Anche stavolta sono alle prese con uno dei geni del male di Gotham city, uno degli avversari storici di Batman, che da più di sessant’anni ha ispirato, e ancora oggi continua a ispirare, sceneggiatori e disegnatori a cimentarsi con le sue gesta. Per Due facce potrebbe valere un discorso per certi versi opposto a quello che ho fatto per il Joker. Due facce non ha nulla di misterioso, non ha nulla di imprevedibile, e anche se nel corso degli anni nelle sue storie è emerso un qualche elemento innovativo, non ha certo quella duttilità che va riconosciuta al pagliaccio del crimine.
Le sue origini sono chiarissime, e note a tutti. Harvey Dent (in principio era Kent, ma il nome fu cambiato per non fare confusione con il più nobile Superman) è il procuratore distrettuale di Gotham, uno dei più brillanti e combattivi che la città abbia conosciuto. Nel bel mezzo di un’udienza, un boss della malavita gli rovescia addosso una boccetta di acido. Batman, presente nell’aula, tenta di deviare il getto, ma questo colpisce Harvey sulla metà sinistra del volto, deturpandolo irrimediabilmente. Questo trauma fa emergere dalla sua psiche una seconda personalità, contorta e malvagia, che si dedicherà da allora al crimine e all’annientamento di Batman, che ritiene responsabile delle sue condizioni.
Fa così il suo ingresso nel mondo della letteratura disegnata un protagonista storico di quella scritta, il binomio Jekyll/Hyde di Robert Luis Stevenson. Due facce non è affatto una banalizzazione del complesso personaggio del romanziere inglese, anzi è forse arricchito di elementi nuovi, che però non lasciano spazio alle sorprese, ma sono, per così dire, perfettamente comprensibili. Se ad esempio stupisce e sconcerta che il più grande rammarico del Joker sia stato non aver ucciso di persona Stephanie Brown nei panni del nuovo Robin, non stupisce il fatto che alla base delle turbe psichiche di Harvey Dent ci sia una storia di violenze inflittegli dal padre alcolizzato, che in preda alla furia lo riempiva di botte, per poi tornare a scusarsi nei rari momenti di lucidità. Né tanto meno stupisce che la sua ossessione per la giustizia, scaturita per reazione alla sua infanzia, lo portasse spesso a pensare, quando era procuratore, che potesse essere giusto in certe occasioni passare dalle vie legali alle vie di fatto. Sotto questo aspetto, Due facce può essere considerato tutto quello che Batman è riuscito a non essere. Mentre Harvey Dent reagisce alla violenza subita ammettendo l’uso dell’omicidio come strumento di giustizia, Bruce Wayne è riuscito, anche se spesso a stento, a non superare quella pericolosa linea di confine.
Come dicevo, in questi aspetti del criminale non c’è gran che di imprevedibile. L’aspetto sicuramente più interessante è quello della moneta. Due facce ha sempre con sé un dollaro d’argento con due teste, una buona e l’altra sfregiata, in cui si identifica. Ogni volta che deve prendere una decisione, lancia la moneta: testa buona agisce seguendo un certo principio morale, testa cattiva si dedica al male fine a se stesso. Questo non vuol dire che se esce il lato buono non commetterà un crimine, ma solo che ne devolverà il ricavato in beneficenza, o che sarà commesso di giorno invece che di notte, o che si consegnerà subito dopo alla polizia. Come succede per esempio alla festa di pensionamento del commissario Gordon, in cui prende in ostaggio una donna, poi va dal vecchio Jim e lancia la moneta: se uscirà la testa buona ne tesserà le lodi ricordando i tempi in cui lavoravano insieme per la giustizia, se esce la testa cattiva lo ucciderà, per far sì che il suo sia un addio definitivo. Esce testa buona. E Harvey Dent, con estrema naturalezza, come se davvero quella parte malvagia venisse messa a tacere, consegna l’arma che ha in mano, si avvicina al microfono e riserva all’amico Jim parole lusinghiere, ma soprattutto pronunciate con estrema sincerità.
Ma il lato malvagio non è solo un parassita di Harvey, o un essere parallelo. Molto spesso è una risorsa, in desiderio. Al punto che in più occasioni, quando gli serve quel suo lato oscuro, la sua determinazione, la sua violenza, arriva a sfregiarsi la faccia da se stesso, incurante degli sforzi che aveva fatto per guarire le sue ferite fisiche e mentali. Perché gli servono la freddezza e la forza. Gli serve il male. E sa benissimo che l’unica cosa che potrà fare dopo è aspettare che Batman lo trovi e venga a prenderlo, per riportarlo ad Arkham, insieme agli altri folli.
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