Non amo le bici da corsa. La mia passione è la mountain bike. Per me correre in bici, seriamente, significa scendere coperti di fango, o di polvere, fino agli occhi, scendere con i dolori alle braccia e alle spalle, non alle gambe o alla schiena. Scendere con gli ammortizzatori della forcella infuocati per gli scossoni che hanno preso in dieci, quindici o venti giri di un tracciato che parecchi trekker si spaventerebbero a percorrere.
Però il giro è il giro. Forse sarà un po’ noioso da seguire in televisione, dove non vedi altro che tizi che pedalano, senza renderti conto di quanto vanno veloce, o di quanto è ripida la salita che stanno percorrendo. Ma quando sei lì, e dieci metri da quei corridori, non puoi fare a meno di farti coinvolgere. Li vedi la mattina che percorrono la tappa, per ripassare un’ultima volta il tracciato, le curve, le traiettorie, i cambi. Poi tornano alle loro postazioni, ed è tutto un fiorire di ruote smontate, bici lavate e lustrate, meccanici intenti a usare attrezzi di precisione come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi li vedi tornare in sella, sulle bici montate sui supporti, per un riscaldamento che per noi comuni mortali è molto più impegnativo di una delle nostre uscite. Alla fine eccoli. Adrenalina alle stelle, muscoli contratti, sguardi fissi in avanti. Non c’è più niente attorno, niente alberi, niente palazzi, niente gente che grida, niente musica. I pedali sotto i piedi, la strada sotto le ruote, il tempo che inizia a scorrere. Li vedi che si lanciano, nei primi cento metri sono già più veloci di molti scooter, il cervello che ripassa i cambi di marcia e le traiettorie con l’approssimazione di centimetri. Dopo che partono i primi ti sposti in un altro punto della tappa, un’uscita di curva, quaranta metri di dritto, di nuovo curva aperta, di nuovo dritto in salita. Il gregario tira, si fa il culo lì davanti, gli altri dietro, in scia, pronti allo scatto per il cambio. Se sbuca un cane proprio in mezzo alla traiettoria in uscita di curva, magari vola qualche bestemmia dentro la mente, e si sono persi quindici secondi che faranno la differenza. Torni all’arrivo, c’è confusione, la gente picchia contro le transenne ogni volta che un gruppo passa l’ultima curva. Traguardo in salita, non c’è cosa peggiore, e neanche troppo ripida, che forse è ancora peggio. Non hanno più niente. Non c’è più sangue, non c’è più sudore, non c’è più adrenalina. Riserve di glicogeno a zero. Da adesso in poi, è solo forza di volontà. La cronometro a squadre è finita, ci sono i primi risultati, la prima maglia rosa. Domani si riparte, tappa Cefalù – Agrigento, attraverso le Madonie, le prime scalate, inizia la scanna, come diciamo dalle mie parti.
Potrei essere polemico, disfattista, dire che per la maggior parte sono drogati, se non tutti, che le corse sono condizionate dagli sponsor, che lo fanno per i soldi. Forse lo direi, in un’altra occasione. Non oggi. Oggi è iniziato il giro. Oggi è iniziato da Palermo. Oggi non ci sono droghe, sponsor, soldi. Oggi c’è lo sport. Oggi, noi c’eravamo.
2 commenti:
Ciao! Grazie del commento. Molto carino il tuo blog. Originale anche l'idea della musica. Mi ha fatto piacere che tu sia passato. :)
Grazie anche a te per essere venuta a trovarmi. Mi sa che in futuro ci vedremo... passerò dal tuo blog. A presto... ^_^
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