lunedì 5 maggio 2008

Leggenda di natale

Ieri pomeriggio parlavo con Veronica, forse la persona più cara che ho in questo momento, e ad un certo punto mi diceva che stava cercando un’idea per un post da pubblicare sul suo blog. La scelta è caduta su De Andrè, e allora le ho suggerito una canzone. Mi ha detto di non conoscerla, ma che aveva già in mente di procurarsi l’album che la contiene. Così le ho detto che avrei scritto io un post su questa canzone, per fargliela conoscere. La canzone è “Leggenda di natale”, tratta dall’album “Tutti morimmo a stento”, del 1968.
Qualche anno fa feci un regalo a una persona che credevo importante (in qualche modo lo era, e anche se adesso lo è un po’ meno, siamo in buoni rapporti), e le regalai questo album. Ricordo che nell’interno della copertina le scrissi una dedica, anzi, un piccolo commento. Diceva: “Per vedere il mondo con i loro occhi, invece che coi nostri”. Ancora adesso, tutte le volte che riascolto questo disco, mi tornano in mente quelle parole, e devo dire che ci ho proprio azzeccato. “Tutti morimmo a stento” è una carrellata di sguardi di persone ai margini della realtà, che vedono il mondo con occhi allucinati, devastati da quello che è successo loro, o da quello che è successo intorno a loro, fino al finale, in cui Fabrizio ci ricorda che morire non è un male, il vero male è morire a stento.

“Leggenda di natale” è la seconda canzone dell’album. Se la si ascolta una volta sola, può sembrare come una delle tante altre canzoni poetiche e malinconiche che Fabrizio ci ha regalato nei suoi lunghi anni da artista. Una melodia lenta, una voce cantilenante, un sottofondo appena accennato: tutti gli ingredienti per una bella canzone da riascoltare ogni tanto per sospirare un po’. Poi la ascolti una seconda volta. Poi una terza. Poi una quarta. È difficile fermarti. Perché, parola dopo parola, ti ripeti che non può essere. Ti stai sbagliando, non parla di quello. Una canzone così leggera e delicata non può parlare di violenza. Della peggiore violenza che l’uomo concepisca. Non è possibile. Sembra quasi una ninna nanna e invece parla di uno stupro? Anche io non ci volevo credere, quando l’ho realizzato. E mi sono sorpreso, ancora una volta, di come Fabrizio sia capace di trasmettere qualunque sensazione, qualunque messaggio, qualunque emozione, senza urlare. E tutto ciò che rimane, alla fine della canzone, è una tristezza moltiplicata migliaia di volte, che non puoi fare a meno di desiderare. La tristezza di un fiore appassito a natale.


Leggenda di natale - Fabrizio de Andrè - Tutti morimmo a stento - 1968

Parlavi alla luna, giocavi coi fiori,
avevi l’età che non porta dolori.
E il vento era un mago, la rugiada una dea
nel bosco incantato di ogni tua idea.
Nel bosco incantato di ogni tua idea.

E venne l’inverno che uccide il colore,
e un babbo natale che parlava d’amore.
E d’oro e d’argento splendevano i doni,
ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.
Ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.

Coprì le tue spalle d’argento e di lana,
di perle e smeraldi intrecciò una collana.
E mentre, incantata, lo stavi a guardare,
dai piedi ai capelli ti volle baciare.
Dai piedi ai capelli ti volle baciare.

E adesso che gli altri ti chiamano dea,
l’incanto è svanito in ogni tua idea.
Ma ancora alla luna vorresti narrare
la storia di un fiore appassito a natale.
La storia di un fiore appassito a natale.

3 commenti:

veronica ha detto...

E' difficile trovare i motivi che rendono la voce e le parole e la musica di de André qualcosa di eccezionale. La canzone è superba. E d'altronde fino ad ora non ho ancora trovato una sua opera che non mi piaccia.

veronica ha detto...

Ah dimenticavo...Veronica è onorata. E da qualche tempo a questa parte anche lei ha trovato un buon amico che la aiuta nei momenti difficili...

Adryss ha detto...

E' bello fare un po' di strada insieme, anche se siamo distanti... è una cosa che fa sentire meno soli. Grazie.