei fatti certamente nei pensieri, che in preda al furore fa strazio della mente di Emma. Lei però resiste, forte forse di quel nuovo sentimento che sente per Scott, che le fa sopportare la messa a nudo di tutti i segreti della sua adolescenza da parte di Jean. E poco tempo dopo, alla morte (l’ennesima) di quest’ultima, Emma prende a pieno titolo il suo posto accanto a Ciclope, incurante degli sguardi indignati dei compagni in lutto per la morte dell’amica.In memoria 28 - Pietà per i dannati
gittato mi sarei tra lor di sotto,
e credo che il dottor l’avria sofferto;
ma perch’io mi sarei bruciato e cotto,
vinse paura la mia buona voglia,
che di lor abbracciar mi facea ghiotto.
Poi cominciai: “Non dispetto, ma doglia
la vostra condizion dentro mi fisse,
tanto che tardi tutta si dispoglia,
tosto che questo mio signor mi disse
parole per le quali io mi pensai
che, qual voi siete, tal gente venisse.
Di vostra terra sono, e sempre mai
l’ovra di voi e gli onorati nomi
con affezion ritrassi ed ascoltai.
Lascio lo fele, e vo per dolci pomi
promessi a me per lo verace duca;
ma fino al centro pria convien ch’io tomi.”
Inferno, canto XVI versi 46-63
Leggenda di natale
“Leggenda di natale” è la seconda canzone dell’album. Se la si ascolta una volta sola, può sembrare come una delle tante altre canzoni poetiche e malinconiche che Fabrizio ci ha regalato nei suoi lunghi anni da artista. Una melodia lenta, una voce cantilenante, un sottofondo appena accennato: tutti gli ingredienti per una bella canzone da riascoltare ogni tanto per sospirare un po’. Poi la ascolti una seconda volta. Poi una terza. Poi una quarta. È difficile fermarti. Perché, parola dopo parola, ti ripeti che non può essere. Ti stai sbagliando, non parla di quello. Una canzone così leggera e delicata non può parlare di violenza. Della peggiore violenza che l’uomo concepisca. Non è possibile. Sembra quasi una ninna nanna e invece parla di uno stupro? Anche io non ci volevo credere, quando l’ho realizzato. E mi sono sorpreso, ancora una volta, di come Fabrizio sia capace di trasmettere qualunque sensazione, qualunque messaggio, qualunque emozione, senza urlare. E tutto ciò che rimane, alla fine della canzone, è una tristezza moltiplicata migliaia di volte, che non puoi fare a meno di desiderare. La tristezza di un fiore appassito a natale.
Leggenda di natale - Fabrizio de Andrè - Tutti morimmo a stento - 1968
Parlavi alla luna, giocavi coi fiori,
avevi l’età che non porta dolori.
E il vento era un mago, la rugiada una dea
nel bosco incantato di ogni tua idea.
E venne l’inverno che uccide il colore,
e un babbo natale che parlava d’amore.
E d’oro e d’argento splendevano i doni,
ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.
Coprì le tue spalle d’argento e di lana,
di perle e smeraldi intrecciò una collana.
E mentre, incantata, lo stavi a guardare,
dai piedi ai capelli ti volle baciare.
E adesso che gli altri ti chiamano dea,
l’incanto è svanito in ogni tua idea.
Ma ancora alla luna vorresti narrare
la storia di un fiore appassito a natale.
domenica 4 maggio 2008
Prima esecuzione
Era lì, sullo scaffale, e mi guardava con la sua copertina nera con il riquadro giallino al centro, e da lontano mi sussurrava: “Comprami... Comprami...”. E io mi maledicevo, perché come al solito, se mi avessero appeso a testa in giù, dalle tasche non mi sarebbe caduto neppure un centesimo, figuriamoci quei dodici euro che mi servivano. Sono uscito dalla libreria con l’aria di chi si sente quasi in colpa per aver mancato di rispetto a una persona che stima, ma non potevo fare altrimenti. Avrebbe dovuto pazientare su quella mensola ancora per ventiquattro ore, quando sarei tornato per prendere il nuovo libro di Domenico Starnone. Di “Labilità” ho già scritto, quindi non è necessario che mi ripeta. Ero sicuro che anche con “Prima esecuzione” avrei provato le stesse sensazioni contrastanti di quella volta, e infatti si è verificato esattamente questo.In memoria 27 - L'eredità di Brunetto
più lungo esser non può, però ch’io veggio
là surger nuovo fummo del sabbione.
Gente vien, con la qual esser non deggio:
sieti raccomandato il mio ‘Tesoro’,
nel qual io vivo ancora, e più non cheggio.”
Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro
quegli che vince, non colui che perde.
Inferno, canto XV versi 115-124
venerdì 2 maggio 2008
La vita fa paura!
giovedì 1 maggio 2008
In memoria 26 - L'invettiva di Brunetto
non puoi fallire al glorioso porto,
se ben m’accorsi nella vita bella;
e s’io non fossi sì per tempo morto,
veggendo il cielo a te così benigno,
dato t’avrei all’opera conforto.
Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico
e tiene ancor del monte e del macigno,
ti si farà, per tuo ben far, nimico;
ed è ragion che tra li lazzi sorbi
si disconvien fruttare al dolce fico.
Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
gente avara, invidiosa e superba:
da’ lor costumi fa che tu ti forbi.
La tua fortuna tanto onor ti serba,
che l’una parte e l’altra avranno fame
di te; ma lungi fia dal becco l’erba.
Faccian le bestie fiesolane strame
di lor medesime e non tocchin la pianta,
s’alcuna surge ancor nel lor letame,
per cui riviva la sementa santa
di quei Roman che vi rimaser, quando
fu fatto il nido di malizia tanta.”
Inferno, canto XV versi 55-78
One Piece
I fumetti raccontano storie. E le storie hanno tante funzioni. Una è quella di intrattenere, di far passare il tempo. Poi c’è quella di divertire. Molto spesso, le storie trasmettono un messaggio. E poi, a seconda di chi è la persona che le legge, hanno il potere di far sognare. Nella mia libreria ci sono circa duemilatrecento albi a fumetti, la maggior parte dei quali compongono delle serie. Ce ne sono di tutti i tipi: americani, italiani e giapponesi; comici, romantici, avventurosi, fantascientifici e horror. Alcuni portano messaggi seri e profondi, altri sono spensierati e allegri. Tutti mi lasciano dentro qualcosa ogni volta che li leggo. Un po’ come fanno i libri. Perché tutto questo preambolo? Perché stavolta non parlerò di una storia, di una serie o di un messaggio in particolare. Voglio sfruttare questa prima ristampa di “One Piece” per ricordare qualcosa. Dirò soltanto che One Piece è la storia di un sogno, anzi di più sogni, uno per ognuno dei protagonisti. C’è chi vuole diventare il re dei pirati, chi lo spadaccino migliore del mondo, chi vuole trovare il coraggio, chi vuole disegnare la mappa del mondo, chi vuole trovare il cuore del mare dove vivono delle specie uniche di pesci, chi vuole diventare un grande medico. Sogni. Come quelli di tutti noi. Forse potrà sembrare un fumetto di poco valore, non fa altro che raccontare le peripezie di un gruppo di personaggi che vanno in giro per il mondo in cerca di avventure, affrontando nemici pittoreschi e dandosele di santa ragione dicendo battute stupide. Sfogliandolo con superficialità è così. D’altronde, non stiamo certo parlando di “Maus”, o di “Persepolis”, o di “V for Vendetta”. Nessun messaggio politico, sociale o morale emana dalle pagine disegnate da Eiichiro Oda. Però qualcosa mi colpisce quando lo sfoglio. Mi sembra di tornare a sognare. Ritrovo per qualche momento la mia infanzia, quando il mondo era un luogo da esplorare, quando le giornate trascorrevano tirando frecce contro gli alberi, o scavando buche nel terreno, o costruendo baracche di tavole. E ad un tratto, quegli alberi
erano eserciti di nemici, quelle buche erano misteriose città sotterranee, quelle baracche erano rifugi segreti in cui custodire tesori. Poi accade qualcosa, si cresce, ed è giusto farlo, è un nostro dovere. Le sfide diventano laurearsi, un’indipendenza, per alcuni la famiglia. Il mondo smette di essere quel luogo misterioso e inesplorato che si vedeva dalla finestra di casa, le mattine d’estate, quando ci si alzava per correre fuori a dare calci ad un vecchio pallone. Adesso, tutto ciò che vuoi vedere lo trovi su internet, o mal che vada, in un’agenzia di viaggi. Per questo, trovare qualcosa che ci faccia tornare a quei tempi non è una cosa da sottovalutare. Anche quelle storie grottesche e un po’ stupide, se riescono a farci di nuovo sognare, sono cose preziose.
